Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4271 del 24/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4271 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VIVALDI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso 12492-2008 proposto da:
LOMBARDO SALVATORE LMBSVT41R1OL916B, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA 14, presso lo
studio dell’avvocato SABATINI FRANCO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato SANCI
EDOARDA giusta procura speciale a margine;
– ricorrente contro

VIVIANO FRANCESCO VVNFNC49B26G273I, GRUPPO EDITORIALE
L’ESPRESSO SPA 00488680588 in persona del Direttore
Generale e procuratore Dott. FABIO TACCIARIA, BOLZONI

1

Data pubblicazione: 24/02/2014

ATTILIO

BLZTTL55P20P362J,

EZIO

MAURO

MRAZEI48R24D372G, elettivamente domiciliati in ROMA,
PIAZZA

DEI

CAPRETTARI

70,

presso

lo

dell’avvocato RIPA DI MEANA VITTORIO,
rappresenta

e

difende

unitamente

studio
che li

all’avvocato

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1297/2007 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/03/2007, R.G.N.
1034/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTA
VIVALDI;
udito l’Avvocato FABIO ALBERICI per delega;
udito l’Avvocato BRUNO GUARDASCIONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

2

GUARDASCIONE BRUNO giusta procura speciale a margine;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Salvatore Lombardo convenne, davanti al tribunale di Roma,
l’Editoriale Repubblica spa, poi divenuto “Gruppo Editoriale
l’Espresso” spa, il direttore responsabile del quotidiano “La
Repubblica” Ezio Mauro ed i giornalisti Attilio Bolzoni e

danni sublti in conseguenza di un articolo apparso, in data
8.10.1997, sul quotidiano “La Repubblica”, contenente notizie
false e denigratorie, nonché lesivo del suo diritto all’onore,
alla reputazione ed alla vita di relazione.
I convenuti, costituitisi, contestarono la fondatezza della
domanda.
Il tribunale, con sentenza del 15.2.2001, accolse la domanda
condannando i convenuti al risarcimento dei danni come
quantificati in sentenza.
A diversa conclusione pervenne la Corte d’Appello, che, con
sentenza del 19.3.2007, accolse l’appello proposto dagli
originari convenuti, rigettando la domanda proposta da Salvatore
Lombardo.
Quest’ultimo ha proposto ricorso per cassazione affidato a
quattro motivi illustrati da memoria.
Resistono con controricorso, il Gruppo Editoriale L’Espresso
spa, Ezio Mauro, Attilio Bolzoni e Francesco Viviano.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza
pubblicata una volta entrato in vigore il D. Lgs. 15 febbraio
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Francesco Viviano chiedendone la condanna al risarcimento dei

2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in
materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi,
delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo I.
Secondo l’art. 366-bis c.p.c.

introdotto dall’art. 6 del

decreto – i motivi di ricorso devono essere formulati, a pena di

casi previsti dall’ art. 360, n. l), 2), 3) e 4, l’illustrazione
di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un
quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360,
primo comma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve
contenere la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare
la decisione.
Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 c.p.c.,
l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare
la decisione; e la relativa censura deve contenere un momento di
sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva
puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze
in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua

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inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei

ammissibilità

(S.U.

1.10.2007 n. 20603; Cass.

18.7.2007 n.

16002).
Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione
risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di
diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere

violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il
vizio denunciato alla fattispecie concreta ( v. S.U. 11.3.2008
n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art.
366 bis c.p.c. – del motivo di ricorso per cassazione il cui
quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere
generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo
della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie
in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a
definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi
desumere il quesito dal contenuto del motivo od integrare il
primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del
suddetto articolo).
La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella
di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del
solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della
questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal
giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del
ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass.7.4.2009 n.
8463; v, anche S.U. ord. 27.3.2009 n. 7433).

