Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4270 del 21/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4270 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: ESPOSITO LUCIA

ORDINANZA
sul ricorso 12700-2015 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in

persona del Direttore pro tempore, in proprio e quale procuratore
speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS
(SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO
SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO;
– ricorrente TERNA – RETE ELETTRICA NAZIONALE SOCIETA’ PER AZIONI, in
persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI
GIUSEPPE GENTILE, che la rappresenta e difende unitamente agli
avvocati IOLANDA GENTILE, FRANCESCA COVONE;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

C U

Data pubblicazione: 21/02/2018

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in
persona del Direttore pro tempore, in proprio e quale procuratore
speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS
(SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO

– controricorrente al ricorrente incidentale
avverso la sentenza n. 7287/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 12/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/12/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

RILEVATO CHE:

– L’I.N.P.S. (anche quale mandatario della S.C.C.I. S.p.A.)
propone ricorso con unico motivo avverso la sentenza n. 7287/2014
della Corte d’appello di Roma che ha respinto l’impugnazione
avanzata dall’Istituto contro la sentenza del Tribunale della stessa
città che aveva dichiarato non dovuto il credito di cui alla cartella di
pagamento opposta dalla TERNA – RETE ELETTRICA NAZIONALE
SOCIETA’ PER AZIONI (società sorta a seguito del d.lgs. n. 79/1999
di liberalizzazione del settore elettrico), con la quale era stato
richiesto il pagamento di contributi per indennità di maternità. La
Corte capitolina ha ritenuto, con riferimento all’obbligo della società
opponente, appartenente al gruppo E.N.E.L. S.p.A., che l’art. 6 della
I. n. 138/1943, che esonera l’I.N.P.S. dal pagamento dell’indennità di
malattia quando il datore di lavoro è tenuto, in base a contratto
collettivo, a corrispondere la retribuzione durante la malattia del
dipendente, fosse applicabile anche all’indennità di maternità, con la
conseguente insussistenza dell’obbligo di versamento della relativa
contribuzione all’I.N.P.S.;

Ric. 2015 n. 12700 sez. ML – ud. 06-12-2017
-2-

SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO;

- resiste TERNA – RETE ELETTRICA NAZIONALE SOCIETA’ PER
AZIONI con controricorso, proponendo ricorso incidentale, illustrati
con memoria;

il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione

semplificata.

– Con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione degli
artt. 20, d.l. n. 112/2008 (conv. con I. n. 133/2008), e 6 I. n.
138/1943, nonché vizio di motivazione, per avere la Corte di merito
ritenuto che la prima delle due disposizioni citate, che
nell’interpretare autenticamente l’art. 6 cit. ha previsto che «i datori
di lavoro che hanno corrisposto per legge o per contratto collettivo,
anche di diritto comune, il trattamento economico di malattia, con
conseguente esonero dell’Istituto nazionale della previdenza sociale
dall’erogazione della predetta indennità, non sono tenuti al
versamento della relativa contribuzione all’Istituto medesimo», si
applicasse anche ai trattamenti e ai contributi per maternità, con la
conseguenza che, avendo il successivo comma 2, lett. a), dell’art. 20
cit. previsto l’obbligo per «le imprese dello Stato, degli enti pubblici e
degli enti locali privatizzate e a capitale misto» di versare «la
contribuzione per maternità» soltanto «a decorrere dal 1° gennaio
2009», nessuna contribuzione a tale titolo poteva l’INPS richiedere
per il periodo precedente;

– il motivo è fondato;

– questa Corte ha già avuto modo di chiarire che le società che,
come l’odierna controricorrente, derivano la loro genesi dal processo
di trasformazione dell’ENEL, sono obbligate al pagamento della
contribuzione per maternità anche per il periodo anteriore
all’1.1.2009, nonostante il versamento diretto del trattamento
dovuto alle lavoratrici madri, non essendo estensibile a tali contributi
Ric. 2015 n. 12700 sez. ML – ud. 06-12-2017
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CONSIDERATO CHE

l’esonero previsto dall’art. 20, d.l. n. 112/2008 (conv. con I. n.
133/2008), con riferimento ai contributi per malattia, in favore dei
datori di lavoro che abbiano corrisposto direttamente ai lavoratori la
relativa indennità (cfr. Cass. n. 15394 del 2017);

