Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4280 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/02/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 20/02/2020), n.4280

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14994-2018 proposto da:

A.G., C.M., CA.SE.,

D.F.A., D.C.M., D.N.V.,

G.G., I.L., L.O., R.F., RU.GI.,

S.B., T.P., TO.LU., V.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SAVOIA, 80, presso lo studio

dell’avvocato ELETTRA BIANCHI, rappresentati e difesi dall’avvocato

MARISA PAGLIONE;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA CARCAVALLO, SERGIO

PREDEN, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 258/2017 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 14/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

CONSIDERATO

CHE:

la Corte d’appello di Campobasso, con la sentenza n. 258/2017, accogliendo l’appello dell’Inps, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava improponibili – per difetto di domanda amministrativa – i ricorsi proposti dagli appellati in materia di riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva per esposizione ultradecennale ad amianto L. n. 257 del 1992, ex art. 13.

A fondamento della sentenza la Corte, premesso che con la sentenza emessa in data 16 giugno 2016 il tribunale di Isernia aveva accolto le domande degli appellati sopraindicati e dichiarato improponibile la domanda del solo Cu., affermava che l’appello proposto dall’Inps fosse da ritenere fondato quanto alla preliminare ed assorbente questione dell’improponibilità della domanda giudiziaria dovendo riconoscersi la carenza della domanda amministrativa poichè quella presentata con la lettera pervenuta all’INPS in data 12/10/2012 a firma del loro legale, avv.to Ruggero Mantovano, che aveva agito su loro incarico e mandato, mancava della delega in calce pur menzionata nel testo (“che li rappresenta e difende giusta delega in calce al presente atto”).

Contro la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione A.G. più altri 14 litisconsorti con due motivi illustrati da memoria, ai quali ha resistito l’Inps con controricorso.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

RILEVATO

CHE:

1.- Col primo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione della L. 11 agosto 1973, n. 533, artt. 7 e 8, e degli artt. 13241392 c.c., (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte territoriale ritenuto improponibile la domanda giudiziaria, non considerando valida l’istanza amministrativa avanzata dal legale dei richiedenti all’Inps per l’erogazione del beneficio previdenziale collegato all’esposizione qualificata all’amianto, per carenza del mandato scritto; ben potendo ravvisarsi l’esistenza di un mandato verbale al difensore alla presentazione della domanda all’Inps dalla nomina dello stesso quale difensore con procura in calce al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

2.- Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 134 c.p.c., n. 4, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte territoriale dichiarato improponibile il ricorso con una motivazione che non rende percepibile il fondamento della decisione.

3.- Il primo motivo di ricorso, avente carattere assorbente, è fondato sulla scorta della ricostruzione sistematica desumibile dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità in materia di forma della procura, operata sulla base del combinato disposto di cui agli artt. 1392-1324 c.c..

Risulta invero affermato da questa Corte che il principio stabilito dall’art. 1392 c.c., secondo cui la procura deve risultare nelle stesse forme del contratto che deve concludere il rappresentante, estensibile agli atti unilaterali in forza dell’art. 1324 c.c., operi soltanto per gli atti aventi natura negoziale. Mentre lo stesso principio non si applica agli atti giuridici in senso stretto. Sicchè in tali casi, quand’anche l’atto del rappresentante deve essere effettuato per iscritto, lo stesso requisito di forma non vale per la relativa procura.

4.- Si tratta di un orientamento che affonda le proprie radici nel generale principio di libertà delle forme (richiamato in materia ad es. da Cass. n. 21805/2016 e da Cass. 9046/2007) e che ha ricevuto vaste applicazioni giurisprudenziali, ad es. a proposito della costituzione in mora e dell’interruzione della prescrizione.

4.1. In relazione a questi istituti, è stato pure più volte affermato da questa Corte che la procura può risultare anche soltanto da un comportamento univoco e concludente idoneo a rappresentare che l’atto sia compiuto per un altro soggetto nella cui sfera giuridica è destinato a produrre effetti (Cassazione n. 7097 del 2012, n. 900 del 2005, n. 17157 del 2002). Pertanto se anche l’atto di costituzione in mora richiede la forma scritta, com’è appunto richiesto in base all’art. 1219 c.c., per la costituzione in mora, tuttavia analoga formalità non è prevista per il conferimento della relativa procura non operando in tali ipotesi il richiamo fatto dall’art. 1324 c.c., alla disciplina propria dei contratti per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale; sicchè l’esistenza di un potere rappresentativo a detti fini può essere provato con ogni mezzo di prova e, quindi, anche mediante presunzioni (sentenza n. 4347 del 23/02/2009).

5.- Lo stesso principio della non necessità della procura per iscritto è stato quindi affermato in materia di richiesta di pagamento (Cass. sentenza n. 7097/2012); ed anche in caso di richiesta di risarcimento del danno, quand’anche diretta nei confronti dell’assicuratore del danneggiante (Cass. n. 1444/2000).

