Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4252 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. I, 19/02/2020, (ud. 02/10/2019, dep. 19/02/2020), n.4252

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 6447/2015 proposto da:

COMUNE DI MARGHERITA DI SAVOIA, in persona del Sindaco in carica,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Filippo Nicolai, 16 presso lo

studio dell’avvocato Massimiliano Carbone e rappresentato e difeso

dall’avvocato Tommaso Pio Lamonaca per Delib. Giunta n. 19 del 2015

e procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.F., + ALTRI OMESSI, rappresentati e difesi

dall’avvocato Gaetano Distaso giusta procura in calce al

controricorso;

-controricorrenti-

R.L., quale erede di D.S.B., elettivamente

domiciliata in Roma, Via Carlo Conti Rossini n. 26, presso lo studio

dell’avvocato Paolo D’Urbano, che la rappresenta e difende, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e sul ricorso successivo:

DI.Ru., nella qualità di procuratore generale di

Di.An., elettivamente domiciliato in Roma, Via Tagliamento n. 14,

presso lo studio dell’avvocato Carlo Maria Barone, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Anselmo Barone, giusta

procura a margine del ricorso successivo;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MARGHERITA DI SAVOIA, in persona del sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Filippo Nicolai n. 16, presso

lo studio dell’avvocato Massimiliano Carbone, rappresentato e difeso

dall’avvocato Tommaso Pio Lamonaca, giusta procura a margine del

controricorso successivo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2021/2014 della Corte di appello di Bari,

depositata il 11/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/10/2019 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.B., + ALTRI OMESSI, in qualità di comproprietari di diverse aree poste nell’abitato del Comune di Margherita di Savoia, nel loro complesso aventi un’estensione di 2.108 mq, convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Foggia, il Comune di Margherita di Savoia chiedendone la condanna al risarcimento dei danni sofferti per la perdita del proprio terreno, illecitamente occupato dall’ente territoriale per la realizzazione della rete viaria, in assenza di decreto di esproprio.

Dopo l’espletamento della c.t.u. ed all’esito di disposti chiarimenti, nella costituzione tardiva dell’amministrazione convenuta e previo stralcio della documentazione da quest’ultima offerta, il Tribunale con sentenza n. 1085 del 2009 condannava il Comune di Margherita di Savoia al risarcimento nella complessiva somma di Euro 395.526,12 per il danno da accessione invertita e di Euro 142.270,60 per l’indennità di occupazione, in ragione del valore venale dell’area.

Il giudice di primo grado riteneva intervenuta: per una parte dei terreni, pari a mq 1346, una occupazione appropriativa in ragione dell’emissione degli atti primari della procedura espropriativa non conclusi con l’emissione del decreto di esproprio, con conseguente trasferimento della titolarità al Comune espropriante nell’intervenuto perfezionamento dell’illecito; per altra parte, invece, pari a mq 762, una occupazione usurpativa, in difetto di dichiarazione di pubblica utilità.

La Corte di appello di Bari con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal Comune ed in riforma della sentenza impugnata, nella ritenuta prescrizione del credito azionato, rigettava la domanda proposta da Di.An., che condannava a restituire al Comune quanto ottenuto in forza della sentenza di primo grado a titolo di risarcimento del danno pari ad Euro 334.543,54, somma comprensiva di interessi e rivalutazione, e, per quanto di interesse, confermava nel resto la sentenza impugnata.

Ricorre per la cassazione della sentenza di appello il Comune di Margherita di Savoia con due motivi a cui resistono i soggetti in epigrafe indicati tutti con controricorso illustrato da memoria, fuorchè R.L. che ha depositato il solo controricorso.

Con distinto ricorso illustrato da memoria, Di.Pa.Ru. impugna l’indicata sentenza con tre motivi cui resiste con controricorso il Comune di Margherita di Savoia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso del Comune di Margherita di Savoia.

1. Con unico articolato motivo, il ricorrente Comune di Margherita di Savoia deduce la violazione e falsa applicazione di legge sostanziale e processuale e insufficiente, erronea e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia (artt. 61,191,194,196 c.p.c.; artt. 834 e 2697 c.c.; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5), per avere la Corte di appello ritenuto tardiva la produzione documentale necessaria alla determinazione dei danni invocati dagli attori in primo grado e provocati dall’illecita occupazione di taluni terreni in loro proprietà.

1.1. La Corte di appello aveva rigettato l’impugnativa del Comune, con riferimento al metodo analitico-ricostruttivo invece di quello metodo sintetico-comparativo applicato dal c.t.u., ritenendo non contestato il provvedimento ordinatorio con il quale il giudice di primo grado aveva espunto tutta la documentazione esibita dall’Amministrazione che, comunque, non avrebbe potuto produrla in appello.

