Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4268 del 18/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 18/02/2021), n.4268

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11068-2020 proposto da:

R.K.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO CENTORE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2025/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 23/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA

MELONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Catanzaro con sentenza in data 23/10/2019, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dal Tribunale di Catanzaro in ordine alle istanze avanzate da R.K.M. nato in Nigeria il 2/11/1976, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese in quanto alla morte del padre, come primogenito, avrebbe dovuto succedere al padre nel posto da lui ricoperto nella setta degli (OMISSIS) e ciò era contrario alla religione cattolica da lui professata. La Corte di Appello di Catanzaro in particolare ha escluso le condizioni previste per il riconoscimento del diritto al rifugio D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 7 e 8, ed i presupposti richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per la concessione della protezione sussidiaria, non emergendo elementi idonei a dimostrare che il ricorrente potesse essere sottoposto nel paese di origine a pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti. Nel contempo il collegio di merito riteneva non attendibile la vicenda narrata e negava il ricorrere di uno stato di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale nonchè una situazione di elevata vulnerabilità individuale.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia nullità della sentenza e la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,132 e 156 c.p.c., nonchè art. 111 Cost., per omessa esposizione delle ragioni di diritto ed omessa valutazione dei documenti prodotti e delle prove documentali offerte, da parte del Giudice Territoriale che non aveva approfondito l’analisi della situazione personale del ricorrente ritenendolo non credibile senza alcuna precisazione nonostante il circostanziato racconto reso, venendo meno al dovere di cooperazione istruttoria, e non aveva motivato sulla domanda di protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. A) e B).

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa del D.Lgs n. 251 del 2007, art. 14, comma 3, e del D.Lgs n. 25 del 2008, art. 8, in riferimento all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c., in quanto il Giudice Territoriale non aveva approfondito l’esistenza di un pericolo di danno grave alla vita o alla persona che giustificava riconoscimento della protezione sussidiaria.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.5, in quanto il Giudice Territoriale non aveva approfondito la situazione di integrazione del ricorrente in Italia dal 2008 con contratto di lavoro.

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, e del D.Lgs n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.3, in quanto la Corte di Appello di Catanzaro non ha riconosciuto il diritto ad un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il primo motivo di ricorso è fondato, con riferimento alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Nella fattispecie in esame il ricorrente ha puntualmente allegato una serie di fatti e ragioni il cui esame da parte dei giudici del merito sarebbe stato necessario al fine di verificare la ricorrenza dei presupposti applicativi dell’invocata protezione internazionale D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 7, e di quella sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, comma 1, lett. b, e per il necessario giudizio di credibilità del racconto e che invece sono stati integralmente ignorati dal giudice di appello. La motivazione resa, dunque, dalla corte territoriale è risultata apodittica e dunque apparente nella parte in cui ha escluso la riconducibilità della descritta fattispecie concreta nel paradigma applicativo dell’invocata normativa protettiva di matrice internazionale, e cioè di quella prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14, lett. A) e B), senza valutare le ragioni allegate dal ricorrente se non sommariamente esprimendo un giudizio superficiale e una generica valutazione di non attendibilità del racconto.

Per quanto concerne, invero, la protezione sussidiaria del succitato decreto, ex art. 14, lett. A) B) e C), va osservato che – secondo il consolidato insegnamento di questa Corte – è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, tuttavia, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312; Cass. 13897/2019; Cass. 9230/2020). A tal riguardo, deve ritenersi che il dovere di cooperazione istruttoria del giudice si sostanzia nell’acquisizione di COI (“Country-of Origin Information”) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), o di altre fonti internazionali citate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, da richiedersi agli enti a ciò preposti, mentre la Corte territoriale non ha citato alcuna fonte oggetto di consultazione.

Conseguentemente deve essere accolto il ricorso proposto per il primo motivo, assorbiti gli altri, cassata la sentenza impugnata mentre deve essere disposto il rinvio al giudice di merito in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.

I restanti motivi rimangono invece assorbiti. Si impone pertanto la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla corte di merito anche per la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito gli altri, cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte di Appello di Catanzaro in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione della Corte di Cassazione, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021

 

 

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