Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4274 del 20/02/2013
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4274 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO
SENTENZA
sui ricorso 6558-2012 proposto da:
MARESCHI
ITALICO
MRSTLC42R05H816Q,
elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA TEULADA 52, presso lo studio
dell’avvocato SCARPA ANGELO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PAGNUTTI MARIO;
– ricorrente nonchè contro
2013
13
MINISTRO DELLA GIUSTIZIA – MINISTERO DELLA GIUSTIZIA,
PROCURATORE REPUBBLICA TRIBUNALE UDINE , ARCHIVIO
NOTARILE UDINE,
CONSIGLIO NOTARILE UDINE,
PROCURATORE
GENERALE REPUBBLICA CORTE D’APPELLO VENEZIA,
Data pubblicazione: 20/02/2013
AMMINISTRAZIONE AUTONOMA ARCHIVI NOTARILI;
– intimati –
avverso la sentenza n. 127/2011 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 20/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
ANTONIO PROTO;
udito
l’Avvocato
PAGUNTI Mario,
difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale DOTT. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
consiglio del 08/01/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Italico Mareschi, notaio
in S.
Daniele del Friuli,
proponeva reclamo alla Corte di appello di Venezia
avverso il provvedimento della COREDI per il Trentino
Alto Adige, Friuli e Veneto con il quale gli era
1.000,00 per avere autenticato le sottoscrizioni in
calce ad un atto di rinuncia pura e semplice
all’eredità ex art. 519 c.p.e. anz i ché redigere l’atto
in forma pubblica e, quindi, in violazione dell’art.
519 c.c. e dell’art. 28 legge notarile, sanzionato
dall’art. 133 comma 2 della stessa legge.
La Corte di appello di Venezia, con sentenza depositata
il 20/12/2011 (e che in ricorso si afferma notificata
il 20/1/2012) riteneva la responsabilità disciplinare
del notaio osservando:
che sulla necessita dell’atto pubblico per la
rinuncia all’eredità
si era già pronunciata questa
Corte con sentenza 11/1/2011 n. 444;
che era infondato il motivo di reclamo secondo
quale non potrebbe ravvisarsi nullità per inosservanza
della forma solenne in mancanza di espressa normativa
al riguardo;
la Corte territoriale rilevava che,
invece, il divieto era violato perché
il notaio aveva
irrogata la sanzione disciplinare pecuniaria di euro
ricevuto un atto nullo, tale dovendosi ritenere la
rinuncia all’eredità priva del requisito della forma
solenne espressamente prescritto dall’art. 519 0.0. non
potendosi neppure affermare una incertezza
interpretativa in merito alla necessità dell’atto
che il reclamo incidenlale del P.M. diretto ad
escludere le attenuanti generiche riconosciute da
COREDI, pur essendo arrnissibile, doveva essere
rigettato.
Avverso questa sentenza Mareschi Italico ha proposto
ricorso per cassazione affidato a cinque motivi
(numerati fino al 6 perché dopo il motivo numero tre il
motivo successivo è numerato con il numero cinque
invece che con il numero quattro.
Non hanno svolto attività difensiva gli intimati
Ministero della Giustizia, Amministrazione Autonoma
Archivi Notarili, Archivio notarile di Udine, Consiglio
notarile di Udine Procuratore Generale presso la Corte
di appello di Venezia e Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Udine.
Motivi della decisione
4
pubblico;
l. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta
la violazione e falsa applicazione dell’art. 519 c.c.
con riferimento all’art. 360n. 3 c.p.c.
Assume il ricorrente che quando il codice civile impone
l’atto pubblico come forma esclusiva, introduce una
con l’atto pubblico essendo considerata redatta in
forma solenne anche la scrittura privata autenticata.
1.1 11 motivo è manifestamente infondato.
Questa Corte ha già enunciato il principio di diritto,
secondo il quale, nel sistema delineato dagli artt. 519
e 525 cod. civ. in tema di rinunzia all’eredità, la
quale determina la perdita del diritto all’eredità ove
ne sopraggiunga l’acquisto da parte degli altri
chiamati, l’atto di rinunzia deve essere rivestito di
forma solenne con una dichiarazione resa davanti al
notaio o al cancelliere e la successiva iscrizione nei
registro delle successioni (Cass. 12/10/2011 n. 21014,
Cass. 29/3/2003 n. 4846).
