Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 427 del 10/01/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 427 Anno 2013
Presidente: D’ALONZO MICHELE
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 8249-2010 proposto da:
COOP SIGNAL SOCIETA’ COOPERATIVA in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA POSTUMIA 1, presso lo studio dell’avvocato
GIANCASPRO NICOLA, che lo rappresenta e difende giusta
delega a margine;
– ricorrente –

2012
1619

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE CENTRALE in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

Data pubblicazione: 10/01/2013

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 171/2009 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 22/09/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

TERRUSI;
udito per il controricorrente l’Avvocato COLELLI, che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso o comunque rigetto.

udienza del 03/10/2012 dal Consigliere Dott. FRANCESCO

Svolgimento del processo
Con avviso di accertamento ritualmente notificato,
l’agenzia delle entrate contestava, per quanto ancora
rileva, alla Signal coop. a r.1., per l’anno d’imposta
2003, l’indebita deduzione di costi relativi a operazioni
inesistenti e la connessa indebita detrazione dell’Iva.

Il ricorso della contribuente era sul punto accolto dalla
commissione tributaria provinciale di Rieti, la cui
decisione peraltro (sempre sul punto) veniva riformata
dalla commissione tributaria regionale del Lazio.
La

commissione regionale,

condividendo

il

rilievo

dell’agenzia delle entrate, osservava che la ripresa
fiscale era stata determinata dal disconoscimento di
fatture relative a un contratto di durata intercorso tra
la Signal e la società Ricci & zangari, per l’esecuzione
di prestazioni di commercializzazione, promozione e cura
di gare d’appalto.
Motivava quindi affermando che del contratto era stato
previsto il rinnovo solo con “scritto consenso delle
parti”, e che, in base all’art. 1352 c.c., al patto
dovevasi annettere funzione di patto di forma rilevante
per la validità della rinnovazione.
Da

ciò deduceva che, mancando di espresso rinnovo in tal

senso, il contratto non potevasi considerare in essere tra
le parti nell’anno 2003 (cui si riferivano le
fatturazioni); le quali peraltro avevano assunto contenuto
del tutto generico in quanto riferite al “saldo per le
prestazioni eseguite presso il vostro stabilimento”, senza

1

alcuna indicazione in ordine alla natura, qualità e
quantità dei beni e servizi secondo il disposto dell’art.
21 del d.p.r. n. 633/1972.
Pertanto concludeva che le fatture non potevano essere
considerate deducibili ai fini dell’imposizione diretta e
detraibili ai fini dell’Iva, in quanto la mancata

documentazione

idonea

a

provare

l’oggetto

indicazione dei suddetti elementi e la mancanza di
della

prestazione non consentivano di apprezzare l’inerenza
delle stesse ai sensi dell’art. 75, 5 0 cc., del Tuir.
Contro la sentenza di secondo grado la società ha proposto
ricorso per cassazione affidato a un unico motivo
variamente articolato.
L’intimata ha resistito con controricorso.
La causa, inizialmente avviata alla trattazione camerale
in prossimità della quale la ricorrente ha depositato una
memoria, è stata infine rimessa in pubblica udienza.
Motivi della decisione
Con l’unico mezzo la ricorrente denunzia, ai sensi
de l’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione

e

la falsa

applicazione degli artt. 1325, 1350, 1352 e 1362 c.c., 21
del d.p.r. n. 633/1972, 115 c.p.c., 75 del Tuir; nonché,
ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., l’insufficiente
motivazione della sentenza su fatto controverso decisivo
per il giudizio.
Il mezzo è inammissibile sotto entrambi i profili.
A

fronte della surriportata sintesi della motivazione

dell’impugnata sentenza, chiaramente intesa a sostenere

2

l’indeducibilità dei costi per difetto di prova quanto
all’effettività e all’inerenza delle prestazioni
fatturate, la ricorrente lamenta non essersi tenuto in
conto che il rapporto negoziale, cui la fatture a suo dire
inerivano, aveva proseguito la sua efficacia

per facta

concludentia oltre il termine originariamente previsto in

contratto.
Assume di aver dato di ciò dimostrazione nei giudizi di
merito anche in relazione alla riferibilità al detto
rapporto negoziale delle fatture disconosciute’ e
sintetizza la propria tesi col rilievo che “nelle fatture
non è possibile (..) né richiedibile al contribuente la
pedissequa indicazione di ogni spostamento, movimento od
attività compiuta in esecuzione di un contratto, a meno di
voler anteporre gli adempimenti burocratici all’attività
produttiva (—)”Sennonché, a disparte codesta ultima del tutto pretestuosa
affermazione, frutto di una personalissima visione della
gerarchia dei valori sottesi all’adempimento fiscale,
devesi osservare che, nell’esporre la doglianza, la
ricorrente finisce per sollecitare alla corte un sindacato
di merito e una nuova e difforme valutazione dei fatti di
causa, non essendo invero indicato, a petto dell’eccepito
vizio di motivazione, quale distinta risultanza (e quindi
quale specifico fatto controverso, decisivo per il
giudizio) la commissione regionale avrebbe dovuto
considerare in vista di una diversa decisione.

3

SIM:S T L
A. N.5
N.131
MATERIA TRIBUTARIA

Dal punto di vista giuridico, invece, la decisione appare
del tutto corretta, dal momento che costituisce
giurisprudenza costante di questa corte che, in tema di
accertamento delle imposte sui redditi, l’onere della
prova circa l’esistenza e l’ inerenza dei componenti
negativi del reddito incombe al contribuente (cfr. tra le

Cass. n. 18930/2011; n. 19489/2011).
Avendo

escluso,

in ragione della genericità dei

riferimenti documentali, giustappunto l’adempimento di
siffatto onere dimostrativo, appare di tutta evidenza che
la commissione altro non ha fatto che applicare, alla
fattispecie, il suddetto principio (art. 360-bis, n.

Il ricorso è rigettato.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle
spese processuali, che liquida in euro 5.000,00 oltre le
spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta
sezione civile, addì_ 3 ottobre 2012.

i

Il Co sigliere e – tensore

tante Cass. n. 19489/2010, nonché, per varie applicazioni,

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