Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4265 del 24/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4265 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 14202-2010 proposto da:
MAZZOLENI PAOLA (MZZPLA35R4814544F), quale erede di CASSI
GIOVANNI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE
MILIZIE 48, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO
CORVASCE, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MANTOVANI FRANCESCO giusta procura speciale a
margine;
– ricorrente contro

FUTURAGRI

S.R.L.

(07592120153),

in

persona

dell’Amministratore Unico Sig. DANILO COLOMBO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA G P DA PALESTRINA 55, presso lo
studio dell’avvocato MARIANO ROSAMARIA, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MORESE FULVIO giusta procura

02A

speciale a margine;
– controricorrente –

1

Data pubblicazione: 24/02/2014

nonchè contro
LOCICERO PAOLO (LCCPLA35CO2E541V);
– intimato avverso la sentenza n. 1448/2010 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 14/05/2010, R.G.N. 2276/08, nonché
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di MILANO n.
913/2008, depositata 1’8 aprile 2008, R.G.N. 447/04;

del 08/01/2014 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato FRANCESCO CORVASCE;
udito ROSAMARIA MARIANO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. TOMMASO RASILE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. – Giovanni Cassi conferiva, nel dicembre 1989, a
Paolo Locicero e Carmela Locicero procura speciale a vendere,
anche disgiuntamente, “a chi meglio crederanno e per il
prezzo che riterranno di stabilire”, un immobile sito in
Cassina de’ Pecchi di proprietà del medesimo Cassi. Nel
frattempo, Paolo Locicero (unitamente a Giuseppe Cargioli e
Gabriele Rebuzzini, che successivamente avrebbero ceduto i
rispettivi crediti al Locicero) estingueva direttamente un
mutuo bancario del Cassi, versando nel suo interesse la somma
di lire 762.000.000.
Paolo Locicero, in forza della predetta procura,
vendeva, in data 4 maggio 1990, l’immobile del Cassi alla
Futuragri s.r.l. per la somma di lire 850.000.000; chiedeva,
poi, ed otteneva dal Tribunale di Milano, nel febbraio 1991,
decreto ingiuntivo nei confronti di Giovanni Cassi per la
somma di lire 82.961.000, quale importo anticipato a titolo
di INVIM per la vendita anzidetta; decreto che veniva opposto
dal Cassi, il quale eccepiva l’estinzione del credito
ingiunto per compensazione con un proprio maggior credito
pari a lire 88.000.000, instando, quindi, in via
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udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

riconvenzionale per la condanna del Locicero al pagamento
della somma di lire 5.039.000.
2. – Con atto di citazione del luglio 1993, il medesimo
Cassi conveniva in giudizio sia Paolo Locicero, che la
Futuragri s.r.l. per ottenere, ai sensi dell’art. 1394 cod.
civ., l’annullamento del contratto di vendita dell’immobile
in data 4 maggio 1990, con conseguente condanna del Locicero

monetaria sulla asserita differenza tra il prezzo di mercato
del bene immobile e quello pagato effettivamente dalla
Futuragri s.r.1., nonché al pagamento dei canoni di affitto
del fondo oggetto della compravendita non percepiti dal
novembre 1990.
Nei giudizi riuniti si costituiva anche la Futuragri,
che chiedeva la reiezione delle domande dell’attore, con
condanna dello stesso al risarcimento dei danni

ex art. 96

cod. proc. civ.
A seguito del decesso del Cassi, la causa veniva
riassunta dall’erede Paola Mazzoleni ed istruita poi con
espletamento di c.t.u. sul valore di mercato del fondo
rustico all’epoca della compravendita.
Con sentenza del gennaio 2003, l’adito Tribunale di
Milano riconosceva la sussistenza dei presupposti per
l’annullamento della compravendita ai sensi dell’art. 1394
cod. civ. per esser stata conclusa dal rappresentante
Locicero in conflitto di interessi con il rappresentato
Cassi; revocava, quindi, il decreto ingiuntivo emesso nei
confronti dello stesso Cassi e, dichiarato l’annullamento
della vendita in data 4 maggio 1990, condannava la Mazzoleni,
quale erede del Cassi, a corrispondere a Paolo Locicero
l’importo complessivo di euro 393.540,00, oltre interessi
legali, respingendo ogni altra domanda delle parti, tra le
quali compensava integralmente le spese di lite.
3. – Avverso tale sentenza proponeva appello principale
la Futuragri s.r.1., nonché gravame incidentale Paola
3

