Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4257 del 18/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/02/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 18/02/2021), n.4257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31637-2018 proposto da:

(OMISSIS) SRL, in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato VINCENZO MARADEI;

– ricorrente –

contro

CREDITO COOPERATIVO MEDIOCRATI – SOCIETA’ COOPERATIVA PER AZIONI, e

per essa la BCC GESTIONE CREDITI – SOCIETA’ PER LA GESTIONE DEI

CREDITI SPA, in persona del procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELL’ORSO 74, presso lo studio

dell’avvocato SALVATORE PERUGINI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1663/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 26/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di Cosenza, in data (OMISSIS), dichiarava il fallimento di (OMISSIS) s.r.l..

2. – La pronuncia veniva reclamata dalla società fallita e la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 26 settembre 2018, rigettava l’impugnazione. Per quanto qui interessa, il giudice del reclamo, prendendo in considerazione i requisiti di fallibilità previsti dalla L. Fall., art. 1, comma 2, rilevava come l’ammontare dei debiti anche non scaduti risultava superiore alla soglia di Euro 500.000,00; osservava che nell’esposizione debitoria risultante dagli ultimi tre bilanci non era ricompreso il debito di Euro 321.464,19 per il quale la banca istante, Credito Cooperativo Mediocrati società cooperativa per azioni, aveva intimato in data 22 maggio 2015 precetto. Ne ricavava che, da un lato i bilanci della reclamante risultavano essere non attendibili, mancando di dare conto dei debiti della società nei confronti delle banche e che, dall’altro, la sommatoria dei debiti esposti in bilancio con quello oggetto del precetto portava, comunque, al superamento della soglia di fallibilità.

3. – La sentenza è impugnata per cassazione da (OMISSIS) con un ricorso articolato in due motivi. Resiste con controricorso la banca Credito Cooperativo Mediocrati. Sono state depositate memorie.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo viene denunciata l’erronea valutazione dei bilanci prodotti e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. La sentenza impugnata è censurata con riferimento al ritenuto superamento della soglia di fallibilità, avendo riguardo al limite fissato all’ammontare dei debiti. Viene imputato al giudice del reclamo di aver operato “una sommatoria tra i debiti risultanti dai bilanci della società e il debito azionato dalla banca creditrice con atto di precetto del maggio 2015, ritenendo che tale debito azionato non fosse ricompreso tra le voci di debito oggetto di bilancio, trattandosi di debito ulteriore”; si assume, in proposito, che il precetto di pagamento non poteva che riferirsi a un debito già oggetto di esposizione in bilancio e che quest’ultimo costituiva l’unico documento che dovesse essere preso in esame ai fini della verifica circa la sussistenza dei presupposti di fallibilità.

Il secondo mezzo oppone la violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 1. Viene rilevato che la base documentale imprescindibile per la valutazione alla fallibilità è costituita dai “dati rinvenibili nei bilanci degli ultimi tre esercizi” e che la Corte di appello aveva errato nell’utilizzare, ai fini della valutazione in questione, “dati non strettamente connessi al bilancio o, comunque, andando oltre tale documento contabile, per comparare i dati in esso riportati con il contenuto degli atti giudiziari che hanno scandito la procedura esecutiva a carico della società fallita”.

2. – I due motivi, che possono scrutinarsi insieme, non meritano accoglimento.

Nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, la L. Fall., art. 1, comma 2, nel testo modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, pone a carico del debitore l’onere di provare di essere esente da fallimento, così gravandolo della dimostrazione del non superamento congiunto dei parametri ivi prescritti (Cass. 29 marzo 2019, n. 8965; Cass. 4 dicembre 2015, n. 24721; nel senso che l’onere della prova del mancato superamento dei limiti di fallibilità previsti dalla L. Fall., art. 1, comma 2, nella formulazione derivante dal D.Lgs. n. 5 del 2006, gravava sul debitore anche prima delle ulteriori modifiche apportate dal D.Lgs. n. 169 del 2007: Cass. 15 gennaio 2016, n. 625).

I bilanci, poi, costituiscono strumento di prova privilegiato dell’allegazione della non fallibilità, in quanto idonei a chiarire la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa, senza assurgere però a prova legale, essendo soggetti alla valutazione, da parte del giudice, dell’attendibilità dei dati contabili in essi contenuti secondo il suo prudente apprezzamento ex art. 116 c.p.c., sicchè, se reputati motivatamente inattendibili, l’imprenditore rimane onerato della prova della sussistenza dei requisiti della non fallibilità (Cass. 23 novembre 2018, n. 30516; Cass. 1 dicembre 2016, n. 24548). In mancanza dei detti bilanci il debitore può infatti dimostrare la sua non fallibilità con strumenti probatori alternativi (Cass. 27 settembre 2019, n. 24138; sempre nel senso che ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità sono ammissibili strumenti probatori alternativi al deposito dei bilanci degli ultimi tre esercizi: Cass. 26 novembre 2018, n. 30541; cfr. pure Cass. 12 gennaio 2017, n. 601 e Cass. 2 dicembre 2011, n. 25870, secondo cui nel verificare la sussistenza del requisito della fallibilità posto dalla L. Fall., art. 1, comma 2, lett. c), è prioritario il dato ricavabile dalle scritture contabili, pur dovendosi tenere in considerazione altri elementi dai quali risulti l’esistenza di debiti ulteriori, anche qualora essi siano in parte contestati, essendo i medesimi comunque rilevanti quale dato dimensionale dell’impresa).

Ora, la Corte di merito, sulla scorta di un giudizio argomentato, basato – come si è visto – sulla mancata iscrizione in bilancio della partita debitoria di Euro 321.464,19, per cui era stato intimato precetto da parte della banca istante, ha ritenuto che i bilanci prodotti non fossero attendibili. Tale giudizio non è sindacabile nella presente sede: esso inerisce ad elementi fattuali, nè la ricorrente, nel formulare la censura di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, ha indicato il “fatto storico”, primario o secondario, il cui esame è stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (come indicato da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053 e da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054). Tanto meno può sostenersi che il provvedimento impugnato sia affetto da alcuno di quei radicali vizi motivazionali che possono farsi oggi valere col ricorso per cassazione (mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, “motivazione apparente”, “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”: cfr. Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053 cit. e Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054, cit.).

Ciò detto, non solo parte ricorrente ha mancato di fornire al giudice del merito prove ulteriori che consentissero di comprovare il mancato superamento delle soglie di fallibilità (giacchè, come si è visto, allo scopo non potevano reputarsi idonei i bilanci, reputati inattendibili quanto all’esposizione di tutti i debiti maturati), ma la Corte di appello, attraverso la valorizzazione della documentata esistenza dell’esposizione di cui si è detto (valorizzazione che discende da un accertamento pure non censurabile avanti al giudice di legittimità, per le ragioni sopra esposte) ha tratto addirittura il positivo riscontro del contrario: e cioè del fatto che i debiti sociali della fallita eccedevano il limite di Euro 500.000,00.

La sentenza impugnata si sottrae, perciò, alle proposte censure.

3. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 Sezione Civile, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2021

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