Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4273 del 23/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/02/2010, (ud. 02/12/2009, dep. 23/02/2010), n.4273

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20327-2005 proposto da:

AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

C.G., P.P.;

– intimati –

sul ricorso 20413-2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

CA.GI.;

– intimato –

sul ricorso 21513-2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

DISSETANTI DI CACCIAPUOTI FRANCESCO & C. SAS,

C.

F., C.G., CA.GI., P.

P.;

– intimati –

sul ricorso 21521-2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

C.F.;

– intimato –

avverso per il n.r.g. 20327/05 la sentenza n. 115/2003 della COMM.

TRIB. REG. di NAPOLI, depositata il 13/10/2003, n.r.g. 20413/05 la

sentenza n. 113/2003 depositata il 13/10/2003, n.r.g. 21513/05 la

sentenza n. 119/2003 depositata il 13/10/2003, n.r.g. 21521/05 la

sentenza n. 136/2003 depositata il 29/12/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

per il n. di r.g. 20327/05 ricorrente, udito l’Avvocato URBANI NERI

che ha chiesto l’accoglimento;

per il n. di r.g. 20413/05 ricorrente, udito l’Avvocato URBANI NERI

che ha chiesto l’accoglimento;

per il n. di r.g. 21513/05 ricorrente, udito l’Avvocato URBANI NERI

che ha chiesto il nuovo ruolo per rinotifica agli eredi, essendo

deceduto C.F.;

per il n. di r.g. 21521/05 ricorrente, udito l’Avvocato URBANI NERI

che ha chiesto il nuovo ruolo per rinotifica agli eredi, essendo

deceduto C.F.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il nuovo ruolo per mancata

integrazione del contraddittorio, in subordine accoglimento dei

ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con quattro distinti ricorsi alla commissione tributaria provinciale di Caserta C.G. e P.P., Ca.Gi. e F., e la società “Dissetanti s.a.s. di Cacciapuoti Francesco e C.”, proponevano opposizione avverso altrettanti avvisi di accertamento di maggiore imposta per l’anno 1996 rispettivamente per Irpef ed accessori per i primi quattro, ed Ilor per la quinta, che l’agenzia delle entrate aveva fatto notificare per i corrispondenti redditi da produzione e partecipazione, a seguito di rettifica di quello sociale.

I contribuenti deducevano che gli atti impositivi erano carenti dei presupposti, e di conseguenza chiedevano l’annullamento di quegli avvisi.

Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio eccepiva l’infondatezza dei ricorsi introduttivi, atteso che l’accertamento si basava sulla verifica della Guardia di finanza e sui notevoli movimenti bancari facenti capo ai soci, che tuttavia concernevano operazioni della società; inoltre erano stati omessi redditi dominicali ed agrari nella dichiarazione di C.G. e P.; perciò chiedeva il rigetto degli stessi.

Quella commissione, in accoglimento dei ricorsi, annullava gli avvisi di accertamento con separate sentenze nn. 261; 262; 263 e 264 del 2001.

Avverso tali decisioni l’agenzia delle entrate proponeva appello, cui gli appellati resistevano, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Campania, la quale, con separate sentenze del 2003, in parziale riforma di quella impugnata, avente il n. 264 e relativa a C.G. e P., ha annullato il corrispondente atto impositivo limitatamente al reddito da partecipazione alla società, osservando che con separata pronuncia coeva essa aveva rigettato il gravame dell’amministrazione contro altra relativa alla società Dissetanti sas, e pertanto nessun maggior reddito era configurabile nei confronti dei soci. Quanto a quello dominicale e all’altro agrario ha rilevato che i contribuenti non avevano articolato alcuna controdeduzione specifica, e pertanto il giudice di prime cure non poteva annullare l’avviso “in parte qua” d’ufficio. In ordine alle altre sentenze impugnate, il giudice del gravame ha rigettato le rispettive impugnazioni, rilevando che gli elementi posti a base dell’accertamento non erano stati suffragati da prova da parte dell’appellante.

Contro questa pronuncia il Ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate hanno proposto ricorso per cassazione, indicando tre motivi.

I C., P. e la società Dissetanti s.a.s. di Cacciapuoti Francesco e C. non hanno svolto alcuna difesa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi aventi i numeri 20413/05; 21513/05 e 21521/05 al presente, ai sensi dell’art. 274 c.p.c. trattandosi di procedimenti connessi, inerenti lo stesso rapporto tributario relativo all’anno 1996 e in “parte qua” gli stessi soggetti, riguardando il primo, il secondo e il quarto il reddito di partecipazione, e il terzo quello della società partecipata.

Ciò premesso, va rilevato che il Ministero non era stato parte nel giudizio di secondo grado, e perciò non poteva impugnare la sentenza del giudice di appello; pertanto il ricorso proposto dallo stesso è inammissibile per difetto di legittimazione.

Invero in tema di contenzioso tributario, una volta che l’appello avverso la sentenza della commissione provinciale era stato proposto soltanto dall’ufficio periferico dell’Agenzia delle entrate, succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle finanze nel corso del giudizio di primo grado, e il contribuente aveva accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, il rapporto nel processo si svolgeva soltanto nei confronti dell’agenzia delle entrate, che ha personalità giuridica ai sensi del D.Lgs. n. 330 del 1999, e che era divenuta operativa dal 1.1.2001 a norma del D.M. 28 dicembre 2000, senza che il dante causa Ministero delle finanze fosse stato evocato in giudizio, l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale allora era solamente l’agenzia delle entrate (V. pure Cass. Sentenze n. 18394 del 2004, n. 19072 del 2003).