al pagamento degli interessi legali e della rivalutazione

Mazzoleni in relazione al capo di decisione che l’aveva
condannata a restituire al Locicero la somma di euro
393.540,00 (già lire 762.000.000), mai da costui richiesta;
proponeva appello incidentale anche Paolo Locicero chiedendo
la conferma del decreto ingiuntivo e la condanna della
Mazzoleni al pagamento della somma di euro 42.895,78, a suo
tempo versata a titolo di INVIM, nonché al pagamento del

3.1. – Con sentenza dell’8 aprile 2008, la Corte di
appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado,
respingeva la domanda di annullamento del contratto di
compravendita, respingeva la domanda di danni ex art. 96 cod.
proc. civ. proposta dalla Futuragri, nonché l’appello
incidentale del Locicero e ogni ulteriore domanda formulata
dalle parti, con compensazione integrale delle spese del
doppio grado.
3.1.1. – La Corte territoriale, per quanto ancora
specificamente interessa in questa sede, riteneva assorbente,
ai fini della decisione sulla domanda di annullamento del
contratto di compravendita, l’insussistenza in fatto
dell’asserito conflitto di interessi, ritenendo che non era
sufficiente al riguardo la sola comunanza di interessi tra
rappresentante e terzo acquirente (la Futuragri s.r.1.),
essendo necessario provare anche «l’ulteriore circostanza
relativa al perseguimento da parte del rappresentante di
interessi propri “inconciliabili” con quelli del
rappresentato e idonei a produrre allo stesso un danno».
Sicché, posto che la comunanza di interessi anzidetta
sussisteva, occorreva dimostrare anche “l’inesistenza di
qualsiasi interesse al contratto o la sussistenza di un
pregiudizio non correlato a nessun vantaggio”, là dove, nella
specie, il mandato conferito al Locicero era stato rilasciato
in rem propriam,

“essendo quest’ultimo, all’epoca dei fatti,

creditore del Cassi per la somma complessiva di lire 762
milioni”. Il rilascio della procura ai fini della stipula
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compenso per l’opera svolta in qualità di mandatario.

della compravendita del bene immobile era, pertanto,
finalizzato a soddisfare gli interessi convergenti di
rappresentato e rappresentante, ciò, peraltro, non
comportando la prevalenza dell’interesse del mandatario
rispetto a quello del rappresentato, che era di “vendere ad
un prezzo conveniente”.
Pertanto, soggiungeva la Corte territoriale, “la

quella relativa all’effettivo valore del bene oggetto di
vendita e alla sua corrispondenza con il prezzo pattuito fra
le parti”.
A tal fine, il giudice di appello osservava che la
Mazzoleni aveva, con l’atto di citazione originario,
“quantificato la sproporzione del prezzo, in concreto
praticato, nella misura del 30-40% rispetto al valore del
bene”, producendo una relazione estimativa del 18 giugno 1993
per un valore dell’immobile pari a lire 1.650.000.000 “anche
in relazione al maggio 1990”. In forza, invece, della
“perizia giurata depositata in data 15 giugno 1991 dal
Geometra Bruno Costantini nella procedura esecutiva
immobiliare relativa al fondo”, il valore di quest’ultimo era
stato determinato in lire 957.804.800. Pertanto, secondo il
giudice del gravame, posto che “la prima relazione è stata
effettuata a tre anni di distanza dal contratto di
compravendita”, senza che in essa fossero specificate “le
ragioni per cui l’estimazione … compiuta nell’anno 1993 era
valida anche in relazione al maggio 1990”, mentre “la seconda
perizia è stata, invece, effettuata quasi in concomitanza con
l’atto in questione”, risultava “di chiara evidenza come il
valore di mercato più attendibile sia quello indicato nella
perizia del Geometra Costantini”. Peraltro, osservava ancora
la Corte territoriale, che entrambe le perizie non tenevano
conto del contratto di affitto gravante sul fondo, che “come
è noto, ne riduce il valore nella misura del 30-40%”, sicché,
pur prescindendo dalle conclusioni espresse dalla c.t.u.
5

