Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4280 del 18/02/2021
Cassazione civile sez. VI, 18/02/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 18/02/2021), n.4280
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE XXX
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10913-2020 proposto da:
I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 68,
presso lo studio dell’avvocato LUCA ZANACCHI, rappresentato e difeso
dall’avvocato FEDERICA MONTANARI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– resistente –
avverso il decreto n. R.G. 5710/2018 del TRIBUNALE di BOLOGNA,
depositato il 28/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 15/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. TERRUSI
FRANCESCO.
Fatto
RILEVATO
che:
I.A., proveniente dal Bangladesh, ricorre per cassazione contro il decreto del tribunale di Bologna che gli ha negato la protezione internazionale;
il Ministero dell’Interno ha depositato un semplice atto di costituzione per l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;
il ricorrente ha depositato una memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che:
I. – col primo motivo, denunziando la violazione o falsa applicazione di distinte norme (art. 10 Cost., del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 14 e 17, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, artt. 5 e 19 t.u. imm., art. 33 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati), il ricorrente si duole della valutazione offerta dal tribunale a proposito della non credibilità dei fatti narrati, essendo il Bangladesh caratterizzato da corruzione endemica e da frequenti arbitri delle forze dell’ordine, con forme di trattamento disumane e degradanti;
col secondo motivo, denunziando la violazione o falsa applicazione degli artt. 5 e 19 t.u. imm., art. 33 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, il ricorrente si duole della negazione della protezione umanitaria in correlazione con l’avvenuto transito in Libia, paese nel quale sono violati i più elementari diritti umani;
col terzo motivo infine egli censura la decisione in punto di protezione umanitaria anche per l’omesso esame dei presupposti della domanda (oltre che per la violazione degli artt. 2 e 35 Cost.);
II. – in ordine al primo mezzo è risolutivo che il tribunale, premesso che il racconto del richiedente era stato incentrato su un conflitto privatistico con altri abitanti del proprio villaggio per il possesso di un terreno, ha considerato nel complesso inattendibili le sue dichiarazioni in ordine al presupposto timore di subire ritorsioni in patria; ciò ha fatto tenendo in considerazione non solo la genericità e la scarsa logicità delle dichiarazioni rese, ma anche il riscontrato contrasto tra queste e i documenti prodotti;
si tratta di una valutazione in fatto, istituzionalmente rimessa al giudice del merito, della quale il ricorrente surrettiziamente tenta di ribaltare l’esito;
giova anche dire che il tribunale ha considerato e motivatamente escluso pure l’esistenza della condizione implicata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e a tal riguardo il primo motivo non evidenzia specifiche censure;
III. – il secondo motivo è generico, a fronte della motivata affermazione del tribunale per cui non erano state dal ricorrente dedotte specifiche conseguenze psicofisiche derivanti dalla permanenza in Libia, tali da assumere rilevanza sul piano del giudizio di vulnerabilità personale ai fini della protezione umanitaria;
IV. – il terzo motivo è inammissibile per eguale ragione: esso è generico a fronte della puntuale affermazione del tribunale per cui, anche tenuto conto dell’inattendibilità delle dichiarazioni rese, nessuna condizione seria e grave di vulnerabilità era stata concretamente ravvisata nel racconto posto a base della domanda;
V. – quanto esposto conduce all’inammissibilità del ricorso;
VI. – l’atto di costituzione dell’avvocatura dello Stato non costituisce controricorso, per cui non devesi provvedere sulle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021