1) Ciò premesso, col primo motivo relativo alla sentenza n. 115 emessa nel procedimento instaurato da C.G. e P., la ricorrente agenzia delle entrate deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 2 e art. 36, comma 2, n. 4 con riferimento all’art. 360, n. 3 del codice di rito, in quanto la commissione tributaria regionale non ha considerato che l’appellante aveva dedotto doglianze di merito avverso le sentenze di prime cure circa la legittimità dell’operato dell’ufficio, che si era avvalso della verifica della polizia tributaria e dei conti correnti dei soci per varie operazioni, che puntualmente si riferivano alla società partecipata, donde la legittimità del metodo induttivo per l’inattendibilità di tutta la contabilità di essa. Nè la CTR poteva apoditticamente rimettersi alla sentenza relativa alla Dissetanti sas. per inferire “tout court” che, annullato l’accertamento inerente ad essa, conseguentemente nessun maggiore reddito poteva configurarsi per i soci.

Per le altre sentenze sostanzialmente la ricorrente denunzia che la commissione tributaria regionale non ha considerato che l’ufficio appellante aveva dedotto doglianze di merito avverso le decisioni di prime cure circa la legittimità dell’operato dell’ufficio, che si era avvalso della verifica della polizia tributaria e dei conti correnti dei soci utilizzati per varie operazioni, senza che la dedotta, e non provata, mancanza di autorizzazione da parte del comandante di zona della G.d.F. potesse inficiare l’utilizzabilità dei dati acquisiti; conti e operazioni che puntualmente si riferivano alla società partecipata. Quindi la legittimità del metodo induttivo non poteva essere messa in discussione per l’inattendibilità di tutta la contabilità della compagine sociale.

Il motivo è fondato.

Invero, come risulta dagli atti di appello, che, trattandosi di violazione di norme processuali questo Collegio può esaminare, il giudice di seconda istanza, con le sentenze emesse nei confronti dei quattro soci, ha omesso di delibare le varie questioni che gli erano state prospettate, e che attenevano alla legittimità del metodo induttivo seguito dall’ufficio per l’inattendibilità della contabilità, senza che la decisione della controversia concernente la Dissetanti sas, peraltro nemmeno definitiva, non solo potesse avere alcun riflesso nei diversi procedimenti in esame, ma soprattutto potesse ritenersi conferente ai fini della decisione di altre controversie differenti, sicchè si configura nella specie soprattutto il vizio di omessa motivazione. Inoltre, posto che tutta la contabilità era da ritenere non attendibile, il metodo induttivo seguito dall’ufficio non poteva non considerarsi legittimo, con la conseguenza allora che l’onere della prova, secondo cui i presupposti dell’accertamento fossero carenti, si spostava proprio sugli appellati, i quali però non l’avevano assolto.

Infatti, come è noto, con riguardo all’accertamento in rettifica del reddito complessivo dichiarato dal contribuente, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 pur stabilendo che le rettifiche vanno compiute distintamente (salvo il caso di accertamento così detto sintetico e globale) per le singole categorie di reddito che compongono quello complessivo, espressamente prevede la possibilità dell’ufficio di basarsi su presunzioni, il che da propriamente luogo ad un accertamento con metodo induttivo, non diverso da quello disciplinato dall’art. 39, relativamente a redditi di impresa o lavoro autonomo o professionale, ancorchè con più articolate previsioni, che si correlano alla maggiore o minore gravità delle omissioni del contribuente (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 4834 del 03/05/1991).

Va altresì rilevato che con riguardo all’accertamento dei redditi di partecipazione, ovviamente per tutti i soci, la sua determinazione era una diretta conseguenza di quanto accertato in capo alla società Dissetanti (V. pure Cass. Sentenza n. 19606 del 13/09/2006).

Su questo specifico punto perciò le sentenze impugnate non risultano motivate in modo adeguato e giuridicamente corretto.

2) Col secondo e terzo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, oltre che vizio di motivazione, giacchè il giudice di secondo grado non ha considerato che comunque, come per la società, anche per i soci i rilievi formulati circa le decisioni di primo grado erano fondati, atteso che i maggiori ricavi si basavano sulla verifica della Guardia di finanza e sulle operazioni bancarie dei medesimi per attività della Dissetanti sas, sicchè anche le sanzioni erano giustificate per infedele dichiarazione, che si configura nella mancata vigilanza della contabilità sociale.

Le censure rimangono assorbite dal motivo testè esaminato, anche se appare opportuno aggiungere che l’irregolare tenuta della contabilità sociale, con la conseguente non corretta dichiarazione del reddito della società ai fini Ilor, non poteva costituire ragione giustificatrice ai fini dell’esclusione delle sanzioni a carico dei soci per l’infedele denunzia del relativo reddito.

Ne deriva che i ricorsi dell’agenzia vanno accolti, con la conseguente cassazione delle sentenze impugnate, con rinvio alla commissione tributaria regionale della Campania, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto.

Quanto alle spese di questa fase, non si fa luogo ad alcuna statuizione per quelle relative al rapporto tra il Ministero e gli intimati, essendo irripetibili per la mancata costituzione dei medesimi, mentre le altre saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

PQM

LA CORTE Riuniti i ricorsi di cui ai nn. 20413, 21513 e 21521/05 al presente, dichiara inammissibili quelli del Ministero dell’economia e delle finanze; accoglie gli altri dell’agenzia; cassa le sentenze impugnate, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Campania, altra sezione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2010

 

 

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