– a supporto di tale conclusione si è sottolineato che l’obbligo,

maternità discende dai contratti collettivi, e non già dall’art. 1, d.P.R.
n. 145/1965, che deve ritenersi disposizione ormai priva di efficacia
diretta, in quanto legata necessariamente all’esistenza dell’ente
pubblico economico denominato Ente Nazionale per l’Energia
Elettrica, già venuto meno a seguito della sua trasformazione in
società per azioni, per effetto del d.l. n. 333/1992, e poi
ulteriormente scomposto in più società a seguito della
liberalizzazione del mercato elettrico realizzata dalla legge delega n.
128/1999 e dal successivo d.lgs. n. 79/1999, resa necessaria dal
rispetto degli obblighi derivanti dalla direttiva 96/92/CE;

-va, quindi, richiamato il principio che informa la materia degli
obblighi contributivi delle società partecipate da enti pubblici che
questa Corte di cassazione ha più volte recentemente affermato e
che si compendia nell’affermazione secondo cui nessuna deroga
all’ordinaria obbligatorietà del versamento dei contributi previdenziali
può discendere dalla origine di tali soggetti, trattandosi di società di
natura essenzialmente privata, finalizzate all’erogazione di servizi al
pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione
pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti
di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una
disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema
societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non
totalitaria – da parte dell’ente pubblico (in tal senso Cass. n.
8591/2017 a proposito dei contributi per cassa integrazione
guadagni; Cass. n. 4274/2016; Cass. 27213/2013);

Ric. 2015 n. 12700 sez. ML – ud. 06-12-2017
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per tali società, di corrispondere ai propri dipendenti il trattamento di

-va, altresì, ribadito – sulla scorta di Cass. S.U. n. 10232 del 2003 e
di Corte cost. n. 47 del 2008 – che il fondamento della previdenza
sociale sta nel principio di solidarietà e che il concetto di sinallagma,
inteso quale equilibrio di obbligazioni corrispettive, risulta
insufficiente alla rappresentazione del sistema previdenziale,
accompagnandosi all’apporto contributivo delle categorie interessate

generale, con la conseguenza che, non esistendo tra prestazioni e
contributi un nesso di reciproca giustificazione causale e ben potendo
dunque persistere l’obbligazione contributiva a carico del datore di
lavoro anche quando per tutti o per alcuni dei lavoratori dipendenti
l’ente previdenziale non sia tenuto a certe prestazioni, il rinvio ai
criteri previsti per l’erogazione delle prestazioni dell’assicurazione
obbligatoria per le malattie, contenuto nell’art. 15, I. n. 1204/1971,
in tema di corresponsione dell’indennità di maternità, non consente
di per sé di estendere ai contributi per la maternità l’esonero
dall’obbligo contributivo previsto per i datori di lavoro tenuti a
versare l’indennità di malattia;

-va rilevato che dalle statuizioni di Cass. S.U. n. 10232 del 2003,
così come quelle di Corte cost. n. 47 del 2008, è dato ricavare un
principio di carattere generale relativo alla natura sostanzialmente
impositiva della contribuzione previdenziale pubblica ed all’assenza
di logiche di stretta correlazione tra obbligo contributivo e
prestazione alla stessa sottese;

