Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4266 del 24/02/2014
Civile Sent. Sez. 3 Num. 4266 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VINCENTI ENZO
SENTENZA
sul ricorso 16004-2010 proposto da:
GEMELLI
FILIPPO
(GMLFPP58S26L219M),
elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA VALLISNERI 11, presso lo studio
dell’avvocato PACIFICI PAOLO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PENE’ SAVINO giusta delega a margine;
– ricorrente contro
PASSARELLA
SANDRA
(PSSSDR60C58E320D),
elettivamente
domiciliata in ROMA, P.ZZA GIUNONE REGINA l, presso lo studio
dell’avvocato CARLEVARO ANSELMO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ARAGONA SERGIO giusta delega in
c2.0,14
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calce;
– controricorrente avverso la sentenza n. 671/2009 della CORTE D’APPELLO di
TORINO, depositata il 06/05/2009, R.G.N. 116/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 08/01/2014 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato PAOLO PACIFICI;
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Data pubblicazione: 24/02/2014
udito l’Avvocato ANSELMO CARLEVARO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. TOMMASO BASILE,
che
ha
concluso per
il rigetto del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza resa pubblica in data 6 maggio 2009,
la Corte di appello di Torino, per quanto ancora interessa in
Sandra Passarella avverso la sentenza del Tribunale della
stessa città del novembre 2005 – che l’aveva condannata al
pagamento in favore di Filippo Gemelli della somma
complessiva di euro 37.701,35, oltre accessori e spese di
lite – e, in riforma di detta sentenza, riduceva la condanna
della medesima Passarella al pagamento della somma di euro
12.149,85, oltre interessi legali dalla domanda al saldo,
dichiarando compensate per metà le spese del doppio grado di
giudizio e ponendo a carico dell’appellante la restante metà.
Ad individuare la predetta somma la Corte territoriale
perveniva in considerazione del conteggio dei crediti
reciprocamente vantati dalle parti (lire 147.625.400 in
favore del Gemelli; lire 124.100.000 in favore della
Passarella) e delle
conseguenti
compensazioni, sicché
residuava in favore del Gemelli un credito per lire
23.525.400, pari, per l’appunto, ad euro 12.149,85. A
comporre la misura complessiva del credito del Gemelli
concorreva, secondo il giudice del gravame, il credito del
Gemelli per l’effettuazione di opere nell’appartamento sito
in Torino, in via Petitti, di proprietà della Passarella, il
cui valore, determinato tramite c.t.u., doveva ritenersi pari
ad euro 20.000,00, in quanto non poteva tenersi conto della
spesa di euro 6.925,25, sia per forniture che la Passarella
affermava “di aver acquistato con denaro proprio”, sia per i
“lavori di cui non è certa l’avvenuta esecuzione”. A tal
riguardo, la Corte territoriale reputava non fondate le
critiche mosse a siffatto esito della c.t.u. e riteneva che
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questa sede, accoglieva parzialmente l’appello proposto da
il Gemelli non avesse dato prova, a fronte dell’eccezione di
controparte, di aver sostenuto in proprio anche la spesa di
euro 6.925,25.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre Filippo
Gemelli sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso Sandra Passarella.
CONSIDERATO IN DIRITTO
– Con l’unico mezzo è denunciata “omessa,
insufficiente motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio”.
La Corte territoriale, pur correttamente affermando che
spettava all’appellato la prova di aver sostenuto anche la
spesa di euro 6.925,25, avrebbe errato nell’escludere che
tale prova fosse stata fornita, là dove invece emergeva dai
documenti in atti (n. 34 e n. 35) una spesa per materiali
pari ad euro 4.605,25 ed una spesa per lavori e forniture
pari ad euro 2.320,00, alla quale aveva provveduto esso
Gemelli “non solo con gli assegni prodotti, ma soprattutto
tramite le deposizioni testimoniali dei testi Gileppa Valter
e Gileppa Franco”. Il primo aveva, infatti, confermato il
preventivo di cui al documento n. 34, nonché il consuntivo di
cui al documento n. 35, mentre il secondo aggiungeva anche
che la Passarella non gli aveva fornito materiali. Sicché,
avendo l’attuale ricorrente dimostrato “di aver pagato tutte
le opere riscontrate dal c.t.u.”, la Corte territoriale
avrebbe omesso di esaminare, o comunque lo avrebbe fatto in
modo insufficiente, il punto controverso e decisivo del
“pagamento materiali”.
2. – Il ricorso è inammissibile, in quanto – in linea
pregiudiziale ed assorbente di ogni altro profilo di
inammissibilità (che si coglie nella censura volta ad una
rivalutazione del merito della controversia, peraltro in
violazione del principio di autosufficienza, tale da non
consentire a questa Corte di poter apprezzare, tra l’altro,
anche la decisívítà delle emergenze probatorie su cui si
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1.
fonda la doglianza) – il motivo con esso proposto non è
confezionato in modo conforme alle prescrizioni di cui
all’art. 366-bis cod. proc. civ. Norma, quella recata dalla
citata disposizione del codice di rito, che è pienamente
operante
ratione temporis
nella fattispecie, posto che la
sentenza impugnata è stata pubblicata il 6 maggio 2009 e,
dunque, nella vigenza della disciplina da essa dettata.
propri effetti in relazione alle sentenze pubblicate a
decorrere dal 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del
d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che l’ha introdotto, e ha
cessato di essere applicabile soltanto a decorrere dal 4
luglio 2009 e cioè dalla sua abrogazione ad opera dell’art.
47 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Il ricorrente, infatti, ha omesso di formulare, a
corredo delle censure di vizio di motivazione veicolate, ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.,
tramite l’unico motivo di ricorso, il cd. “quesito di fatto”,
imposto – sulla scorta dell’ormai consolidato orientamento di
questa Corte (tra le tante, Cass., 16 luglio 2007, n. 16002;
Cass., sez. un., 1 0 ottobre 2007, n. 20603; Cass., 30
dicembre 2009, n. 27680; Cass., 18 novembre 2011, n. 24255) dal capoverso dell’art. 366-bis cod. proc. civ., e cioè ha
omesso dì indicare chiaramente, in modo sintetico, evidente
ed autonomo, il fatto controverso rispetto al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, così come le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, a
tal fine necessitando, segnatamente, la enucleazione
conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio
espositivo del ricorso nel quale tutto ciò risalti in modo in
equivoco.
Con l’ulteriore precisazione che tale requisito non si
identifica con il requisito di specificità del motivo di cui
all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ma assume
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Infatti, l’anzidetto art. 366-bis ha iniziato ad esplicare i
l’autonoma funzione volta alla immediata rilevabilità del
nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica
denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove
correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al
ricorrente (Cass., 8 marzo 2013, n. 5858). Né esso può dirsi
rispettato allorquando solo la completa lettura
dell’illustrazione del motivo (o dei motivi) – all’esito di
della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto
ed il significato delle censure, posto che la ratio che
sottende la disposizione di cui al citato art. 366-bis è
associata alle esigenze deflattíve del filtro di accesso alla
Suprema Corte, la quale deve essere posta in condizione di
comprendere, dalla lettura del solo quesito di fatto, quale
sia l’errore commesso dal giudice di merito.
5. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e
il ricorrente, in quanto soccombente, condannato al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, come
liquidate in dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento, in favore della controrícorrente,
delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida
in complessivi euro 2.700,00, di cui euro 200,00, per
esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 8 gennaio 2014.
un’interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione