Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4255 del 10/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 10/02/2022, (ud. 19/01/2022, dep. 10/02/2022), n.4255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

S.V., elettivamente domiciliato in Roma, al Viale di Villa

Grazioli n. 29 presso lo studio dell’Avv. Massimo Zaccheo dal quale

e’ rappresentata e difesa, unitamente e disgiuntamente all’avv.

Giovanni Cambria giusta procura in calce del ricorso;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma Via Dei Portoghesi 12;

– intimata –

avverso la sentenza n. 40/27/16 emessa dalla CTR Sicilia e depositata

l’11.1.2016 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del

19/01/2022 dal Consigliere Dott. ssa. Milena Balsamo;

Udito il PG che ha concluso per il rigetto del primo motivo,

l’inammissibilità del secondo e del terso, assorbito il quarto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.V. acquistava con permuta per atto per notar P. di Messina, con rogito del (OMISSIS), il piano seminterrato di una unità abitativa composta da soggiorno, due vani e accessori, mentre il coniuge(in separazione dei beni) acquistava gli altri due livelli del fabbricato ubicato nel villaggio Ganzirri del Comune di Messina, facente parte del complesso residenziale denominato “(OMISSIS)” per il prezzo di Euro 1.000.000,00 chiedendo l’applicazione delle imposte con aliquota agevolata.

L’Agenzia delle Entrate, con avviso di liquidazione d’imposta ed irrogazione di sanzioni, accertava, in capo alla S., la decadenza dalle agevolazioni per l’acquisto della prima casa, previste dal D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, parte prima allegata, art. 1, avendone la contribuente indebitamente usufruito in quanto l’immobile compravenduto doveva essere considerato di lusso, avendo una superficie utile superiore a 240 mq.; pertanto, l’ufficio ne disponeva il recupero nei confronti delle parti, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, in quanto solidalmente responsabili.

Avverso l’avviso di recupero d’imposta la contribuente proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Messina, la quale, accoglieva il ricorso con sentenza appellata dalla soccombente Agenzia delle Entrate davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.

La C.T.R. riformava la gravata decisione, sul rilievo che l’immobile era costituito da due elevazioni fuori terra, sottotetto, collegati tra loro da un ascensore interno e da un piano seminterrato che costituisce un unicum con il resto della villa dotata di diversi depositi per attrezzi (con altezza di mt. 3,30) e di una piscina; che dalla planimetria catastale risulta una superficie di mt 350 e che l’immobile era ubicato in area destinata alla realizzazione di ville.

Aggiungeva che la stessa classificazione in A/7 della villa legittimava la revoca dell’agevolazione e che la perizia di parte confermava i dati contrattuali senza tuttavia offrire il computo della superficie utile da determinarsi secondo il D.M. 2 agosto 1969 al quale si era richiamata l’Agenzia, in quanto era pervenuta ad una superficie di 191 mq, quando nel contratto erano indicati 15,50 vani catastali, che, considerato una superficie media di 19 mq, superano i 290 mq. Riteneva, inoltre, che il computo operato dal tecnico fosse errato, in quanto non doveva valutarsi ai fini della superficie utile complessiva il requisito dell’abitabilità dell’immobile, bensì quello della utilizzabilità degli ambienti, indipendentemente dalla abitabilità; e poiché il piano seminterrato risulta costituito ampio soggiorno, due camere e 3 wc esso presenta il requisito della utilizzabilità, ragion per cui va computato nella superficie utile complessiva.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente con tre motivi.

L’Ufficio non ha svolto attività difensiva.

Il P.G. che ha concluso per il rigetto del primo motivo, l’inammissibilità del secondo e del terzo, assorbito il quarto.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione di legge, in relazione al D.M. 2 agosto 1969, artt. 1 e 6 del D.P.R. n. 633 del 1972, parte II allegata, tabelle A, artt. 21, 28 e 29, nella versione ratione temporis vigente, e del D.P.R. n. 131 del 1986, nota II bis della tariffa, parte prima allegata, anche in relazione all’art. 860 c.c.; con riferimento al seminterrato non avente le caratteristiche dell’abitazione di lusso, in relazione a fatti e documenti non contestati (perizia di parte) ex art. 115 c.p.c., censurando la sentenza nella parte in cui sono state recepite acriticamente le risultanze dell’accertamento dell’Agenzia.

