Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4263 del 22/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 22/02/2011, (ud. 16/11/2010, dep. 22/02/2011), n.4263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1394/2007 proposto da:

I.P.O.S.T. S.P.A. – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE

COMMISSARIALE FONDO BUONUSCITA POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PASUBIO 15, presso lo studio dell’avvocato BUZZELLI DARIO, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7553/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 31/12/2005 r.g.n. 2743/01;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/11/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO LAMORGESE;

udito l’Avvocato BUZZELLI DARIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Napoli con sentenza depositata il 31 dicembre 2005 ha confermato la decisione di primo grado, di rigetto dell’opposizione proposta dall’IPOST avverso il decreto con il quale era stato ingiunto ad esso istituto il pagamento, in favore di C.A., ex dipendente dell’Ente Poste Italiane, collocato in pensione il 1 aprile 1998, degli interessi legali per il ritardato pagamento dell’indennità di buonuscita eseguito solo il 30 novembre 1998.

Nel disattendere l’impugnazione dell’IPOST – Gestione Commissariale Fondo Buonuscita per i lavoratori della società Poste Italiane, il giudice del gravame, dopo avere richiamato la disciplina che, in tema di liquidazione ed erogazione della buonuscita dei dipendenti postali, si è succeduta a far tempo dal 1993, a seguito della trasformazione dell’Amministrazione PP.TT. in Ente Poste Italiane e poi in società per azioni, ha affermato che dal 1 gennaio 1998, dopo che la buonuscita è stata tramutata in trattamento di fine rapporto a norma della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 53, comma 6, trova applicazione l’art. 2120 cod. civ.. Poichè il C. era stato collocato in pensione dopo il 1 gennaio 1998, ha concluso che il diritto agli interessi è sorto con la cessazione del rapporto di lavoro, anteriormente quindi a quanto sostenuto dall’appellante con il richiamo ai termini fissati dal D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 3 Di questa pronuncia il predetto istituto ha richiesto la cassazione, con ricorso basato su un motivo.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 3 (convertito con modificazioni nella L. 28 maggio 1997, n. 140), con riferimento alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 53, comma 6. Dopo una breve ricognizione degli interventi legislativi che hanno interessato l’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni a far tempo dal 1993, ha fatto riferimento alla disciplina dettata dalla citata L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6, secondo cui al personale dipendente di essa società Poste Italiane spetta il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ., e, per il periodo antecedente alla data di trasformazione dell’Ente Poste Italiane in società per azioni (28 febbraio 1998), la buonuscita maturata, calcolata secondo la normativa vigente prima di tale data. Pertanto, ai dipendenti collocati in pensione prima del 28 febbraio 1998 è applicabile in via esclusiva la disciplina stabilita per il personale statale, vale a dire quella espressa nel D.P.R. n. 1032 del 1973, invece per coloro che cessino dal servizio successivamente, si prospetta, per espressa previsione di legge, una duplicità di regime, rilevando per il calcolo fino al 28 febbraio 1998 l’indennità di buonuscita ai sensi del D.P.R., ora citato, mentre per il periodo successivo l’anzianità di servizio andrà ad incidere sul calcolo del trattamento di fine rapporto, secondo la disciplina privatistica dettata dall’art. 2120 cod. civ.. Dovendosi applicare per il periodo antecedente le disposizioni che regolano l’indennità di buonuscita, si deve fare riferimento anche all’art. 3 del denunciato D.L. n. 79 del 1997.

Il ricorso è fondato.

Il richiamato D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 3, convertito con modificazioni in L. 28 maggio 1997, n. 140, per la parte che qui interessa, e cioè dal comma 2 al comma 5 (il primo, infatti, riguarda il trattamento di liquidazione della pensione, e l’ultimo la possibilità per i dipendenti di revocare entro un determinato lasso di tempo la domanda di cessazione dal servizio che avessero presentato), dispone quanto segue:

“Alla liquidazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, per i dipendenti di cui al comma 1, loro superstiti o aventi causa, che ne hanno titolo, l’ente erogatore provvede decorsi sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Alla corresponsione agli aventi diritto l’ente provvede entro i successivi tre mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi”.