6.- Si è quindi formato in materia un orientamento consolidato che investe il più generale tema dell’adempimento della prestazione, in quanto atto necessitato del debitore e per il quale non rilevano le intenzioni negoziali di chi è chiamato ad adempiere, ma nemmeno a ricevere la prestazione: come questa Corte ha avuto modo di precisare per la fattispecie prevista dall’art. 1392 c.c., riguardante il pagamento nei confronti del rappresentante. Anche in questo caso si è infatti affermato il principio secondo cui: “l’art. 1392 c.c., sulla forma della procura si applica agli atti unilaterali negoziali ex art. 1324 c.c., ma non agli atti in senso stretto, come la ricezione della prestazione, sicchè la rappresentanza a ricevere l’adempimento ex art. 1188 c.c., comma 1, può risultare da una condotta concludente, dimostrabile con ogni mezzo, incluse le presunzioni” (sentenza n. 20345 del 09/10/2015)

7.- La tesi dell’inapplicabilità di oneri formali alla procura relativa agli atti in senso stretto risulta pure confermata, a contrario, dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte le quali, con la insuperata pronuncia n. 2179 del 2.3.1987 in materia di impugnazione del licenziamento, hanno formulato il diverso principio (ovvero della necessità che la procura risulti per iscritto ad substantiam, salvo ratifica successiva da comunicare al datore entro i termini di impugnazione), ma desumendolo, per l’appunto, dalla natura negoziale di tale specifico atto di impugnazione stragiudiziale.

8.- Da quanto fin qui rilevato discende pure, sotto il versante probatorio (ex artt. 2721 c.c., e ss.), che, a parte i casi in cui la procura debba essere formulata per iscritto ai sensi dell’art. 1392 c.c., l’esistenza di un potere rappresentativo possa essere provato sempre e con ogni mezzo di prova, e quindi anche mediante presunzioni (art. 2729 c.c.).

9.- La Corte di Cassazione ha avuto modo di occuparsi di tale questione anche relativamente alla materia previdenziale; e con la sentenza n. 9046 del 16/04/2007 ha affermato che “il conferimento della procura alle liti ad un legale per il recupero del credito in via giudiziaria relativo ad interessi e rivalutazione su ratei pensionistici” potesse essere utilizzato “come argomento di prova per dedurne che lo stesso difensore avesse ricevuto il mandato per ottenere in via stragiudiziale il pagamento del medesimo credito”. Anche in questa pronuncia è stato ribadito quindi il generale principio secondo cui l’atto di costituzione in mora – idoneo ai fini dell’interruzione della prescrizione – richiede la forma scritta, e tuttavia analoga formalità non è imposta per il conferimento della relativa procura, non operando in tale ipotesi il richiamo fatto dall’art. 1324 c.c., alla disciplina propria dei contratti per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale. Pertanto, l’esistenza di un potere rappresentativo a detti fini può essere provato con ogni mezzo di prova e, quindi, anche mediante presunzioni.

10.- Venendo ora al caso in esame, deve essere riconosciuto, alla stregua del combinato disposto di cui artt. 1324-1392 c.c., che la necessità della forma scritta prevista per la domanda amministrativa da presentare all’Inps ai fini della prestazione pensionistica (e necessaria per poter proporre poi il giudizio nei confronti dell’Istituto) – non si estende alla procura, la quale può risultare anche da comportamenti concludenti.

11.- La domanda amministrativa all’INPS per ottenere una prestazione previdenziale non può essere considerato infatti un negozio giuridico, trattandosi invece di un atto in senso stretto; dal momento che la legge predetermina tutti gli effetti che ne derivano in quanto diretto a promuovere un procedimento disciplinato dalla stessa legge e di cui la domanda è mero presupposto.

12.- Nemmeno rileva poi la volontà degli effetti che la domanda amministrativa è diretta a provocare in quanto gli stessi atti emessi dall’INPS a seguito della domanda producono gli effetti stabiliti obiettivamente dalla normativa, a prescindere dall’intenzione di produrli; e senza che possa contare una pretesa volontà negoziale, la quale contrasterebbe pure con il carattere non libero dei compiti dell’Inps, il quale non esercita in questo ambito poteri o scelte a contenuto negoziale.

13.- Deve essere pertanto concluso che la domanda di prestazione all’INPS è “atto giuridico” di cui la legge predetermina gli effetti ed al quale non si applica la forma scritta della procura; essendo quindi sufficiente che il mandatario sia investito di un potere di rappresentanza dimostrabile con ogni mezzo di prova, comprese le presunzioni. L’esistenza di un mandato verbale al difensore, alla presentazione della domanda all’Inps, ben può essere pertanto ravvisato dalla nomina dello stesso quale difensore delle parti conferenti con procura in calce al ricorso introduttivo del relativo giudizio di primo grado, come riconosciuto della sopra richiamata giurisprudenza; la quale ha affermato che il predetto principio possa valere non solo quando lo stesso difensore venga poi nominato come difensore in giudizio (sentenza n. 2965/2017), ma anche quando i due difensori non coincidono (sentenza n. 1444/2000) nel senso che uno opera in via stragiudiziale e l’altro nella fase processuale.

14.- L’impugnata sentenza che non si è attenuta al superiore principio deve essere quindi cassata in relazione al primo motivo, mentre resta assorbito il secondo. La sentenza deve essere quindi cassata e rinviata per un nuovo esame al giudice indicato in dispositivo, che procederà pure alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Non sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello se dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli anche per le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello se dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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