Nella illustrazione del motivo così rubricato, la ricorrente reitera tutte le difese già svolte nel giudizio di merito, sostenendo in primo luogo che la categoria catastale dell’immobile non è un indice normativo per l’individuazione delle abitazioni di lusso, per poi affermare che la CTR ha travisato il significato della planimetria catastale e della perizia di parte, atteso che il piano seminterrato non era collegato da scale o ascensore con i piani sovrastanti; – che ai fini della superficie utile, il giudicante avrebbe dovuto considerare solo i locali con altezza pari o superiore a mt 2,70 e che le loro caratteristiche igienico-sanitarie(collocazione finestre, porte) rendono l’immobile inidoneo ad uso abitativo; – che la certificazione catastale indica erroneamente una superficie di mq 370(ridotta dai giudici di appello a 290 mq), mentre il perito ha indicato una superficie di soli 236 mq; – che poiché il piano è per metà interrato, si sarebbe dovuti pervenire ad una superficie di mq 185(370:2); – che il giudice avrebbe dovuto escludere dall’area da considerare non solo la parte interrata ma anche i locali destinati a intercapedine, lavanderia, ripostiglio, deposito, alloggio impianti poiché privi di potenzialità abitativa; – che la planimetria indica solo l’altezza massima di 2,70 del soggiorno e non di mt 3,30 come indicato in sentenza, mentre gli altri locali non superano l’altezza di mq 2,40; – che, inoltre erroneamente la CTR ha operato un riferimento alla planimetria presso il Comune allorquando l’unica era quella allagata al contratto di permuta che non contempla alcuna indicazione di superficie, mentre quella prodotta dall’Agenzia conterrebbe una erroneo computo della superfice del seminterrato; -che nei 15 vani catastali sono compresi anche i locali tecnici e accessori; – che la certificazione prodotta dall’Agenzia è errata in quanto in contrasto con l’atto notarile di permuta e la relativa planimetria e anche per il riferimento ad altra contrada di ubicazione dell’immobile; – che la perizia di parte non è stata oggetto di contestazione da parte dell’agenzia, con la conseguenza che le risultanze della consulenza era divenute incontestabili ex art. 115 c.p.c., anche per quella parte in cui si fa riferimento alla classificazione dell’area all’epoca della edificazione del cespite nonché all’assenza di terrapieno, alle caratteristiche igienico-sanitarie, ai requisiti di abitabilità.

3. Con la seconda censura si lamenta l’omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5), di fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione in ordine alla superficie utile dell’immobile accertata in corso di causa in mq 236 come da perizia di parte, mai contestata dall’Agenzia, con conseguenziale effetti probatori ex art. 115 c.p.c.: per avere la Regionale omesso di prendere in considerazione la perizia tecnica di parte sulla superficie utile, reiterando le allegazioni difensive esposte con la prima doglianza.

4. Il terzo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio con riferimento alla illegittima revoca del c.t.u. precedentemente nominato, in correlazione con vizio di motivazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., degli artt. 115 e 61c.p.c., nonché degli artt. 177, 134 e 192 c.p.c.; per avere il decidente revocato la precedente nomina del ctu incorrendo in error in procedendo e judicando che si tradurrebbero in motivazione illogica, incoerente e insufficiente, perché le motivazioni addotte, con riferimento all’esame degli atti presenti nel fascicolo, non giustificano la revoca; assumendo che al momento della revoca non vi erano documenti diversi o ulteriori rispetto a quelli presenti nel fascicolo all’epoca della nomina del consulente.