“Per i dipendenti di cui al comma 1 cessati dal servizio dal 29 marzo al 30 giugno 1997 e loro superstiti o aventi causa, il trattamento di fine servizio è corrisposto a decorrere dal 1 gennaio 1998 e comunque non oltre tre mesi da tale data, decorsi i quali sono dovuti gli interessi”.

“Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle analoghe prestazioni erogate dall’Istituto postelegrafonici, nonchè a quelle relative al personale comunque iscritto alle gestioni dell’Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica”.

“Le disposizioni di cui al presente articolo non trovano applicazione nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d’ufficio a causa del raggiungimento dell’anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell’amministrazione, per inabilità derivante o meno da causa di servizio, nonchè per decesso del dipendente. Nei predetti casi l’amministrazione competente è tenuta a trasmettere, entro quindici giorni dalla cessazione dal servizio, la necessaria documentazione all’ente previdenziale che dovrà corrispondere il trattamento di fine servizio nei tre mesi successivi alla ricezione della documentazione medesima, decorsi i quali sono dovuti gli interessi”.

E proprio in base alla specifica disposizione del suddetto comma 4, la giurisprudenza della Corte ha affermato che all’indennità di buonuscita dei dipendenti postali corrisposta dall’IOST fino alla soppressione della relativa gestione separata (avvenuta in base alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 53, comma 6, a decorrere dal primo gennaio del secondo anno successivo alla trasformazione in società per azioni dell’Ente Poste Italiane, e quindi a partire dal 1 gennaio 2000) si applica il termine dilatorio per il pagamento dell’indennità stessa previsto in tre mesi e quindici giorni, introdotto per la liquidazione dei trattamenti di fine servizio (in precedenza, novanta giorni secondo la disposizione della L. 20 marzo 1980, n. 75, art. 7), con la conseguenza che fino allo spirare del termine non è configurabile la mora debendi dell’Istituto, ancorchè il credito del dipendente cessato dal servizio sia ormai sorto (Cass. 6 agosto 2009 n. 17987, Cass. 23 febbraio 2009 n. 4366, Cass. 16 febbraio 2009 n. 3708). Si è inoltre precisato, che, anche con riferimento all’ipotesi di fattispecie concernente dipendente cessato dal servizio in epoca successiva al 28 febbraio 1998, la norma continua a trovare applicazione essendo l’IPOST debitore designato dalla legge, dovendosene invece escludere l’applicabilità dalla data in cui, con la soppressione della relativa gestione separata (intervenuta con decorrenza dal 1 gennaio del secondo anno successivo alla trasformazione dell’Ente Poste Italiane in società per azioni, prevista dalla Delib. CIPE 18 dicembre 1997), è venuta meno la piena corrispondenza di tale indennità con l’indennità di buonuscita spettante in passato ai pubblici dipendenti (cfr. la già citata Cass. 16 febbraio 2009 n. 3708).

La sentenza impugnata ha deciso in modo difforme, osservando che per la trasformazione dell’indennità di buonuscita in trattamento di fine rapporto a partire dal 1 gennaio 1998 si deve fare applicazione dell’art. 2120 cod. civ., senza considerare che tenuto all’erogazione della prestazione (in parte indennità di buonuscita e in parte trattamento di fine rapporto) è rimasto sino al 1 gennaio 2000 IPOST e che quindi sino a tale data si doveva tener conto del termine dilatorio previsto dal citato D.L. n. 79 del 1997, art. 3.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla stessa Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che nel procedere a nuovo esame della controversia, farà applicazione dei principi innanzi esposti, previo accertamento circa la causa di cessazione del servizio del C., e in particolare se essa sia avvenuta per raggiungimento del limiti di età, come riferito dalla sentenza qui impugnata (v. inizio della terza pagina) laddove ha richiamato la constatazione fatta dal giudice di primo grado sulla base della documentazione allegata in atti.

Il giudice del rinvio provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2011

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