questione decisiva della causa in oggetto appare, in realtà,

espletata in primo grado (indicante un valore di mercato del
fondo in misura “assolutamente sproporzionata di 2 miliardi o
oltre di lire”), “il prezzo praticato dalle parti nell’atto
di compravendita del quale si chiede l’annullamento può
essere … ritenuto congruo”. Il giudice del gravame poneva,
comunque, in rilievo le incongruenze alle quali era giunto il
c.t.u. nominato in primo grado, il quale: non aveva tenuto

conto del deprezzamento dei fattori della produzione,
trattandosi di fabbricati per attività agricola; aveva
operato “un’inammissibile partizione fra attività zootecnica
e l’attività agricola”; non aveva tenuto conto del contratto
di affitto di durata quindicinale e non già triennale; aveva
rapportato incongruamente il valore dei terreni agricoli a
quelli riportati nella tabella pubblicata dalla Commissione
espropri, senza tener conto idoneamente del tipo di colture
praticate ed operando un aumento del 50% in caso di cessione
bonaria “non comparato con alcun caso reale”; aveva
considerato “aspettative edificatorie” in aperto contrasto
con il piano regolatore.
5. – Paola Mazzoleni proponeva revocazione, ai sensi
del’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. della
predetta sentenza, al fine di vedersi accogliere le
conclusioni del precedente appello incidentale, con reiezione
dei gravami già interposti dalla Futuragri s.r.l. e dal
Locicero. A sostegno della domanda di revocazione, la
Mazzoleni deduceva che la Corte territoriale aveva errato,
nella individuazione del valore di mercato dell’immobile
compravenduto, ad affidarsi alla perizia giurata del geometra
Costantini, ritenuta più attendibile in quanto depositata il
15 giugno 1991 e, dunque, in prossimità della vendita stessa,
là dove, invece, la perizia era stata depositata il 15 giugno
1987 e cioè ben tre anni prima di detto atto.
5.1. – Nel contraddittorio della Futuragri s.r.l. e di
Paolo Locicero, la Corte di appello di Milano, sospeso il
termine per la proposizione del ricorso per cassazione
6

d757

avverso la sentenza oggetto di revocazione, rigettava, con
sentenza del 14 maggio 2010, la domanda di revocazione
proposta dalla Mazzoleni.
5.1.1. – In tal senso la Corte territoriale riteneva
che, sebbene fosse indubbio che la perizia giurata del
Costantini fosse stata depositata il 15 giugno 1987 e non già
il 15 giugno 1991 e, dunque, non poteva reputarsi “quasi

“non fonda la propria conclusione solo sulla perizia
Costantini, ma svolge un ragionamento più articolato da far
ritenere l’errore di fatto commesso non essenziale e non
decisivo”. Ciò in quanto la Corte di appello ha preso in
considerazione anzitutto la perizia di parte Cassi/Mazzoleni
del 18 giugno 1993, evidenziando «una sproporzione del prezzo
nella misura del 30-40% rispetto al valore del bene,
determinato nella misura di lire 1.650.000.000, “anche in
relazione al maggio 1990″». Lo stesso giudice ha, quindi,
tenuto conto della perizia “Costantini”, operando “una
comparazione con la prima” ed “esprimendo una valutazione di
maggiore attendibilità della seconda – che aveva indicato il
valore in complessive lire 957.804.800 – avuto riguardo
proprio all’errore di datazione”. Successivamente – osserva
sempre la Corte investita della revocazione – la Corte
meneghina ha aggiunto “considerazioni decisive ed
indipendenti per suffragare la conclusione di congruità del
prezzo”, affermando che “entrambe le due perizie non tengono
conto del fatto che l’immobile risultava gravato da un
contratto di affitto”, che ne riduceva il valore del 30-40%,
là dove, inoltre, la consulenza d’ufficio espletata in primo
grado “non poteva essere considerata perché fondata su
presupposti erronei, precisamente elencati e valutati”. Di
qui la conclusione per cui la sentenza oggetto di revocazione
non si è limitata, quanto alla congruità del prezzo della
vendita a considerare solo la perizia “Costantini”,
erroneamente datata, avendo, invece, svolto ulteriori