In coerenza con questo orientamento, si è espressamente
escluso che la rinuncia all’eredita possa essere fatta
mediante scrittura privata autenticata; in tal senso
questa Corte (v. Cass. 11/1/2011 n.441) si è già
espressa
affermando
(in motivazione):
5
“del
tutto
previsione espressa e che la torma solenne non coincide
Infondata risulta la tesi in
diritto
del ricorrente,
secondo cui la rinuncia all’eredità può anche essere
fatta con scrittura
privala
autenticata, sia perché
contraria alla disciplina di cui agli art.L. 519 e 525
c.c., come statuito da questa Corte (tra
n. 4846/2003), sia perché atto di notevole
Incidenza in tema
in
altre,
particolare,
di
successione ereditaria, riguardo,
ai chiamati
all’eredità e
al
creditori”.
Il
ricorrente contesta questa interpretazione con
argomenti per nulla decisivi:
– il verbo “ricevere” che compare nell’art. 519 c.c.
può essere riferirsi anche alla dichiarazione scritta
che viene autenticata,
– la non coincidenza tra torma solenne e atto pubblico,
il principio della libertà di torma,
–
la pretesa equipollenza probaIoria tra scrittura
autenticata e arto pubblico e una equivalenza delle due
forme anche sul piano sostanziale,
– il fatto che l’accettazione dell’eredità può essere
fatta anche con scrittura privata autenticata,
– il fatto che per altri atti di eguale importanza non
è richiesto l’atto pubblico.
6
Cd35.
Te
Occorre al riguardo osservare che gli atti notarili
devono essere stipulati nella forma dell’atto pubblico,
come si desume dallo stesso art. 1 della legge notarile
I net:ari sono ufficiali pubblici
istituiti per ricevere gli
volontà, attribuire
atti ira vivi e di
ultima
loro pubblica fede, conservarne il
deposito, rilasciarne
certificati e gli
estratti; solo in casi particolari e su richiesta delle
parti, viene utilizza la forma della scrittura privata
autenticata.
L’atto pubblico è definito dall’art. 2699 c.c. come
documento redatto,
notaio o
da
con
richiesto formalità,
le
altro pubblico ufficiale
“Il
da
un
autorizzato
ad
attribuirgli pubblica _fede ne i luogo dove l’atto
formato”;
la caratteristica di atto pubblico attiene ad
ogni suo elemento od aspetto, mentre la scrittura
autenticata, come risulta dalla disciplina degli artt.
2702 e 2703 c.c. e una scrittura tra privati con la
caratteristica peculiare che il pubblico ufficiale ne
attesta e certifica la paternità delle sottoscrizioni
nonché la data di sottoscrizione senza peraltro
attestare che la dichiarazione è stata da lui raccolta,
attestando semplicemente che la firma sulla
dichiarazione è autentica; la fede privilegiata, in
7
così formulato:
questo caso, copre escliisivamenfe l’autenticità
della
firma nonché la provenienza della stessa da determinati
ed individuati soggetti, nonché Ja data delle
sottoscrizioni, senza poter in alcun modo inerire al
contenuto delle dichiarazioni.
diversi dall’efficacia probatoria, la differenza tra
atto pubblico e scrittura privata si à attenuata.
Infatti,
l’art.
12 comma I lett.
della 1.
n.
246/2005, riformulando l’art. 28 legge notarile, ha
fatto divieto al notaio, non solo di ricevere, ma anche
di autenticare atti espressamente proibiti dalla Legge
o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine
pubblico e cosi ha esteso il controllo di legalità del
notaio
anche
sulle
scritture
private
che
egli
autentica.
L’art. 72 comma 3 della legge notarile nella nuova
formulazione ha vietato al notaio di rilasciare alle
parti in originale quelle scritture privare autenticate
idonee a essere riportate nei registri immobiliari
nel registro delle imprese.
Tuttavia non può affermarsi che nel nostro ordinamento
la scrittura Privata e l’atto pubblico siano stati
assimilati a tutti gli effetti e il principio di
8
E’ senz’altro corretto affermare che, sotto profili
libertà di forma non è applicabile quando, come nella
specie, è espressamente prevista la forma dell’alto
notarile pubblico.
Quanto all’espressione letteraie dell’art. 519 c.c. si
deve osservare che ciò che notaio chiamato a
sottoscrizione, ma è una dichiarazione; in altri
termini, il notaio deve attestare non già che la firma
è autentica (in conformità alla definizione contenuta
dell’art. 2702 c.c., ma che il soggetto comparso
davanti a lui ha reso una dichiarazione e di tale
evidente differenza è traccia nella stessa legge
notarile: l’art. 28 (/I nqtaro
autenticare atti_),
non puà ricevere o
appunto, distingue l’attività del
ricevere l’atto dalla diversa aliività di autenticarlo.