I documenti versati in atti dal Comune invece non avrebbero potuto qualificarsi come tardivi in quanto erano diretti ad inficiare le risultanze fattuali della svolta c.t.u. e la dedotta evidenza che sul criterio di calcolo non si forma nessun giudicato avrebbe, in ogni caso, sostenuto la tesi dell’ente territoriale.

Il c.t.u. aveva prescelto il metodo analitico-ricostruttivo nella impossibilità di applicare il metodo sintetico-comparativo perchè gli atti notarili da lui rinvenuti si riferivano a beni disomogenei là dove, invece, la documentazione offerta dall’amministrazione, e comunque acquisibile dal nominato tecnico presso gli uffici comunali, ricomprendendo transazioni aventi ad oggetto beni confinanti con quelli ablati e destinati sempre alla viabilità, avrebbe consentito di fare applicazione del metodo sintetico.

1.2. Quanto all’estensione delle aree ablate si sarebbe trattato di documentazione acquisibile dal c.t.u. che erroneamente non l’aveva tenuta in conto, apprezzandola come afferente ad immobili disomogenei rispetto a quelli da valutare; il c.t.u. aveva erroneamente considerato tutte le aree ablate edificabili e di estensione superiore a quella effettivamente occupata.

Le aree degli attori erano invece inserite nel Comparto edificatorio “(OMISSIS)” in cui era prevista, in parte, la destinazione a pubblica viabilità di quanto non assoggettato ad attività edificatoria secondo risultanze della Tav. 5b Piano Particolareggiato, che si assumeva illegittimamente stralciata in primo grado.

La Corte di appello nel pronunciare sulla natura edificatoria, rispetto alla quale era incorsa in errore come risulta dalla documentazione in atti e da quella prodotta dal Comune, e sulla misura dei terreni ablati, aveva rigettato l’impugnazione dando conferma alla sentenza di primo grado che aveva omesso ogni pronuncia sul punto.

2. Sul ricorso di Di.Ru., figlio della de cuius D.I. figlia, a sua volta, di D.G..

2.1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1 Protocollo addizionale della CEDU e degli artt. 2043, 2935 e 2947 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3

Quanto alla natura dell’illecito, in difetto di decreto di esproprio, l’occupazione e la manipolazione del bene immobile da parte dell’amministrazione determinano un illecito di diritto comune in cui lo spossessamento e l’irreversibile trasformazione del terreno per la costruzione dell’opera pubblica non determinano l’acquisto dell’area da parte dell’amministrazione.

Il privato può invero chiedere la restituzione del bene salvo che decida di abdicare al suo diritto e di pretendere il risarcimento del danno oltre a quello, non coperto dall’eventuale occupazione legittima, durante il quale ha subito la perdita delle utilità ricavabili fino alla restituzione.

La prescrizione del diritto decorre pertanto dalle singole annualità quanto al risarcimento da perdita del godimento del bene e, ancora, dalla data della domanda quanto al risarcimento per equivalente.

La Corte di appello avrebbe quindi errato là dove aveva ritenuto che sul risarcimento richiesto da Di. con atto di intervento del 18.6.2009 fosse caduta la prescrizione, nell’intervenuta irreversibile trasformazione del bene alla data del (OMISSIS).9.2003, perchè, in realtà, quel termine non aveva neppure iniziato a decorrere.

2.2. Con il secondo motivo si fa valere l’apparenza della motivazione (art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), non avendo la Corte barese indicato che cosa i coeredi avessero effettivamente fatto valere in giudizio, se quindi costoro avessero chiesto l’attribuzione del credito corrispondente alle singole quote loro spettanti o l’importo corrispondente all’intero credito ereditario, ipotesi, entrambe, a cui i primi sarebbero stati legittimati secondo l’interpretazione della Corte di cassazione dei poteri spettanti ai coeredi (SU n. 24657 del 2007).

Il mero richiamo ai contenuti della citazione non avrebbe integrato la necessaria motivazione non indicando le ragioni per le quali i giudici di appello avessero inteso la domanda come diretta alle singole quote.

2.3. Con il terzo motivo si fa valere la violazione e falsa applicazione degli artt. 189,190,336,345,352,359 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte aveva disposto la condanna di Di. alla restituzione in favore del Comune senza che quest’ultimo avesse provato di aver corrisposte le somme in esecuzione della sentenza di primo grado, non potendo in tal senso valere, perchè tardiva, la produzione curata dall’Amministrazione con la conclusionale.