7

concomitante con l’atto di vendita”, la sentenza impugnata

considerazioni, sia in riferimento alla perizia del 1993, che
alla c.t.u. espletata in primo grado. Sicché, “anche senza
l’errore di fatto commesso la decisione non poteva che essere
identica proprio perché fondata non solo sulle circostanze
della perizia Costantini ma su altre decisive circostanze,
come la sussistenza del contratto di affitto e l’erroneità
della c.t.u. di primo grado”.

quella emessa dalla stessa Corte di appello di Milano in data
8 aprile 2008, ricorre Paola Mazzoleni sulla base,
rispettivamente, di uno e di due motivi.
Resiste con controricorso la Futuragri s.r.1., mentre
non ha svolto attività difensiva Paolo Locicero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. – E’ pregiudiziale l’esame del ricorso avverso la
sentenza che ha respinto la domanda di revocazione, in
applicazione del principio, pertinente al caso di specie,
secondo cui “nell’ipotesi di impugnazione per cassazione
della sentenza di appello e di quella emessa nel successivo
giudizio di revocazione, proponibili con unico ricorso
qualora si rivolgano contro capi identici o connessi delle
due sentenze, il carattere pregiudiziale delle questioni
inerenti alla revocazione comporta che il loro esame abbia la
precedenza su quello del ricorso contro la sentenza di
appello” (Cass., 20 marzo 2009, n. 6878).
2. – Con un unico mezzo è impugnata la sentenza della
Corte di appello di Milano del 14 maggio 2010 per violazione
dell’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.,
nonché per vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 5, cod. proc. civ.
La Corte territoriale, nel respingere la domanda di
revocazione della sentenza della medesima Corte di appello di
Milano in data 8 aprile 2008, avrebbe errato nell’escludere
la essenzialità e la decisività dell’errore di datazione
8

6. – Per la cassazione di tale sentenza, nonché di

della perizia “Costantini”, in forza di motivazione
insufficiente e contraddittoria, posto che non spiega
adeguatamente “per quale motivo, se due perizie non possono
essere ritenute attendibili (quella d’ufficio e quella del
perito di parte Cassi), non sia decisivo l’errore sulla data
della terza perizia che proprio per essere asseritamente
stata effettuata in una certa data sarebbe la sola

infatti, tenuto conto che la comparazione operata dalla
sentenza impugnata era tra due perizie, quella
“Cassi/Mazzoleni” e quella “Costantini”, avendo poi fondato
il giudizio di congruità del prezzo sulla seconda, ritenuta
più attendibile proprio in ragione della sua predisposizione
in epoca quasi contemporanea alla compravendita, là dove
l’argomento relativo all’incidenza del contratto di affitto
era solo ad abundantiam, al fine di assicurare la congruità
del prezzo della vendita, tanto da non rendere necessario il
calcolo della riduzione nel dettaglio e, dunque, anche in
relazione alla perizia della parte attrice datata giugno
1993. Sarebbe, quindi, viziata la motivazione della sentenza
del 2010 per aver ritenuto che, “indipendentemente dalla
stima del geom. Costantini, inutilizzabile a seguito
dell’errore di datazione, la sentenza avesse comunque
individuato elementi per poter stabilire il valore del bene,
senza tenere conto che, non potendo utilizzare neppure la
c.t.u., giudicata come fondata su presupposti erronei,
l’unico elemento che rimaneva era la consulenza di parte
Cassi”.
3. – Il motivo è fondato.
3.1. – Correttamente il giudice del gravame ha ritenuto,
nella fattispecie, sussistente un errore di fatto
suscettibile di impugnazione per revocazione ai sensi
dell’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., essendo
stato frutto di un travisamento del fatto, incontroverso ed
incontrovertibile, l’affermazione, in contrasto con quanto
9