In conclusione non sussistono ragioni per discostarsi
dai principi affermati nei richiamati precedenti e il
motivo deve essere rigettato.
2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente
lamenta la “violazione e false applicazione degli artt.
1418 e 1325 quanto
alla
dichiarazione di rinunzia
ritenuta nullità della
311 ‘eredità
non fatta per
atto pubblico con riferimento all’art. 360 n. 3
c.p.c. – .
9
ricevere non è un documento del Quale egli autentica la
Il ricorrente sostiene:
che la nullità sussiste,
29.:.
sensi dell’art.
1325
c.c., solo quando Je torma iisulta prescritta dalla
legge sotto pena di nullità, mentre nessuna
disposizione prevede che lo rinuncia all’eredità debba
– che mentre l’art. 520 c.c. espressamente sancisce la
nullità bel La rinuncia fatta sotto condizione o a
termine, sulla si prevede per la rinunzia fatta con
forma diversa dell’atto pubblico; inoltre 1′ art. 525
c.c. nulla dispone guanto alla forma della revoca della
rinuncia.
2.1 il motivo è manifestamente infondato in quanto
l’art. 519 c.c. stabilisce che la rinuncia all’eredità
deve essere fatta con le formalità ivi previste (che,
come detto, non possono ossere sostituite da una
scrittura privata autenticata) e l’art. 1350 c.c.
stabilisce che devono farsi
A
cena di nullità per atto
pubblico o per scrittura privata quelli ivi elencati,
tra i quali “gli
legge”;
atti specialmente i ndicati
dalla
nella fattispecie, come detto, per la rinuncia
all’eredità è specificamente indicato dall’art. 519
c.c. l’atto pubblico, né fondamento normativo e
neppure logico l’interpretazione dell’art. 1350 n. 13
IO
farsi per atto pubblico sotto pena di nullità;
0.0. proposta dal ricorrente, secondo la quale nella
formula “gli altri
atti specialmente _indicati dalla
legge” dovrebbe ravvisarsi non un rinvio a tutti gli
atti per i quali è prevista una determivata torma, ma
solo un rinvio agli atti per i quali la forma
prevista a pena di nullità;
implicherebbe la necessità di una doppia
previsione di nullità: a quella prevista dall’art. 1350
c.c. dovrebbe aggiungersi una nullità che dovrebbe
essere ribadita tutte le volte in cui il legislatore
prevede una forma vincolata, conclusione che
costituisce
l’esatto contraro di quanto
si
era
proposto il legislatore, stabilendo ai primo comma la
nullità per tutti gli atti per i quali non è rispettato
il requisito di forma previsto nei numeri da 1 a 13.
3. Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente
lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt.
1418 e 1325 in relazione all’art. 28 della legge
notarile con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
Il
ricorrente sostiene che l’ it.
notarile
vieta
“espressamente
fattispecie,
al
notaio
vietati
secondo
di
dalla
il
28 della legge
ricevere
legge”,
ricorrente,
ma
manca
alti
nella
Il
presupposto dell’espresso divieto in quanto la nullità
all’evidenza,
tale interpretazione,
sarebbe riconducibile non ad una norma specifica, ma ad
una interpretazione giurispradenziale costituita da un
unico precedente, per giunta successivo all’atto per il
quale è stata applicata la sanzione disciplinare.
3.1 Il motivo è manifestamente infondato perché l’atto
quella evidenza testuale cui la norma rinvia, ma era
affetto da una nullità forma.e che riouardava, appunto,
la forma dell’atto prescritta dalla legge (art. 519
c.c.) a pena
di
nullità (art. 1350 n. 13 c.c.), come,
del resto, riconosciuto ancne in dottrina da che ha
affermato che la rinunzia è “un atto
negoziale formale
ad substantlam actus”.
In giurisprudenza già con Caos. n. 3500/1975 si era
riconosciuta la nullità della rinunzia senza
l’osservanza delle forme dell’art. 519 c.c. seppure con
salvezza dell’atto nei rapporti tra i coeredi che
avessero posto in essere comportamenti dai quali
desumersi con certezza la rinuncia.
4. Con il quarto motivo di ricorso (indicato, tuttavia
con il numero 5), il ricorrente lamenta la
– violazione
e falsa applicazione dell’art. 28 della legge notarile
con riferimento all’art.. 360 .o.”
che,
secondo la dottrina
12
e sostiene
che non menziona)
la
non era affetto da una nullità virtuale, ossia priva di
■L.91,v.;
previsione dell’art. 23 n.
