Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 428 del 13/01/2021

Cassazione civile sez. II, 13/01/2021, (ud. 23/07/2020, dep. 13/01/2021), n.428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23939-2019 proposto da:

N.C.M., rappresentato e difeso dall’Avvocato Luigi

Natale, con studio in Avellino via Salvatore Pescatori, 60;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Napoli, depositata il 02/07/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

-il presente giudizio trae origine dal ricorso proposto dal sig. N.C.M., cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento di diniego reso dalla Commissione territoriale competente per il riconoscimento della protezione internazionale di Caserta;

– il ricorrente ha impugnato il predetto rigetto avanti al Tribunale di Napoli domandando il riconoscimento della protezione internazionale ovvero, in subordine, la sussistenza delle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per seri motivi umanitari;

– a sostegno delle domande aveva dichiarato di essere nato a (OMISSIS) e di aver lasciato il proprio paese in cerca di migliori condizioni di vita; riferiva di avere frequentato a (OMISSIS), nella regione di (OMISSIS), una scuola coranica dalla quale era scappato per i maltrattamenti subiti e che era andato a vivere a casa di suo compagno di scuola, dove era rimasto per diversi anni; rimasto orfano del padre e trasferitasi la madre in (OMISSIS), dopo aver ricevuto dalla famiglia che l’aveva ospitato il danaro necessario, nel 2005 decise di lasciare il (OMISSIS), raggiungendo il Mali, poi il Burkina Faso, il Niger, dove aveva vissuto per sette anni, e, infine, la Libia dalla quale, due anni dopo, si imbarcava per l’Italia;

– il tribunale, con il decreto qui impugnato, rigettava sia la domanda di protezione internazionale che quella umanitaria;

– la cassazione del decreto è chiesta dal N.C.M. con ricorso affidato a due motivi;

– l’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e art. 14, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la motivazione apparente e perplessa;

– assume, in particolare, il ricorrente che il tribunale avrebbe errato nel ritenere insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria e non avrebbe deciso correttamente le questioni giuridiche sottese poichè non avrebbe acquisito le necessarie informazioni sulla situazione socio-politica del (OMISSIS) e sulla regione di provenienza del ricorrente;

– il motivo è infondato;

– questa Corte ha chiarito che (cfr. Cass. 27336/2018. Id. 3016/2019 la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio;

– da quanto appena detto ne discende che il dovere di cooperazione gravante sull’autorità giudiziaria va parametrato ai fatti costitutivi allegati dal richiedente asilo;

– nel caso di specie, il giudice del merito ha applicato il principio di diritto soprarichiamato e, dopo aver opportunamente consultato e citato le fonti informative riguardanti le condizioni socio-politiche del (OMISSIS), ha escluso sul piano oggettivo l’esistenza di peculiari condizioni di instabilità, quali quelle rilevanti ai fini della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) riguardanti la zona di (OMISSIS), dalla quale egli proviene, così come ha al contempo accertato che il richiedente non appartiene a categorie di soggetti interessati da violazioni dei diritti umani (cfr. pag. 6 e 7 del decreto);

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3;

– secondo il ricorrente, il tribunale napoletano non avrebbe indicato in maniera esaustiva le ragioni del rigetto della protezione umanitaria e avrebbe errato nel ritenere insussistenti i presupposti per il riconoscimento dei presupposti per il rilascio di questo tipo di permesso di soggiorno;

– il motivo è infondato;

– il tribunale ha dato atto che non emergono dalle allegazioni del richiedente, nè dalle condizioni del paese di origine, elementi che consentano di individuare nei confronti di lui la sussistenza di una speciale e grave vulnerabilità cui sarebbe esposto in caso di rimpatrio forzato;

– in particolare, non risulta confermato, sulla scorta delle fonti informative consultate dal tribunale, il rischio in (OMISSIS) di particolare urgenza a fronte della diffusione massiva di malattie quali la malaria, la dengue, il tifo, il colera, la chikunguya, avendo accertato che si tratta di patologie diffuse in via endemica in tutta l’Africa centrale, a fronte delle quali risultano adottate misure sanitarie per controllarle e debellarle (cfr. pagg. 9 e 10 del decreto);

– poichè nel ricorso sono riproposte le circostanze allegate avanti al tribunale senza alcuna specifica indicazione rispetto alle condizioni di particolare vulnerabilità, nemmeno con riguardo alla “buona integrazione sociale in Italia” (cfr. pag. 17 del ricorso), la conclusione cui è giunto il tribunale napoletano nel caso di specie appare legittimamente formulata;

– l’esito sfavorevole di entrambi i motivi, comporta il rigetto del ricorso;

– nulla va disposto sulle spese di lite atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato Ministero;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

 

 

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