Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4274 del 23/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/02/2010, (ud. 02/12/2009, dep. 23/02/2010), n.4274

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20408-2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

C.G.;

– intimato –

sul ricorso 20423-2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

DISSETANTI DI CACCIAPUOTI FRANCESCO & C. SAS,

C.

F., CA.GI., C.G., P.

P.;

– intimati –

sul ricorso 20466-2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

CA.GI., P.P.;

– intimati –

avverso il n. di r.g. 20408/05 la sentenza n. 137/2003 della COMM.

TRIB. REG. di NAPOLI, depositata il 29/12/2003, avverso il n. di r.g.

20423/05 la sentenza n. 117/2003 depositata il 13/10/2003, avverso il

n. di r.g. 20466/05 la sentenza n. 118/2003 depositata il 13/10/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il n. di r.g. 20408/05 ricorrente l’Avvocato URBANI NERI,

che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il n. di r.g. 20423/05 ricorrente l’Avvocato URBANI NERI,

che ha chiesto il nuovo ruolo per rinotifica agli eredi essendo

deceduto C.F.;

udito per il n. di r.g. 20466/05 ricorrente l’Avvocato URBANI NERI,

che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il nuovo ruolo per integrazione

del contraddittorio, in subordine accoglimento dei ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con tre distinti ricorsi alla commissione tributaria provinciale di Caserta Ca.Gi. e P.P., C. G. e F., e la società “Dissetanti s.a.s. di Cacciapuoti Francesco e C.”, proponevano opposizione avverso altrettanti avvisi di accertamento di maggiore imposta per l’anno 1994 rispettivamente per Irpef ed accessori per i primi quattro, ed Ilor per la quinta, che l’agenzia delle entrate aveva fatto notificare per i corrispondenti redditi da produzione e partecipazione, a seguito di rettifica di quello sociale.

I contribuenti deducevano che gli atti impositivi erano carenti dei presupposti, e di conseguenza chiedevano l’annullamento di quegli avvisi.

Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio eccepiva l’infondatezza dei ricorsi introduttivi, e perciò ne chiedeva il rigetto.

Quella commissione, in accoglimento dei ricorsi, annullava gli avvisi di accertamento con sentenze nn. 363; 364 e 367 del 2001.

Avverso le relative decisioni l’agenzia delle entrate proponeva appello, cui gli appellati resistevano, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Campania, la quale, con separate sentenze nn. 117, 118 e 13 7 del 7.7.2 003, ha rigettato le impugnazioni, osservando che nessun incremento di reddito era dato configurare nei riguardi della società Dissetanti sas, e conseguentemente nessun altro più elevato da partecipazione si era determinato riguardo ai soci.

Contro queste pronunce il Ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate hanno proposto tre separati ricorsi per cassazione, indicando due motivi in quello avente in n. 20408/05, tre in quello col n. 4 del ruolo, avente il n. 20466/05 R.G. ed uno nell’altro col n. 22 del ruolo, avente il n. 20423/05 R.G. Ca.Gi., G. e F., P.P. e la società “Dissetanti s.a.s. di Cacciapuoti Francesco e C.” non hanno svolto alcuna difesa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi aventi i numeri 20423/05 e 20466/05 al presente, ai sensi dell’art. 274 c.p.c. trattandosi di procedimenti connessi, inerenti il medesimo rapporto tributario relativo all’anno 1994, e in “parte qua” gli stessi soggetti.

Ciò premesso, va rilevato che il Ministero non era stato parte nei giudizi di secondo grado, e perciò non poteva impugnale le sentenze del giudice di appello; pertanto i ricorsi proposti dallo stesso sono inammissibili per difetto di legittimazione.

Invero in tema di contenzioso tributario, una volta che l’appello avverso la sentenza della commissione provinciale era stato proposto soltanto dall’ufficio periferico dell’Agenzia delle entrate, succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle finanze nel corso del giudizio di primo grado, e il contribuente aveva accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, il rapporto nel processo si svolgeva soltanto nei confronti dell’agenzia delle entrate, che ha personalità giuridica ai sensi del D.Lgs. n. 330 del 1999, e che era divenuta operativa dal 1.1.2001 a norma del D.M. 28 dicembre 2000, senza che il dante causa Ministero delle finanze fosse stato evocato in giudizio, l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale allora era solamente l’agenzia delle entrate (V. pure Cass. Sentenze n. 18394 del 2004, n. 19072 del 2003).

l)Ciò premesso, col primo motivo relativo alla sentenza n. 137 la ricorrente agenzia delle entrate deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 2 e art. 36, comma 2, n. 4 con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la commissione tributaria regionale non ha considerato che l’appellante aveva dedotto doglianze di merito avverso la sentenza di prime cure circa la legittimità dell’operato dell’ufficio, che si era avvalso della verifica della polizia tributaria e dei conti correnti dei soci per varie operazioni, che puntualmente si riferivano alla società partecipata, donde la legittimità del metodo induttivo per l’inattendibilità di tutta la contabilità di essa.

Nè la CTR poteva apoditticamente rimettersi alla sentenza relativa alla Dissetanti sas per inferire “tout court” che, annullato l’accertamento inerente ad essa, conseguentemente nessun maggiore reddito poteva configurarsi per i soci.

