Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4279 del 04/03/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 4279 Anno 2016
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 5420-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso L’AREA
LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE,
rappresentata e difesa dagli avvocati ROSSANA
2015

CLAVELLI, DORA DE ROSE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

4612

contro
SERENI RAFFAELLO C.F. SRNRFL44H20G602T;
– intimato –

Data pubblicazione: 04/03/2016

Nonché da:
SERENI RAFFAELLO C.F. SRNREL44H20G602T, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA TUSCOLANA 1312, presso lo
studio degli avvocati CATIA TAMAGNINI, CINZIA
TAMAGNINI che lo rappresentano e difendono, giusta

– controricorrente e ricorrente incidentale contro
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso L’AREA
LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE,
rappresentata e difesa dagli avvocati ROSSANA
(1.0
4, di-ejtCcottz
CLAVELLI, DORA DE ROSE, giusta delegat

controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 8841/2011 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 20/02/2012 R.G.N. 3647/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/12/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato FILIPPETTO MARCO per delega verbale
CLAVELLI ROSSANA e DE ROSE DORA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI ) che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi.

delega in atti;

Udienza del 1.12.2015, causa n. 10
R.G. n. 5420/2013

Il Tribunale di Roma con sentenza del 16.4.2008 dichiarava la legittimità del provvedimento
disciplinare di sospensione dal servizio e dalla retribuzione per giorni quattro del 15.4. 2002 del
dipendente delle Poste Sereni Raffaele e rigettava le domanda proposte dalle Poste e dal Sereni
di risarcimento del danno. La Corte di appello con sentenza del 20.2.2012 accoglieva in parte gli
appelli delle parti e dichiarava l’illegittimità della sanzione disciplinare irrogata al Sereni e
condannava quest’ultimo al risarcimento del danno in favore delle Poste liquidato in euro
8.470,00 oltre interessi legali. La Corte territoriale osservava che era stata contestata al Sereni,
quadro presso un Ufficio postale, di avere seguito un’operazione di versamento di lire
25.000.000, ma di non avere apposto il denaro immediatamente nel cassetto, ma invece di
essersi attivato per fornire degli stampati ad altro cliente, per cui tornato alla postazione di
lavoro il cliente non era più in sala e una parte del versamento ( L. 16.400.000) era scomparsa
dal piano di appoggio del bancone: per tale condotta era stata applicata la sanzione della
sospensione dal servizio e dalla retribuzione per 4 gg. Per la Corte di appello la contestazione
era tardiva in quanto proposta dopo 7 mesi dal fatto e pertanto l’ ingiustificabile ritardo
comportava l’illegittimità della sanzione. Circa, invece, la riproposta domanda di risarcimento
del danno da parte delle Poste la stessa appariva fondata in quanto il comportamento tenuto dal
lavoratore violava i doveri essenziali di diligenza, posto che la somma era stata lasciata
incustodita per giunta da parte di un lavoratore con qualifica di quadro e quindi ben consapevole
delle cautele e degli obblighi inerenti alla riscossione di una somma. Ininfluente era la
circostanza dell’assenza di una linea gialla di cortesia e l’assenza del cassetto di sicurezza nella
postazione occupata, visto che comunque il Sereni non avrebbe mai dovuta lasciare la somma
incustodita. Pertanto sussistevano i presupposti per il chiesto risarcimento in favore delle Poste.
Infondata era la domanda risarcitoria del Sereni (in relazione all’indagine ispettiva) in quanto
era diritto del datore di lavoro accertare eventuali illeciti disciplinari e no era emerso che
l’ispezione fosse stata condotta in modo indebito.
Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso le Poste con un motivo; resiste
controparte con controricorso che ha proposto ricorso incidentale affidato a due motivi cui
resiste Poste con controricorso.

Motivi della decisione
Con il motivo proposto le Poste lamentano l’erronea motivazione circa un fatto
decisivo della controversia in ordine al rispetto del principio di immediatezza della
contestazione. La Corte di appello aveva omesso di considerare che sui fatti si era
svolto un accertamento ispettivo che era stato comunicato il 15.2.2002 alla Filiale di
Roma Est ( che ne aveva preso conoscenza il 18.2.2002) per l’avvio del procedimento