I della legge notarile
sanzionerebbe esclusivamente le nullità per illiceità
della causa ai sensi dell’art.. 1.343 c.c. e non anche le
nullità formali.
Il
motivo
l’affermazione
ivi
è
manifestamente
contenuta
infondato
contrasta
e
con
consolidato orientamento giurisprudenziaie per il quale
la prescrizione dell’art. 28, secondo la quale ” /l
notar°
non
può
ricevere
o
autenticare
atti:
se essi sono espressamente proibiti dalla legge, o
manifestamente contrari al buon costume o all’ordine
pubblico – ,
si riferisce non solo agli atti vietati
singolarmente e specificamente dalla legge, ma altresi’
a tutti gli altri atti comunque contrari a disposizioni
cogenti della legge stessa, ossia non aderenti alla
normativa legale, di ordine formale o sostanziale, per
essi prevista a pena di inesistenza, nullita’ (non solo
dal primo comma dell’art. 1418 c.c., ma anche dai commi
successivi) o annullabilità (Cass. 21 aprile 1983 n.
2745, Cass. 11/11/1997 n. 1112$, Cass. 1/2/2001 n.
1394).
La giurisprudenza richiamata e che qui si condivide è
coerente con gli stessi fondamenfl della responsabilità
disciplinare del notaio che deriva dall’avere tradito,
113
4.1
per negligenza, imperizia o imprudenza l’aspettativa
del cittadino di ottenere dal notaio un atto che non
sia nullo o che presti / fianco a facili impugnazioni;
in questo senso deve essere interpretato, quindi,
l’art. 28 che, come in dottrina si è efficacemente
resuonsabilita disciplinare del notaio.
5. Con il quinto motivo di ricorso (indicato, tuttavia
con il numero , il ricorrente lamenta la “violazione
e falsa applicazione dell’art. 158 della legge notarli -t:
in
relazione all’art. 333 c.p.c. in relazione alla
ritenuta ammissibilità dei reclamo bcidentaie del P.M.
con riferimento all’art. 360 n io.p.g.”
e sostiene
che la Corte di Appello non avrebbe dovuto rigettare
l’appello incidentale del P.M. ma dichiararlo
inammissibile perché l’appello incidentale del P. M. non
previsto da alcuna norma e per il principio di
tassatività dei mezzi di impugna/ione penale,
applicabile al giudizio disciplinare, non sarebbero
ammissibili le impugnazioni non espressamente ureviste;
in ogni caso avrebbe dovuto riconoscerlo ammissibile
solo limitatamente ai capi investiti dall’appello
principale e comunque il Procuratore Generale avrebbe
rinunciate all’appello incidentale del P.M. essendo
14
osservato, non regola la nullità degli atti, ma la
intervenuto
chiedendo
solo
la
conferma
del
provvedimento reclamato.
5.1
Il motivo
inammissible
in
quanto
sulla
statuizione del giudice di appello relativa al reclamo
incidentale del P.M. l’odierno ricorrente non è stato
reclamo è stato rigettato; pertanto non può impugnare
la decisione, mancando l’interesse all’impugnazione e
non potendo, dall’impugnazione (manifestazione del
generale principio dell’interesse ad agire), derivare
alcun vantaggio al ricorrente.
Il motivo é altresì manifestamente infondato: come
questa Corte a S.U. ha già rilevato, “é priva di ogni
supporto normativo la tesi del ricorrente, secondo cui
la proposizione
di
reclami incidentali tardivi, nei
procedimenti cil3clpiinari a cúrioc dei notai, sarebbe
preclusa
ai
titolari
dell’azione
(Casa. S.U. 31/7/2012
n. 13617).
La L. n. 89 del 1913, art. 158 bis, (ora abrogato, ma
qui
applicabile
ratione
disciplina dettata per
temporis)
richiamava
la
procedimenti in camera di
consiglio dal codice di procedura civile.
Per tali procedimenti non si è mai dubitato, nella
giurisprudenza di legittimità, che sia consentita la
15
parte soccombente nel giudizio di appello perché il
proposizione di impugnazioni incidentali, anche tardive
(cfr., Cass. 20 gennaio 2006 n. 1176), né che siano
stabilite limitazioni nelle impudnazioni (nei sistema
della procedura civile qui applicabile) per le “parti
pubbliche”.
vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 26, nel quale
viene fatto ora rinvio al rito sommario di cognizione,
anziché, come in precedenza, ai! ‘art. 737 c.p.c. e ss..
6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato; non
v’è luogo a provvedere sulle spese stante la mancata
costituzione degli intimati.
P.C.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 8/1/2013.
La stessa conclusione vale a seguito dell’entrata in