Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4253 del 17/02/2017
Cassazione civile, sez. II, 17/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.17/02/2017), n. 4253
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21442/2012 proposto da:
V.E., (OMISSIS), Q.C. (OMISSIS),
QU.CR. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CONDOTTI 9,
presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA SCHETTINO, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORIANA ZANUTTIGH;
– ricorrenti –
contro
T.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30,
presso lo studio dell’avvocato ALFREDO BIAGINI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ROBERTO ZIANI;
– controricorrente –
e contro
B.M., Z.V.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1923/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 27/06/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
15/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;
udito l’Avvocato COCOZZA Antonio, con delega depositata in udienza
dell’Avvocato ZANUTTIGH Loriana, difensore dei ricorrenti che si
riporta agli atti;
udito l’Avvocato CORSINI Susanna, con delega depositata in udienza
dell’Avvocato ZIANI Roberto, difensore del resistente che si riporta
agli atti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il signor Q.F., comproprietario pro indiviso di un immobile in comune di (OMISSIS) e della corte al medesimo adiacente, censita in catasto al foglio (OMISSIS), particella (OMISSIS), convenne in giudizio davanti al Tribunale di Voghera la signora V.I., proprietaria di un fabbricato posto al confine di detta corte, dolendosi dell’apertura di una porta da costei realizzata su una parete del proprio fabbricato frontistante tale corte ed esercitando un’azione negatoria di servitù tendente a far dichiarare la corte stessa libera da pesi a favore della proprietà V..
La signora V. resistette alla domanda chiedendo, in via riconvenzionale, l’accertamento del suo diritto di comproprietà sulla corte in questione.
Il giudice istruttore, preso atto della domanda riconvenzionale della convenuta, dispose l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri comproprietari della corte; successivamente, tuttavia, lo stesso giudice revocò l’ordine di integrazione del contraddittorio, ritenendo non sussistente il litisconsorzio necessario in un primo momento ravvisato; quelli dei comproprietari della corte che, all’esito della chiamata in causa iussu iudicis, si erano frattanto costituiti in giudizio – signori B.M. e Z.V. riqualificarono il loro atto di costituzione in causa come atto di intervento volontario.
Il tribunale di Voghera rigettò l’azione negatoria di servitù proposta da Q.F., accolse la domanda riconvenzionale della convenuta V. e dichiarò che tanto costei, quanto gli intervenuti B. e Z., erano titolari di diritti di comproprietà sulla corte in questione.
La corte d’appello di Milano, adita da Q.F., ha confermato la sentenza di primo grado nel capo relativo all’accertamento del diritto di comproprietà della signora V. e la ha riformata nel capo relativo all’accertamento del diritto di comproprietà dei signori B. e Z..
Quanto alla domanda della signora V., la corte distrettuale ha ritenuto che, ai fini dell’accoglimento della sua domanda di accertamento della comproprietà della corte, costei non fosse gravata della probatio diabolica, in quanto, trattandosi di azione di accertamento e non di rivendica, sarebbe stato sufficiente provare il proprio diritto “con ogni mezzo, e quindi anche in via presuntiva”, cosicchè doveva ritenersi sufficiente il riferimento del primo giudice “alle mappe catastali, all’evidenza dei luoghi ed alle deposizioni testimoniali che fossero coerenti giustificate dei rilievi evidenziati dalla c.t.u.”. Quanto alle domande dei signori B. e Z., la corte distrettuale ha rilevato che nel loro atto intervento non era contenuta alcuna autonoma domanda di accertamento in loro favore della comproprietà della corte (essendosi essi limitati a chiedere l’assoluzione da ogni domanda eventualmente avanzata dalle altre parti nei oro confronti), cosicchè la statuizione con cui il tribunale aveva accertato i loro diritti di comproprietà sulla corte in questione risultava viziata di ultra petizione.
Avverso la sentenza della corte milanese gli eredi di Q.F. – Q.C. e Cr. ed V.E. hanno proposto ricorso per cassazione, con cinque motivi, contro T.S., erede di V.I., e nei confronti dei signori B. e Z..