3. I due proposti ricorsi vanno riuniti nei termini di cui all’art. 335 c.p.c.

4. Il motivo articolato dal Comune di Margherita di Savoia investe due profili: a) da una parte quello del metodo di stima applicabile nella quantificazione del danno da occupazione appropriativa ed usurpativa di aree ablate; b) dall’altro quello della consistenza delle superfici edificabili apprese dall’ente espropriante. Entrambi i profili sono infondati.

4.1. Il primo profilo, investe il metodo di stima applicabile al risarcimento del danno ed alla quantificazione dell’indennità di occupazione di terreno illegittimamente ed illecitamente appreso dalla mano pubblica in esito ad operazioni espropriative mancanti, in corso di procedimento o ab origine, dei provvedimenti di esproprio, che ispirato al valore legale del bene può essere condotto secondo i termini del sintetico-comparativo o di quello analitico- ricostruttivo in ipotesi di determinazione del risarcimento del danno.

La giurisprudenza di questa Corte di legittimità con indirizzo costante si è espressa, da tempo, nel senso della insussistenza di un ordine di preferenza tra il metodo sintetico-comparativo e quello analitico-ricostruttivo in applicazione del quale procedere alla quantificazione del danno da occupazione illegittima, ma di rimettere ogni vaglio al prudente apprezzamento del giudice del merito che solo in siffatti termini resta scrutinabile in sede di legittimità.

Al fine di individuare il valore venale del suolo, che costituisce il presupposto per la determinazione della indennità di espropriazione e ancora, e per quanto qui rileva, il risarcimento da illecita occupazione, la stima può intervenire sia in forza del metodo analitico-ricostruttivo che di quello sintetico-comparativo senza che vi sia tra i due metodi un ordine di preferenza o un rapporto di sussidiarietà, restando rimessa al giudice di merito, purchè improntata per quanto possibile a canoni di effettività, la scelta tra l’uno o l’altro metodo (vd. Cass. 31/03/2016 n. 6243.).

Appartiene a consolidate affermazioni di questa Corte di legittimità il rilievo che, in tema di valutazione di aree edificabili, ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione – con valutazioni che, identiche, si accompagnano altresì alla quantificazione del risarcimento danni da illegittima occupazione – l’evoluzione del sistema normativo induce a negare valore preminente al metodo sintetico-comparativo, congeniale ad un sistema, oggi abbandonato alla luce della L. n. 359 del 1992, art. 5-bis (ratione temporis segnato dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale ex Corte Cost. nn. 348 e 349 del 2007), governato dal principio dell’edificabilità di fatto, là dove il metodo analitico-ricostruttivo, che muove dalle caratteristiche specifiche del fondo espropriato, depurando il valore dell’edificato del costo di costruzione per pervenire al valore dell’area secondo l’entità volumetrica esprimibile dalla superficie a disposizione, dipende dalla qualificazione urbanistica dell’area, secondo il principio dell’edificabilità legale, conseguendone che il giudice che accolga le conclusioni del consulente tecnico secondo il metodo analitico, non è tenuto a motivare la mancata adozione del metodo sintetico (Cass. n. 1161 del 19/01/2007; sull’indicato rapporto tra i due metodi: Cass. 31/05/2007 n. 12771; Cass. 22/03/2013 n. 7288; vd., anche: Cass. 14/06/2018. n. 15693).

Per l’effetto, la preferenza accordata dal giudice del merito nella stima dell’immobile espropriato e quindi nella determinazione del valore di mercato del bene al metodo analitico-ricostruttivo piuttosto che a quello sintetico-comparativo, o viceversa, non integra violazione di legge e non è come tale denunciabile in cassazione.

Il percorso argomentativo osservato da quel giudice nell’esplicitare le ragioni della scelta resta per converso scrutinabile in sede di legittimità nei limiti del carattere decisivo della questione di fatto che, discussa tra le parti, è mancata nelle valutazioni poste a fondamento della decisione.

Tanto esposto, esclusa preferenza al metodo sintetico-comparativo su quello analitico-ricostruttivo, ogni questione sulla tardività della produzione documentale, che avrebbe consentito al c.t.u. di condurre i propri accertamenti in applicazione del primo criterio, in quanto strumentale al dedotto rapporto di sussidiarietà tra i metodi di stima, resta assorbito nel suo rilievo.

4.2. Nel resto, quanto alla destinazione edificabile delle superfici ablate come ricostruibili dalla Tav. 5 del P.P.R.R. del Centro urbano (p. 13 ricorso), si ha che per deduzione del medesimo ricorrente siffatto documento era già stato acquisito dal c.t.u. che sullo stesso aveva poi formulato le contestate valutazioni sull’edificabilità e la maggiore estensione delle aree ablate.