attendibile”. Il giudice della revocazione non avrebbe,

emergeva pianamente dagli atti acquisiti, della data della
perizia “Costantini” (15 giugno 1991 in luogo del 15 giugno
1987), che si è risolto in una errata percezione da parte del
giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo
ragionamento (tra le altre, Cass., 9 agosto 2002, n. 12087).
3.2. – Tuttavia, la Corte territoriale, pur non mettendo
in dubbio l’esistenza di un errore di fatto da parte del

fondato la propria decisione non soltanto sulla perizia
“Costantini”, ma abbia svolto “un ragionamento più
articolato” da far ritenere l'”errore di fatto commesso non
essenziale e non decisivo”. Ciò in ragione – soggiunge la
Corte di appello nella sentenza di revocazione – di un più
ampio esame delle risultanze istruttorie che muove dalla
considerazione della perizia “Cassi/Mezzoleni”, del giugno
1993, che presentava «una sproporzione del prezzo nella
misura del 30-40% rispetto al valore del bene, determinato
nella misura di lire 1.650.000.000, “anche in relazione al
maggio 1990″». VI sarebbe stata, poi, una comparazione tra
quest’ultima perizia e quella “Costantini” così da esprimere
“una valutazione di maggiore attendibilità della seconda che aveva indicato il valore in complessive lire 957.804.800
avuto riguardo proprio all’errore di datazione”.
Successivamente – osserva sempre la Corte investita della
revocazione – la Corte meneghina ha aggiunto “considerazioni
decisive ed indipendenti per suffragare la conclusione di
congruità del prezzo”, affermando che “entrambe le due
perizie non tengono conto del fatto che l’immobile risultava
gravato da un contratto di affitto”, che ne riduceva il
valore del 30-40%, là dove, inoltre, la consulenza d’ufficio
espletata in primo grado “non poteva essere considerata
perché fondata su presupposti erronei, precisamente elencati
e valutati”.
3.3. – La motivazione addotta dalla Corte di appello
risulta, però, inficiata da vizi logici e giuridici nella
10

giudice della sentenza revocanda, sostiene che esso abbia

delibazione, ad essa riservata (Cass., 29 novembre 2006, n.
25376), del carattere della decisività del pur riconosciuto
errore di fatto commesso dal giudice della sentenza
revocanda. Decisività che, alla stregua dell’orientamento
stabile espresso da questa Corte, è da apprezzare allorquando
la decisione sia effetto del preteso errore di fatto e cioè
unicamente nell’ipotesi in cui il fatto che si assume erroneo

l’imprescindibile, oltre che esclusiva, premessa logica di
tale decisione, sicché tra il fatto erroneamente percepito, o
non percepito, e la statuizione adottata intercorra un nesso
di necessità logica e giuridica tale da determinare, in
ipotesi di percezione corretta, una decisione diversa (Cass.,
sez. un., 23 gennaio 2009, n. 1666).
3.4. – Invero, posto che lo stesso giudice della
revocazione assume che le perizie diverse da quella
“Costantini” non sarebbero state prese in considerazione
dalla sentenza oggetto di revocazione perché non attendibili,
mentre quella “Costantini” era stata individuata come stima
attendibile del valore della compravendita proprio in ragione
dell’errore di retrodatazione e cioè del fatto che si sarebbe
trattato di stima effettuata in epoca (giugno 1991) quasi
concomitante con la compravendita (aprile 1990), rimane non
logicamente supportata l’affermazione per cui la sentenza
revocanda avrebbe aggiunto “considerazioni decisive ed
indipendenti per suffragare la conclusione di congruità del
prezzo”. Difatti, non appare “decisiva ed indipendente” né la
considerazione su una possibile incidenza del 30-40% del
contratto di affitto sul valore dell’immobile, giacché tale
incidenza riguardava gli esiti di tutte le perizie
scrutinate; né la considerazione per cui la c.t.u. di primo
grado fosse “fondata su presupposti erronei”, posto che ciò
ne confermava l’inattendibilità.
Sicché, non spiega affatto il giudice della revocazione
come in assenza dell’errore di fatto commesso dalla sentenza
11