La signora T. ha resistito con controricorso mentre i signori B. e Z. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 15.12.16, per la quale solo i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 342 e 352 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa omettendo di esaminare le censure specificamente mosse nell’atto di appello alla sentenza di primo grado e appiattendosi acriticamente sulla motivazione di tale sentenza. Il motivo è infondato perchè la corte dà analiticamente conto sia delle motivazioni del primo giudice (pagina 11-15) sia delle ragioni dell’appello (pagina 16-17); accoglie l’appello in relazione alla statuizione sulle posizioni B. e Z. e lo disattende in relazione alla posizione V. con una motivata adesione agli argomenti del primo giudice.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia il vizio di motivazione in cui la corte territoriale sarebbe incorso accogliendo l’appello del Q. e, tuttavia, rigettando la domanda da costui proposta nei confronti della V.. Il motivo va rigettato perchè non coglie il senso della decisione impugnata: l’appello del Q. è stato accolto in relazione alle posizioni B. e Z. ed è stato rigettato in relazione alla posizione V..
Con il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso – da trattare congiuntamente perchè il quarto e il quinto motivo sono sostanzialmente reiterativi del terzo si denuncia la violazione degli artt. 948, 949, 2697 e 2729 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione, in cui la corte d’appello sarebbe incorsa ritenendo che la signora V. avesse assolto l’onere probatorio su di lei gravante, ancorchè la stessa non avesse prodotto alcun titolo di provenienza dei propri asseriti diritti di comproprietà sulla corte in questione. Nel motivo di ricorso si argomenta che, contrariamente a quanto sostenuto in dalla corte d’appello, la signora V., non essendo nel compossesso della corte, doveva offrire la prova del vantato diritto di comproprietà sulla stessa assolvendo alla rigoroso onere probatorio imposto dall’art. 948 c.c..
Osserva al riguardo il Collegio che, secondo il fermo insegnamento di questa Corte, l’attore che proponga una domanda di accertamento della proprietà e non abbia il possesso della cosa oggetto del preteso diritto ha l’onere di offrire la stessa prova rigorosa richiesta per la rivendica (dimostrazione della titolarità del diritto mediante la prova di un acquisto a titolo originario, eventualmente risalendo al titolo originario dei propri danti causa, o quanto meno il possesso continuato del bene conforme al titolo, da parte del proprietario ed eventualmente dei suoi danti causa, protratto per il tempo necessario all’usucapione del bene) perchè egli esercita un’azione a contenuto petitorio, diretta al conseguimento di una pronuncia giudiziale utilizzabile per ottenere la consegna della cosa da parte di chi la possiede o la detiene. Al contrario è esonerato dall’onere della prova richiesta per la rivendicazione, dei vari trasferimenti della proprietà sino alla copertura del tempo sufficiente ad usucapire, l’attore che propone un’azione di accertamento della proprietà ed abbia il possesso della cosa oggetto del preteso diritto (anche se tale minore rigore probatorio rispetto all’azione di rivendicazione non esime dall’onere di allegare e provare il titolo del proprio acquisto) e ciò perchè tale azione tende non già alla modifica di uno stato di fatto, ma solo alla eliminazione di uno stato di incertezza circa la legittimità del potere di fatto sulla cosa di cui l’attore è già investito (in termini, sent. n. 7894/00; in senso conforme, cfr. sentt. nn. 12300/97, 3648/04, 7777/05, 30606/11).
Tanto premesso in diritto, la doglianza dei ricorrenti risulta fondata alla luce del principio che chi esperisce un’azione di accertamento di proprietà di una cosa, pur non soggiacendo, quando ne abbia il possesso, al rigore probatorio di cui all’art. 948 c.c., è, tuttavia, comunque onerato della dimostrazione del proprio titolo di acquisto.
La corte territoriale ha dunque errato nel ritenere che, ai fini dell’accertamento del diritto (con)dominicale della sig.ra V.I. sull’area cortiliva per cui è causa fosse sufficiente il riferimento alle mappe catastali, all’evidenza dei luoghi ed a deposizioni testimoniali coerenti e giustificate dei rilievi evidenziati dalla c.t.u..
In definitiva vanno rigettati i primi due motivi di ricorso e accolti il terzo, il quarto ed il quinto; la sentenza gravata va conseguentemente cassata con rinvio alla corte d’appello di Milano.
PQM
La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso e accoglie il terzo, il quarto ed il quinto; cassa la sentenza gravata e rinvia alla corte d’appello di Milano, altra sezione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2017