Sul punto si deduce una motivazione insufficiente, erronea e contraddittoria per una dizione che non trova più corrispondenza nei vizi denunciabili in cassazione, ai sensi della novellata formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che manca, in ogni caso, di contraddire sulla decisività di quel documento nella valutazione operatane dal nominato tecnico di ufficio, previo confronto con la relazione tecnica, così da consentire al giudice di legittimità di verificare ex actis quell’iter logico-argomentativo che, svolto dal consulente di ufficio sia poi stato ripreso dal giudice del merito, e di sindacarlo.

Il motivo è pertanto inammissibile perchè costruito su una tipologia di vizio della motivazione che non rientra nel catalogo novellato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, rimesso, nel suo scrutinio, al giudizio di questa Corte di legittimità, e comunque perchè mancante dei carattere della decisività del fatto rispetto alla valutazione, in concreto, svolta dal consulente di ufficio. 4.3. Il ricorso del Comune di Margherita di Savoia è pertanto infondato.

5. Quanto al ricorso di Di.Ru..

Il primo motivo è fondato e nel carattere assorbente dello stesso rispetto ad ogni ulteriore questione esso va in via preliminare esaminato in applicazione della cd. ragione più liquida.

Come da questa Corte di legittimità rilevato, in adesione ai principi di fonte convenzionale, l’illecito spossessamento del privato da parte della P.A. non ha carattere istantaneo con effetti permanenti, ma riveste natura di illecito permanente che viene a cessare solo per effetto della restituzione del terreno, di un accordo transattivo, della compiuta usucapione da parte dell’occupante che lo ha trasformato ovvero della rinuncia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente, con la precisazione che in tale ultima ipotesi, la prescrizione della pretesa risarcitoria decorre dalla data della domanda (Cass. 07/10/2016 n. 20231; Cass. 05/03/2015 n. 4476; Cass. SU 19/01/2015 n. 735).

Alla data della domanda, introdotta con atto di intervento del 18.6.2009, la prescrizione rispetto a quello che è un illecito spossessamento da parte della p.A. a carattere permanente declinabile nella fattispecie della occupazione appropriativa, là dove manchi il decreto di esproprio, e quale occupazione usurpativa in difetto della stessa dichiarazione di pubblica utilità, non aveva neppure iniziato il suo decorso.

6. Il ricorso del Comune di Margherita di Savoia va quindi rigettato con liquidazione delle spese di lite secondo soccombenza nei termini di seguito indicati.

In accoglimento invece del primo motivo del ricorso proposto da Di.Ru. nei confronti del Comune di Margherita di Savoia la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

La diversificata disciplina delle spese di lite anche per questa fase interviene in applicazione del principio che vuole che nel carattere discrezionale del provvedimento di riunione di più cause resti immutata l’autonomia dei singoli giudizi e non pregiudicata la sorte delle singole azioni, con la conseguenza che la congiunta trattazione dei primi lascia integra la loro identità, sicchè la liquidazione delle spese giudiziali va operata in relazione a ciascun giudizio, atteso che solo in riferimento alle singole domande è possibile accertare la soccombenza, non potendo essere coinvolti in quest’ultima soggetti che non sono parti in causa (Cass. 10/07/2014 n. 15860).

Il Comune di Margherita di Savoia va quindi condannato a rifondere le spese di lite quantificate in Euro 8.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, in favore di R.L. (due voci su valore indeterminabile secondo i medi di tariffa ex D.M. n. 37 del 2018) ed in Euro 31.806,00 (tre voci su valore indeterminabile secondo i medi di tariffa ex D.M. n. 37 del 2018) per tutti gli altri, compenso così incrementato per presenza di più parti aventi stessa posizione processuale (D.M. n. 37 del 2018, art. 4, comma 2), importi da distrarsi in favore dei procuratori dichiaratisi anticipatari delle spese e distrattari dei compensi e quindi, rispettivamente, in favore dell’avvocato Paolo D’Urbano, per R., e dell’avvocato Gaetano Distaso, per gli altri.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente Comune, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

Rigetta il ricorso preposto dal Comune di Margherita di Savoia che condanna a rifondere in favore dei controricorrenti in epigrafe indicati le spese di lite che liquida in Euro 7.800,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi in favore di R.L. ed in Euro 31.806,00 per compensi ed Euro 1.000,00 per esborsi per tutti gli altri, con distrazione, per tutti, in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari, come in motivazione indicato.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente Comune, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

In accoglimento del ricorso proposto da Di.Ru. nei confronti del Comune di Margherita di Savoia, cassa la sentenza impugnata e rinvia dinanzi alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, anche per alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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