Per le altre sentenze sostanzialmente la ricorrente denunzia che la commissione tributaria regionale non ha considerato che l’appellante aveva dedotto doglianze di merito avverso le decisioni di prime cure circa la legittimità dell’operato dell’ufficio, che si era avvalso della verifica della polizia tributaria e dei conti correnti dei soci per varie operazioni, senza che la dedotta, e non provata, mancanza di autorizzazione da parte del comandante di zona della G.d.F. potesse inficiare l’utilizzabilità dei dati acquisiti; conti e operazioni che puntualmente si riferivano alla società partecipata.

Quindi la legittimità del metodo induttivo per l’inattendibilità di tutta la contabilità della compagine sociale non poteva essere messa in discussione.

Il motivo è fondato.

Invero, come risulta dall’appello, che, trattandosi di violazione di norme processuali questo Collegio può esaminare, il giudice di seconda istanza con la sentenza nn. 113 e 115 ha omesso di delibare le varie questioni che gli erano state prospettate, e che attenevano alla legittimità del metodo induttivo seguito dall’ufficio per l’inattendibilità della contabilità, senza che la decisione della controversia concernente la Dissetanti sas, peraltro nemmeno definitiva, non solo potesse avere alcun riflesso nel diverso procedimento in esame, ma soprattutto potesse essere ritenuta conferente ai fini della decisione di un’altra differente controversia, sicchè si configura nella specie soprattutto il vizio di omessa motivazione. Inoltre, posto che tutta la contabilità era da ritenere non attendibile, il metodo induttivo seguito dall’ufficio non poteva non considerarsi legittimo, con la conseguenza allora che l’onere della prova, secondo cui i presupposti dell’accertamento fossero carenti, si spostava proprio sugli appellati, i quali però non l’avevano assolto. Infatti, come è noto, con riguardo all’accertamento in rettifica del reddito complessivo dichiarato dal contribuente, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 pur stabilendo che le rettifiche vanno compiute distintamente (salvo il caso di accertamento così detto sintetico e globale) per le singole categorie di reddito che compongono quello complessivo, espressamente prevede la possibilità dell’ufficio di basarsi su presunzioni, il che da propriamente luogo ad un accertamento con metodo induttivo, non diverso da quello disciplinato dall’art. 39, relativamente a redditi di impresa o lavoro autonomo o professionale, ancorchè con più articolate previsioni, che si correlano alla maggiore o minore gravità delle omissioni del contribuente (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 4834 del 03/05/1991).

Inoltre va rilevato che con riguardo all’accertamento dei redditi di partecipazione, ovviamente per tutti i soci, la sua determinazione era una diretta conseguenza di quanto accertato in capo alla società Dissetanti (V. pure Cass. Sentenza n. 19606 del 13/09/2006).

Su questo specifico punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo adeguato e giuridicamente corretto.

2) Col secondo motivo, che si riferisce ai tre ricorsi, e col terzo addotto a sostegno di quello avente il n. 20466/05, i quali possono esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, oltre che vizio di motivazione, giacche il giudice di secondo grado non ha considerato che comunque, come per la società, anche per i soci i rilievi formulati circa la decisione di primo grado erano fondati, atteso che i maggiori ricavi si basavano sulla verifica della Guardia di finanza e sulle operazioni bancarie dei medesimi per attività della Dissetanti sas, sicchè anche la sanzione era giustificata per infedele dichiarazione, che si configura nella mancata vigilanza della contabilità sociale.

Le censure rimangono assorbite dall’accoglimento del primo motivo testè esaminato, anche se non appare superfluo osservare, a quest’ultimo riguardo, relativamente alla sanzione, che in genere il reddito di partecipazione agli utili da parte del socio di società di persone, ai fini dell’IRPEF costituisce reddito proprio del contribuente, al quale è imputato sulla base di presunzione di effettiva percezione, e non della società (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5). Pertanto egli, ove non dichiari, per la parte di sua spettanza, il reddito societario, nella misura risultante dalla rettifica operata dall’Amministrazione finanziaria a carico della società ai fini dell’I.L.O.R., è tenuto, oltre al pagamento del supplemento d’imposta, alla pena pecuniaria per infedele dichiarazione, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 46 tenendo anche conto dell’applicabilità di questa sulla base della semplice volontarietà del comportamento sanzionato, indipendentemente dalla presenza di dolo o colpa (V. pure Cass. Sent.

n. 2699 del 2002, Sezioni Unite: n. 125 del 1993).

Ne deriva che i ricorsi dell’agenzia vanno accolti, con la conseguente cassazione delle sentenze impugnate, con rinvio alla commissione tributaria regionale della Campania, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto.

Quanto alle spese di questa fase, non si fa luogo ad alcuna statuizione per quelle relative al rapporto tra il Ministero e gli intimati, essendo irripetibili per la mancata costituzione dei medesimi, mentre le altre saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

PQM

LA CORTE Riuniti i ricorsi nn. 20423/05 e 20466/05 al presente, dichiara inammissibili quelli del Ministero dell’economia e delle finanze;

accoglie gli altri dell’agenzia; cassa le sentenze impugnate, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Campania, altra sezione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2010

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