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formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la

Inoltre, l’art. 366 bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di
formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta – ai
fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso -,
una diversa valutazione, da parte del giudice di legittimità, a
seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dai numeri l,

previsto dal numero 5 della stessa disposizione.
Nel primo caso ciascuna censura

– come già detto – deve,

all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di
diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va
funzionalizzata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., all’enunciazione
del principio di diritto, ovvero a

dicta

giurisprudenziali su

questioni di diritto di particolare importanza.
Nell’ipotesi, invece, in cui venga in rilievo il motivo di cui
al n. 5 dell’art. 360 c. p.c.c. (il cui oggetto riguarda il solo
iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una
illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve
concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto
controverso ( cd. momento di sintesi) – in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle
ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la
motivazione a giustificare la decisione (v. da ultimo Cass.
25.2.2009 n. 4556; v. anche Cass. 18.11.2011 n. 24255).
I motivi non rispettano i requisiti prescritti dall’art. 366 bis
c.p.c..

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2, 3 e 4 dell’art. 360, primo comma, c.p.c., ovvero del motivo

Con il primo motivo il ricorrente denuncia

omesso esame di un

documento decisivo. Omessa e/o insufficiente motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5
c.p.c.)
Il motivo, con il quale si denunciano vizi motivazionali, non

è indicato quali siano le ragioni per le quali i supposti vizi
siano tali da non sorreggere la decisione adottata.
Il motivo è, quindi, inammissibile.
Con il secondo motivo si denuncia

violazione e falsa

applicazione dell’art. 112 c.p.c. ( art. 360, n. 4, c.p.c.)
Il quesito è il seguente: ” Eccepita, ai fini risarcitori, la
illiceità della diffusione di una notizia in quanto coperta da
segreto istruttorio, viola l’art. 112 c.p.c. il giudice che non
pronunci sulla eccezione? ”
Il quesito, così posto, pecca di genericità e si risolve in una
enunciazione di carattere generale ed astratto, non contenendo
alcun riferimento al caso concreto.
In tal modo, la Corte di legittimità si trova nell’impossibilità
di enunciare un o i principii di diritto che diano soluzione
allo stesso caso concreto (Cass. ord. 24.7.2008 n. 20409; S.U.
ord. 5.2.2008 n. 2658; Sez. Un. 5.1.2007 n. 36, e successive
conformi).
Nè il quesito, correttamente posto, può essere desunto dal
contenuto e dall’illustrazione del motivo che lo precede, e
neppure può essere integrato il primo con il secondo.

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contiene un “momento di sintesi”, né attraverso tale meccanismo,

Diversamente, si avrebbe la sostanziale abrogazione della norma
dell’art. 366

bis

c.p.c., applicabile

ratione temporis

nella

specie ( Sez. Un. 11.3.2008, n. 6420 e successive conformi).
Il motivo è, quindi, inammissibile.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione

all’art. 21 Cost. ( art. 360, n. 3, c.p.c.)
Il quesito è

il seguente:

\

Incorre nell’illecito di

diffamazione il giornalista che dia notizia del contenuto di un
memoriale diretto all’Autorità Giudiziaria con il quale l’autore
attribuisce a se stesso e ad altri fatti infamanti, senza che il
giornalista medesimo provveda alla verifica ed al riscontro
quei fatti? ”
Anche in questo caso il quesito è generico e non indica, né
contiene le peculiarità del caso concreto, con la conseguenza di
impedire alla Corte di legittimità di enunciare un o i principii
di diritto che diano soluzione allo stesso (Cass. ord. 24.7.2008
n. 20409; S.U. ord. 5.2.2008 n. 2658; Sez. Un. 5.1.2007 n. 36, e
successive conformi).
Ne deriva l’inammissibilità del motivo.
Con il quarto motivo si denuncia

omessa e/o insufficiente e/o

contraddittoria motivazione su un punto controverso e decisivo
per il giudizio (art. 360, n. 5, c.p.c.)
Il motivo non contiene un “momento di sintesi”, né attraverso
tale meccanismo, è indicato quali siano le ragioni per le quali

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degli artt. 42, 43 e 51 c.p. in relazione all’art. 2043 c.c. e

supposti vizi siano tali da non sorreggere la decisione
adottata.
Il motivo è, quindi, inammissibile.
Conclusivamente, il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e,

liquidate come in

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il
ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi
C 4.200,00, di cui C 4.000,00 per compensi, oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma, il giorno 9 gennaio 2014, nella camera di
consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione.

dispositivo, sono poste a carico del ricorrente.

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