5. Con l’ultimo motivo si lamenta l’omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5), di fatto decisivo per il giudizio concernente l’insussistenza della soccombenza della contribuente nonché violazione dell’art. 91 c.p.c. in ordine alle spese, sostenendo che alla luce delle censure proposte col ricorso per cassazione, la regionale avrebbe dovuto condannare l’Agenzia.

6. Osserva il Collegio che con riferimento alle caratteristiche oggettive dell’immobile ammesso a fruire dell’agevolazione “prima casa”, il legislatore ha dapprima introdotto un nuovo regime in tema d’imposta di registro, con il D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 10, comma 1, lett. a), sostituendo il D.P.R. n. 131 del 1986, Tariffa, parte prima allegata, art. 1, comma 2 e così fissando il superamento del criterio di individuazione dell’immobile di lusso ammesso, in quanto tale, al detto beneficio – sulla base dei parametri di cui al D.M. 2 agosto 1969, e ciò a far data dal 10 gennaio 2014. In forza della disciplina sopravvenuta, l’esclusione dalla agevolazione non dipende più dalla concreta tipologia del bene e dalle sue intrinseche caratteristiche qualitative e di superficie (individuate sulla base del suddetto D.M.), bensì dalla circostanza che la casa di abitazione oggetto di trasferimento sia iscritta in categoria catastale A/1, A/8 ovvero A/9 (rispettivamente: abitazioni di tipo signorile; abitazioni in ville; castelli e palazzi con pregi artistici o storici). Al fine di allineare allo stesso criterio dell’imposta di registro anche l’agevolazione “prima casa” attribuita con aliquota IVA ridotta, il legislatore è poi intervenuto con il D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 33, che, nel modificare il D.P.R. n. 633 del 1972, Tabella A, parte seconda allegata, n. 21, ha espressamente richiamato il medesimo “criterio catastale”, con il risultato che anche l’agevolazione IVA è esclusa (indipendentemente dalla sussistenza di tutti gli altri requisiti) per gli immobili rientranti in una delle suddette categorie, a far data (quanto all’IVA, appunto) dal 13.12.2014.

In forza della disposizione di diritto intertemporale contenuta nel D.Lgs. n. 23 cit., art. 10, comma 5, le abitazioni acquistate in epoca precedente il 10 gennaio 2014, come nella specie, non possono ottenere l’agevolazione, se sono di lusso ai sensi del D.M. del 1969 cit., art. 6, con il conseguente obbligo di corrispondere le imposte ordinarie.

Poiché il legislatore ha modificato i presupposti oggettivi di applicazione dei benefici “prima casa” variando i parametri di identificazione degli immobili agevolabili, ben potrebbe accadere che quello stesso immobile che non poteva fruire dei benefici, in quanto “di lusso” in base al D.M. n. 1969, possa invece oggi accedere alla tassazione di favore per effetto del regime sopravvenuto.

Nella vicenda che ne occupa, nel caso fosse confermata la sentenza impugnata, nella parte in cui accerta che la superficie dell’appartamento compravenduto era superiore alla metratura indicata dal D.M. per le abitazioni di lusso, sarebbe dovuto il tributo ma si porrebbe il problema dell’applicazione delle sanzioni e del principio del favor rei.

Con ordinanza interlocutoria, questa Corte (n. 30708/2021), sulla applicazione del principio del favor rei – introdotto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, in materia sanzionatoria tributaria – nel caso dell’abrogazione della norma istitutiva di un tributo a decorrere da una data, con conseguente permanenza dell’obbligo a carico del contribuente per il periodo anteriore, ha evidenziato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità sulla portata e l’ampiezza dell’accennata “abolitio criminis”, rimettendo la questione alle S.U. di questa Corte.

Appare, pertanto opportuno rinviare a nuovo ruolo, in attesa della decisione delle sezioni Unite sulla questione relativa all’applicabilità delle sanzioni e della rilevabilità di ufficio del principio del favor rei.

P.Q.M.

Rinvia a nuovo ruolo, in attesa della decisione delle S.U. della Corte.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione, il 19 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2022

 

 

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