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il motivo appare fondato e pertanto va accolto. E’ principio ormai consolidato nella
giurisprudenza di questa Corte che il criterio di immediatezza vada inteso in senso
relativo, tenuto conto anche dei tempi occorrenti per accertare la condotta del
lavoratore e dell’eventuale complessità della struttura aziendale ( Cass. n. 6903/1994;
Cass. n. 4790/2000; Cass. n. 6348/2000; Cass. n. 9253/2001 e moltissime altre). Nel
caso in esame la struttura organizzativa è certamente complessa e contempla anche un
Servizio ispettivo diverso dall’organo cui è deputato a promuovere, sulla base delle
indicazioni del primo, il procedimento disciplinare. Pertanto applicandosi
l’orientamento di cui sopra la contestazione non appare certamente tardiva in quanto
intervenuta pochi giorni dopo che l’organo titolare del potere disciplinare ha avuto
conoscenza degli investimenti ispettivi. L’affissione del codice disciplinare- dato e non
concesso che essa fosse necessaria con riferimento all’illecito in discorso, consistente in
un comportamento mascoscopicamente negligente- è stata incensurabilmente accertata
dalla Corte di appello ( vedi la sentenza impugnata, pag. 2).
Con il primo motivo del ricorso incidentale si allega la violazione e falsa applicazione
dell’art. 2104 c.c., dell’art. 2086 e del d. Igs n. 626/94, nonché l’omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La
postazione ove operava il Sereni era priva di quanto necessario al lavoratore per operare
in sicurezza. La somma non era rimasta incustodita ed accessibile al pubblico perché si
trovava dietro ad un vetro blindato all’interno dell’Ufficio.
Il motivo appare infondato in quanto è stata contestata (ed accertata) da parte del
ricorrente in via incidentale la violazione dei più elementari doveri di diligenza posto
che, pur avendo ricevuto una somma di una certa consistenza per l’incasso, si era
occupato di altre richieste di clienti lasciando la detta somma incustodita. Appare
evidente che questa grave omissione (che concerne quella minima diligenza che deve
tenere una persona che custodisce una ingente somma di denaro) abbia poco a che fare
con l’eventuale carenza nell’organizzazione del sistema di sicurezza della postazione,
visto che se il Sereni non si fosse allontanato senza sorvegliare la somma, questa (in
parte) non sarebbe certamente sparita. La motivazione appare congrua e logicamente
coerente; le censure, oltre che di merito, appaiono non pertinenti.
Con il secondo motivo si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio
che è stato oggetto di discussione tra le parti; nonché la violazione e falsa applicazione
degli artt. 2087 c.c. e 2059 c.c. La postazione era priva di elementari sistemi di
sicurezza; il Sereni aveva chiesto un risarcimento del danno per tali violazioni.
Il motivo appare inammissibile per difetto di autosufficienza. La Corte di appello ha
ricordato che il Sereni aveva richiesto in appello anche il risarcimento del danno ”
2

disciplinare; il 1.3.2002 vi era stata la contestazione disciplinare. Pertanto il principio di
immediatezza era stato rispettato con riferimento al momento in cui l’organo deputato a
promuovere il procedimento disciplinare era venuto a conoscenza della ricostruzione
ispettiva dei fatti.

Pertanto, riuniti i ricorsi, va accolto il ricorso principale, rigettato l’incidentale; va
conseguentemente cassata la sentenza impugnata con rinvio ,anche in ordine alle spese,
alla Corte di appello di Roma in diversa composizione. La Corte ai sensi dell’art. 13
comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per
il versamento, da parte del ricorrente in via incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma
1-bis, dello stesso articolo 13.

P.Q.M.
La Corte:
riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, rigettato l’incidentale, cassa la sentenza
impugnata con rinvio anche in ordine alle spese, alla Corte di appello di Roma in
diversa composizione. La Corte ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente in via incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo
13.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 1.12.2015

cagionatogli dalla indagine ispettiva e dall’attribuzione di un fatto criminoso” e ha
ritenuto che era diritto del datore di lavoro verificare il comportamento del lavoratore e
che non vi era alcuna prova che l’ispezione avesse travalicato i limiti di una corretta
acquisizione degli elementi relativi ai fatti per cui è processo. Parte ricorrente in via
incidentale allega che il risarcimento richiesto invece riguardava altri profili, in
particolare il danno alla salute per avere operato in una postazione non dotata di idonei
sistemi di sicurezza ma non riproduce o ricostruisce esattamente i termini con cui aveva
posto la questione in appello sicché il motivo è generico e non rispettoso di quanto
previsto all’art. 366 n. 6 c.p.c.

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