Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4250 del 22/02/2011

Cassazione civile sez. III, 22/02/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 22/02/2011), n.4250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1527-2009 proposto da:

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS) DI AGRIGENTO (OMISSIS),

in

persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore

dott. D.C.G., considerata domiciliata “ex lege” in ROMA

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’Avvocato CAPONNETTO VINCENZO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.A. (OMISSIS);

– intimato –

nonchè da:

M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo studio dell’avvocato LUCIFERO

FABRIZIO, rappresentato e difeso dall’avvocato PIROZZI LUIGI

NAPOLEONE giusta delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS) DI AGRIGENTO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 852/2008 del TRIBUNALE di AGRIGENTO, emessa il

25/8/2008, depositata il 26/08/2008, R.G.N. 1599/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2011 dal Consigliere Dott. CARLEO Giovanni;

udito l’Avvocato SCURO UGO (per delega dell’Avv. NAPOLEONE PIROZZI

LUIGI);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso previa riunione: manifesta

infondatezza del ricorso principale e inammissibilità ricorso

incidentale e compensazione spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL FATTO

Con ricorso ex art. 15 c.p.c., comma 2 depositato il 15 maggio 2007, l’A.U.S.L. di Agrigento, deducendo la carenza del diritto di M.A. ad agire esecutivamente in suo danno, proponeva opposizione all’esecuzione riguardo all’atto di pignoramento presso terzi notificato il 24 marzo 2007. A riguardo, premesso di essere stata debitrice verso la Fondazione di Religione e di Culto Istituto Papa Giovanni XXIII, sita in (OMISSIS), della somma di Euro 72.135,87 per l’assistenza prestata a degenti nel distretto di Canicattì, esponeva che la detta Fondazione aveva ceduto il credito a M.A. senza che tale cessione le fosse mai notificata nè fosse stata mai accettata. Tale cessione, pertanto, non aveva prodotto alcun effetto giuridico nei suoi confronti con la duplice conseguenza che il pagamento effettuato nelle more a favore della Fondazione l’aveva liberata dal proprio debito e che il cessionario non vantava alcun credito nei suoi confronti. Si costituiva il M. deducendo in via preliminare l’inesistenza/nullità del giudizio per difetto della vocatio in ius richiesta dalla legge per l’introduzione della fase di merito, eccependo inoltre la tardività dell’opposizione in quanto l’azione proposta dall’Ausl era un’opposizione agli atti esecutivi, deducendo infine che il proprio credito era stato riconosciuto in un decreto ingiuntivo passato in giudicato sicchè non poteva più essere oggetto di contestazione e che non era necessaria una formale accettazione della cessione del credito da parte degli enti pubblici, fatta eccezione in materia di appalti, ipotesi non ricorrente nella specie.

In esito al giudizio, l’adito Tribunale di Agrigento rigettava l’opposizione e condannava l’opponente al pagamento delle spese.

Avverso la detta sentenza l’A.U.S.L. ha proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi. Resiste con controricorso il M., il quale ha a sua volta proposto ricorso incidentale articolandolo in due motivi. L’Azienda sanitaria ha infine depositato memoria difensiva a norma dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, vanno riuniti il ricorso principale e quello incidentale, in quanto proposti avverso la stessa sentenza. Ciò premesso, procedendo all’esame del ricorso principale, appare opportuno, e non solo per comodità di esposizione in quanto si tratta di una censura logicamente e giuridicamente assorbente rispetto alle prime due doglianze formulate dalla ricorrente, iniziare dall’esame del quinto motivo di ricorso, articolato sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c. per avere il giudice dell’esecuzione errato quando ha ritenuto che l’opposizione all’esecuzione non possa avere ad oggetto la contestazione dell’avversa pretesa esecutiva anche sulla base di voci e titoli dedotti nel giudizio di cognizione. Al contrario – questa, in sintesi la tesi del ricorrente – il giudice dell’esecuzione potrebbe esercitare un controllo anche sul contenuto intrinseco del titolo al fine di invalidarne l’efficacia.

La censura non merita di essere condivisa. Ed invero, è principio consolidato di questa Corte quello secondo cui il potere di cognizione del giudice dell’opposizione all’esecuzione è limitato all’accertamento della portata esecutiva del titolo posto a fondamento dell’esecuzione stessa, mentre le eventuali ragioni di merito incidenti sulla formazione del titolo devono essere fatte valere unicamente tramite l’impugnazione della sentenza che costituisce il titolo medesimo (Cass. n. 24752/08). Infatti, quando l’esecuzione sia minacciata sulla base di un titolo di formazione giudiziale, le ragioni di nullità del titolo, ovverosia gli errori in cui sia incorso il giudice nell’assumere la decisione, od i vizi del procedimento tramite il quale a quella decisione è pervenuto, debbono essere fatti valere con gli ordinari mezzi di impugnazione del titolo stesso. (Cass. n. 24027/09).