costituisca il suo fondamento o rappresenti

revocanda – incidente sulla data della perizia che, proprio
in ragione dell’epoca di effettuazione erroneamente intesa,
ha costituito l’esclusivo parametro di congruità del valore
di mercato dell’immobile oggetto di compravendita – le
ulteriori considerazioni alle quali si riferisce la sentenza
di revocazione abbiano potuto, di per sé, in quanto “decisive
ed indipendenti”, orientare diversamente la decisione

dell’incidenza del contratto di affitto) ovvero volte a far
risaltare l’inattendibilità delle altre perizie, come tali,
dunque, non utili per l’individuazione della congruità del
prezzo della vendita in questione.
In definitiva, è viziata la conclusione alla quale è
giunto il giudice della revocazione nel considerare che la
decisione gravata fosse assistita da ulteriori ed
indipendenti ragioni giustificative, tali da rendere la
statuizione assunta stabile malgrado il venire meno
dell’argomento relativo alla attendibilità della perizia
“Costantini” (e cioè il fatto che tale perizia fosse stata
effettuata in quasi concomitanza con la compravendita), posto
che, una volta escluso che il prezzo della vendita potesse
rapportarsi congruamente alla stima “Costantini” – giacché
effettuata tre anni prima della vendita stessa e non già in
un momento ad essa quasi concomitante, così da renderla di
“maggiore attendibilità” – non viene messo in risalto alcun
altro elemento da cui trarre il parametro di congruità del
prezzo della compravendita e poter così giungere alla
adottata decisione della controversia, che proprio su tale
essenziale e decisivo punto (per l’appunto, la congruità del
valore di mercato del bene compravenduto, desunto unicamente
dalla perizia “Costantini” in ragione della sua maggiore
attendibilità in esclusivo riferimento alla data di
redazione, però erroneamente intesa) si era incentrata al
fine di escludere la sussistenza del presupposto per
l’annullamento della compravendita ai sensi dell’art. 1394
12

assunta, posto che esse erano o neutre (come il rilievo

c.c. e cioè per conflitto di interessi tra il rappresentante
Locicero ed il rappresentato Cassi.
4. – Il ricorso avverso la sentenza della Corte di
appello di Milano resa, in sede di giudizio di revocazione,
il 14 maggio 2010 va, quindi, accolto, con assorbimento del
ricorso avverso la sentenza, oggetto di revocazione, della
stessa Corte di appello di Milano dell’8 aprile 2008.

2010 e rinviata la causa alla Corte di appello di Milano, in
diversa composizione, che, in sede di revocazione, dovrà
delibare nuovamente il punto sulla decisività ed essenzialità
dell’errore di fatto, tenuto conto di quanto messo in rilievo
al § 3.4. che precede. Il giudice del rinvio provvederà anche
alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
accoglie il ricorso avverso la sentenza della Corte di
appello di Milano resa, in sede di giudizio di revocazione,
il 14 maggio 2010 e dichiara assorbito il ricorso avverso la
sentenza della Corte di appello di Milano dell’8 aprile 2008;
cassa la predetta sentenza del 14 maggio 2010 e rinvia
la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa
composizione, anche per la regolamentazione delle spese del
presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 8 gennaio 2014.

Deve, dunque, essere cassata l’impugnata sentenza del

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