-per altro verso, l’individuazione delle previsioni contrattuali
collettive quali fonti esclusive dell’obbligo di corresponsione
dell’indennità di maternità da parte della società controricorrente
assolve al compito di giustificare la persistenza di tale obbligazione a
seguito del venir meno dell’efficacia precettiva del disposto dell’art.
1, d.P.R. n. 145/1965: trattandosi di obbligazione di fonte collettiva,
e non più legale, il suo adempimento non può logicamente essere
invocato dall’odierna controricorrente al fine di garantirsi l’esonero
Ric. 2015 n. 12700 sez. ML – ud. 06-12-2017
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il costante intervento finanziario dello Stato e quindi della solidarietà

dal pagamento dei contributi previdenziali relativi all’indennità di
maternità;

manifestamente infondato, poi, è il dubbio di legittimità

costituzionale argomentato da parte controricorrente sul presupposto
di una disparità di trattamento tra le società derivate dalla

delle prime: tale dubbio, infatti, trae origine dal presupposto che
l’art. 1, d.P.R. n. 145/1965 continuasse a trovare applicazione anche
alle società derivanti dalla c.d. prima privatizzazione, laddove si è
visto che la sua efficacia precettiva deve ritenersi venuta meno a
seguito della trasformazione dell’ENEL in società per azioni;

– di conseguenza non può in alcun modo trarsi dall’art. 20, comma
2, d.l. n. 112/2008, cit., alcun indizio circa la volontà del legislatore
di assoggettare le società rivenienti dal processo di trasformazione
dell’ENEL al pagamento dei contributi per maternità solo a far data
dal 1°.1.2009, come invece ritenuto dalla sentenza impugnata: tale
obbligo, infatti, doveva ritenersi immanente al sistema in ragione dei
rilievi di ordine sistematico dianzi enunciati, restando naturalmente
salva la facoltà del legislatore di renderlo manifesto attraverso
un’apposita disposizione di legge a carattere meramente ricognitivo
(cfr. in tal senso, tra le tante, Corte cost. nn. 230 del 2016, 346 del
2010, 401 del 2007);

– neppure possono desumersi argomenti contrari dall’art. 3, comma
2, I. n. 218/1990, che, oltre i diritti quesiti, ha fatto salvi «gli effetti
di leggi speciali e quelli rivenienti dalla originaria natura pubblica
dell’ente

di

appartenenza»,

giacché

tale

disposizione,

originariamente introdotta per i dipendenti degli enti creditizi e
successivamente estesa anche ai dipendenti dell’ENEL in virtù del d.l.
n. 198/1993 (conv. con I. 292/1993), si riferisce espressamente ed
esclusivamente alle situazioni giuridiche dei dipendenti degli enti
pubblici oggetto di trasformazione in soggetti di diritto privato e non
Ric. 2015 n. 12700 sez. ML – ud. 06-12-2017
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trasformazione dall’ente pubblico e quelle generatesi dello scorporo

può in alcun modo costituire la base normativa per attribuire
situazioni di vantaggio in favore dei loro datori di lavoro;

-deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse il
ricorso incidentale condizionato con cui la società resistente deduce

conseguente nullità della sentenza, dolendosi del mancato esame
dell’eccezione di giudicato in relazione a giudizi aventi lo stesso
oggetto intercorsi tra le medesime parti e inerenti a contributi per
maternità riferiti a periodi diversi da quello oggetto del presente
giudizio. Si tratta di questione implicitamente ritenuta assorbita dal
giudice del merito nella pronuncia di accoglimento, riproponibile nel
giudizio di rinvio e rispetto alla quale non è ravvisabile soccombenza
(sul punto Cass. Sez. n. 3796 del 15/02/2008 e molte altre
successive conformi : “Nel giudizio di cassazione, è inammissibile il
ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa nel
giudizio di merito sollevi questioni che siano rimaste assorbite,
avendo il giudice di merito attinto la “ratio decidendi” da altre
questioni di carattere decisivo, in quanto tali questioni, in caso di
accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte
davanti al giudice di rinvio”);

-il ricorso principale, pertanto, va accolto e la sentenza impugnata va
cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa
composizione, che si atterrà ai principi di diritto enunciati,
provvedendo, altresì, alla liquidazione delle spese del giudizio di
legittimità;

P. Q. M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Accoglie il
ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per

Ric. 2015 n. 12700 sez. ML – ud. 06-12-2017
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violazione degli art. 112, 277 primo c., 276 secondo c. c.p.c. e

le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in
diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6.12.2017.

comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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