Alla luce di tali considerazioni, ne deriva pertanto l’infondatezza della censura in esame con la conseguente inammissibilità delle prime due doglianze svolte dalla ricorrente, con cui l’A.U.S.L. ha dedotto ragioni di merito attinenti all’illegittimità della statuizione adottata ai fini della formazione del titolo, lamentando dapprima la violazione del R.D. n. 2440 del 1923, art. 70 in quanto il giudice dell’esecuzione non avrebbe considerato che l’Azienda sanitaria non aveva mai accettato la cessione del credito intervenuta tra la Fondazione ed il M. e quindi la violazione dell’art. 1264 c.c. per pretesa carenza di notifica.

Passando all’esame del terzo motivo di impugnazione, deve rilevarsi che con tale censura fondata sulla pretesa violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 159 la ricorrente lamenta che il giudice di prime cure avrebbe errato nel ritenere ” legittimo il pignoramento presso il Banco di Sicilia nel sottoconto che appartiene all’Assessorato alla Sanità della Regione Sicilia, un finanziamento a destinazione vincolata avente ad oggetto fondi destinati per legge alla realizzazione di un progetto di utilità sociale” (così a pag. 9 del ricorso), trascurando che in base alla norma citata non sono pignorabili i fondi a destinazione vincolata detenuti da un Assessorato Regionale.

La censura è inammissibile per difetto di correlazione con la vicenda sottoposta all’attenzione della Corte giacchè, come rileva il resistente, il pignoramento contro cui è stata spiegata l’opposizione non è stato richiesto presso il Banco di Sicilia bensì presso il terzo Banca San Francesco Credito Cooperativo ed ha peraltro avuto esito negativo non essendo stati reperiti fondi a disposizione della debitrice.

Resta da esaminare l’ultima doglianza formulata dalla ricorrente sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver il giudice che ha emesso l’impugnata sentenza n. 480/08 ritenuto legittima la procedura de qua in cui il creditore procedente ha posto in essere tre pignoramenti pari a 100.000 Euro, per un importo cioè ampiamente superiore al presunto debito dell’Azienda Sanitaria nei suoi confronti, pari ad Euro 72.135,00.

Anche tale censura è inammissibile, per difetto di autosufficienza del ricorso. Ed invero, dopo aver premesso che nell’ambito del pignoramento presso terzi, solo preliminarmente alla emissione dell’ordinanza di assegnazione del credito, il Giudice dell’esecuzione ha il potere – dovere di verificare l’idoneità del titolo e la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto, con un accertamento che non fa stato ma esaurisce la sua efficacia nell’ambito del processo esecutivo, in quanto è funzionale all’emissione di un atto esecutivo e non alla risoluzione di una controversia nell’ambito di un ordinario giudizio di cognizione, deve sottolinearsi altresì che dalla sentenza impugnata non emerge alcun accenno alla misura della somma pignorata.

Pertanto, nel caso di specie, la ricorrente, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, avrebbe dovuto assolvere l’onere di indicare – mediante l’integrale trascrizione nel ricorso – le risultanze processuali dalle quali sarebbe risultata la circostanza dedotta. E ciò, in quanto deve essere consentito alla Corte il relativo controllo sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative. Ne deriva l’inammissibilità della doglianza.

Il ricorso principale deve essere pertanto rigettato.

Passando all’esame del ricorso incidentale, mette conto di avvertire che, ad avviso del ricorrente, la prima doglianza da lui sollevata – per nullità del procedimento e violazione e falsa applicazione degli artt. 615 c.p.c., comma 2 e art. 616 c.p.c. nonchè per omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia – presenterebbe un carattere pregiudiziale, assorbente rispetto ad ogni altra questione, in ragione della radicale inesistenza del giudizio conseguente all’inosservanza delle norme imperative ed inderogabili che disciplinano il procedimento di opposizione all’esecuzione. Ed invero, nel caso di specie, ai sensi dell’innovato art. 616 c.p.c., il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto provvedere all’istruzione della causa a norma degli artt. 175 e ss c.p.c. ma avrebbe dovuto fissare un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art. 163 bis o altri se previsti, ridotti della metà.

Il ricorso è inammissibile. Ed invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la parte rimasta totalmente vittoriosa, come è accaduto al predetto M., che abbia eventualmente subito una soccombenza soltanto teorica – ravvisabile quando la parte, pur vittoriosa, abbia però visto respingere taluna delle sue tesi od eccezioni, ovvero taluni dei suoi sistemi difensivi, od anche abbia visto accolte le sue conclusioni per ragioni diverse da quelle prospettate – non ha comunque interesse ad appellare e non è legittimata ad alcuna impugnazione, nè principale, nè incidentale, in quanto l’interesse ad impugnare postula una soccombenza sostanziale e materiale, che sussiste solo quando dalla decisione sfavorevole possa derivare alla parte soccombente un pregiudizio concreto e giuridicamente rilevante rimuovibile dal giudice ad quem mentre è irrilevante il mero interesse a un rispetto di norme che non spieghi alcuna influenza in relazione al bene della vita oggetto del contendere tra le parti. Ne deriva conseguentemente la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale.

Il tenore dell’adottata decisione, che ha visto il rigetto del ricorso principale e la declaratoria di inammissibilità di quello incidentale, giustifica la compensazione, tra le parti, delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2011

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