Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4285 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/02/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 20/02/2020), n.4285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21160-2018 proposto da:

BACCUS DI R. A. e B. M. SNC, in persona dei legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO VALLE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’1-AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE

MATANO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ESTER ADA

VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 281/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 22/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Firenze, con la sentenza n. 281/2018, su appello dell’Inps ed in parziale riforma della sentenza impugnata respingeva l’opposizione proposta da Baccus di R. A. e B. C. s.n.c. quanto alle posizioni di L.J. e M.D., per le quali erano quindi dovuti i contributi e le somme richieste dall’Inps. A fondamento della pronuncia la Corte riteneva che, in relazione ai lavoratori L. e M., risultassero nettamente prevalenti i caratteri propri del rapporto di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c., in quanto le mansioni da essi concretamente espletate, anche quanto a soggezione al controllo datoriale, non erano dissimili da quelle tipiche del dipendente di birreria addetto al servizio dei clienti. E ciò sulla scorta delle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva, dei contenuti della scrittura privata e delle modalità esecutive del rapporto, elementi che portavano ad escludere le caratteristiche dell’associazione in partecipazione. Inoltre la Corte aggiungeva che la vicenda risalisse al marzo/dicembre 2013 quando operava ancora la L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 30, e pertanto ratione temporis le prestazioni di L. e M. ricadevano anche sotto la presunzione legale stabilita dalla norma sopra richiamata per la modestia delle mansioni esplicate, limitate a quelle del servizio alla clientela del “pub” (oltre che per la violazione in materia di valida pattuizione del compenso ragguagliato agli utili e alle perdite e alla periodica rendicontazione reale di effettiva; oltre che per gli ulteriori indici di subordinazione sopra riscontrati).

Ha proposto ricorso per cassazione Baccus di R. A. e B. C. snc, deducendo due motivi di censura ai quali ha resistito l’INPS con controricorso.

E’ stata comunicata la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.- Con il primo motivo di ricorso è stato dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento all’art. 116 c.p.c., per non avere la Corte d’appello tenuto conto dei fatti emersi dalle prove orali assunte nell’istruttoria di primo grado; ed avendo posto a fondamento della decisione unicamente le dichiarazioni rese agli ispettori.

1.1. Il motivo deve essere ritenuto inammissibile in quanto si limita, in realtà, a richiedere una diversa valutazione dei fatti già esaminati dal giudice di merito e non è dedotto in conformità alla nuova previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis, alla cui stregua è richiesta la denuncia dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio discusso tra le parti (Sez. Un. 7 aprile 2014, nn. 8053, 8054; Cass. n. 9097/2017, n. 24555/2016, Cass. n. 27197/2011). E’ noto del resto che, in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, rientra nei poteri del giudice di merito la selezione delle prove idonee a fungere da premessa della decisione; mentre non è ammissibile, quale motivo di ricorso in sede di legittimità, la critica o la contestazione della valutazione delle risultanze istruttorie operata dal giudice di merito, basate sull’assunto della correttezza dell’apprezzamento, dell’interpretazione e della stessa selezione di tali risultanze siccome prospettata dalla parte, siffatte deduzioni implicando un sindacato nel merito della causa non consentito nel giudizio di cassazione.

Deve essere inoltre rilevato che secondo l’orientamento costante di questa Corte di cassazione anche il verbale ispettivo e le dichiarazioni ivi trasfuse, in quanto raccolte in sede ispettiva, possono fungere da premessa, pure esaustiva, della decisione presa, anche a preferenza di contrarie risultanze probatorie raccolte in istruttoria; e senza che ciò implichi di per sè il conferimento di un valore di prova legale all’atto amministrativo.

2. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta l’erronea applicazione degli artt. 2549,2554 e 2094 c.c., ed art. 2697 c.c., nonchè della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 26 e 30, per avere la Corte affermato che nel rapporto tra la società ricorrente e gli associati in partecipazione M.D. e L.J. sussistessero gli elementi propri della subordinazione.

Il motivo è infondato avendo la Corte di merito accertato tanto la mancanza dei caratteri della associazione in partecipazione, tanto la concreta presenza di quelli del contratto di lavoro subordinato in conformità ai parametri normativi di riferimento ed alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 25158/2015). La Corte d’appello ha infatti rilevato che il contratto di associazione in partecipazione fosse rimasto in concreto inattuato avendo i due lavoratori svolto attività in turni regolari come baristi, assoggettati alle direttive ed al controllo datoriali, senza aver mai preso visione della contabilità e dei rendiconti, percependo acconti fissi, senza partecipare alle perdite e senza aver mai ricevuto alcun conguaglio finale, avendo pure trattenuto le somme ricevute in base ad un accordo finale e transattivo.

La stessa Corte, ad abundantiam, ha pure affermato, in base alle caratteristiche del rapporto ed alla modestia dei compiti svolti, ed in conformità alle stesse previsioni di legge, che nella fattispecie fosse operativa, ratione temporis, la presunzione di subordinazione stabilita dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 26 e 30, quando l’associato si limiti, come nel caso di specie, ad apportare solo il lavoro, senza effettiva partecipazione agli utili o affare, senza consegna del rendiconto (comma 30). Oppure quando l’apporto non sia connotato da elevate competenza teoriche acquisite attraverso percorsi formativi significativi ovvero da capacità tecniche pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze (comma 26). Le censure sollevate in proposito col ricorso possono essere disattese dovendosi ritenersi assorbite dal momento che in realtà la Corte d’appello ha accertato la positiva esistenza dei rapporti di lavoro subordinato senza decidere la causa in base alla presunzione stabilite dalle regole citate.

4.- La sentenza si sottrae pertanto del tutto alle censure sollevate col ricorso il quale deve essere quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello se dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive 2200, di cui Euro 2000 per compensi professionali, oltre al 15 di spese generali ed oneri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello se dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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