Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4249 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. un., 19/02/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 19/02/2020), n.4249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Pres. f. f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – rel. Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20404-2018 proposto da:

LAGO SCURO SOC. COOP. A.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA GIUFFRE’, rappresentata e

difesa dall’avvocato EUGENIA MONEGATTI;

– ricorrente –

PROVINCIA DI PARMA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 180, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO LUIGI BRASCHI, rappresentata e difesa

dall’avvocato LUCA VERDERI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

LAGO SCURO SOC. COOP. A.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA GIUFFRE’, rappresentata e

difesa dall’avvocato EUGENIA MONEGATTI;

– controricorrente all’incidentale –

nonchè contro

LAGHI GEMINI S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 697/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 13/03/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/01/2020 dal Consigliere SAMBITO MARIA GIOVANNA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale CELENTANO CARMELO, che ha concluso per l’accoglimento,

p.q.r., dei primi due motivi ed assorbiti gli altri del ricorso

principale, rigetto del ricorso incidentale;

uditi gli avvocati Francesca Giuffrè, Eugenia Monegatti e Francesco

Luigi Braschi per delega dell’avvocato Luca Verderi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il 18.6.2013, la Provincia di Parma aggiudicava alla Società Cooperativa Lago Scuro a r.l. la concessione d’uso della stazione turistica denominata “(OMISSIS)”, e, con Delib. n. 1395 del 21.6.2013, disponeva l’affidamento anticipato, consegnando la struttura l'(OMISSIS).

La Società Laghi Gemini, seconda classificata nella gara, adiva il TAR Parma, che, sospesa con ordinanza del 1.8.2013, l’aggiudicazione e gli atti impugnati, li annullava, con sentenza del 16.1.2014. Ma la decisione, a sua volta sospesa con ordinanza del 5.3.2014, veniva riformata dal Consiglio di Stato, con sentenza del successivo 14.10.2014.

In conseguenza di tali decisioni, la Provincia, che il 23.1.2014 aveva revocato la determinazione di avvio anticipato del servizio, disponeva, con atto del 21.10.2014, che l’Ufficio contratti provvedesse agli adempimenti necessari per la firma del contratto con la Cooperativa Lago Scuro, firma che, tuttavia, non aveva luogo.

Con determinazione dirigenziale del 26.3.2015, l’Ente disponeva, quindi, la decadenza e la revoca dell’aggiudicazione definitiva, la risoluzione dell’esecuzione in avvio anticipato per grave inerzia dell’affidatario, ai sensi del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 136, nonchè l’escussione della cauzione.

L’impugnazione proposta dalla Cooperativa avverso tale determinazione veniva dichiarata inammissibile, con sentenza n. 93 del 2016, dall’adito TAR di Parma, che affermava venire in rilievo un atto di autotutela privatistica dell’Amministrazione.

Il Tribunale di Parma, adito, quindi, dalla Società, escludeva l’inadempimento della stessa e condannava la Provincia al risarcimento del danno, da quantificarsi in separato giudizio, per responsabilità precontrattuale, mentre riteneva devoluta al GA la domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c..

La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 13.3.2018, dopo aver ritenuto corretta la statuizione relativa alla giurisdizione quanto al provvedimento di risoluzione per inadempimento del contratto avviato “in modalità anticipata”, la declinava in favore di quella del Giudice Amministrativo in ordine al provvedimento di decadenza e revoca dall’aggiudicazione, emesso in aggiunta alla dichiarata risoluzione, ed in ordine alla domanda di condanna di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale proposta dalla Cooperativa. Al riguardo, la Corte bolognese rilevava: che non era possibile elevare conflitto, avendo il Tribunale deciso, anche nel merito; che, inoltre, la sentenza del TAR non aveva valore di giudicato nè formale nè sostanziale; che, infine, l’Ente territoriale aveva eccepito il difetto di giurisdizione e riproposto la questione in seno all’atto d’appello. La Corte confermava, invece, l’insussistenza dell’inadempimento di Lago Scuro e rigettava, perchè generica, la domanda della Provincia volta a conseguire il pagamento dei canoni per il periodo di assegnazione provvisoria e della successiva indennità per il periodo di occupazione sine titulo.

Avverso la predetta sentenza, la Cooperativa Lago Scuro ha proposto ricorso in via principale con quattro, articolati, motivi. La Provincia di Parma ha resistito con controricorso, con cui ha proposto ricorso incidentale affidato ad otto motivi. La Cooperativa ha depositato controricorso al ricorso incidentale. La Società Laghi Gemini S.r.l. è rimasta intimata. La Provincia ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale, si denuncia “violazione degli artt. 342 e 348; violazione dell’art. 324 c.p.c. – la Corte ha ignorato il giudicato formatosi sulla questione della giurisdizione e sull’accertamento dell’inesistenza della “grave inerzia imputabile all’aggiudicataria”; violazione della L. n. 69 del 2009, art. 59, commi 2 e 3, – divieto dopo la riassunzione di contestare la giurisdizione per le parti e divieto per il giudice di sollevare ex officio il conflitto negativo di giurisdizione oltre il limite posto dall’art. 59, comma 3 cit.; violazione dell’art. 11 del Codice del Processo Amministrativo; violazione del principio di correttezza e buona fede di cui all’art. 115 c.p.c. e art. 88 c.p.c. – abuso del processo – violazione dell’art. 24 Cost. e art. 111 Cost., comma 2″.

La ricorrente lamenta, in particolare, che i giudici territoriali non abbiano valutato che: a) l’appello avversario era inammissibile per la mancanza di specificità dei motivi ed improcedibile per la tardata costituzione della controparte; b) per effetto del passaggio in giudicato formale della sentenza del TAR n. 93 del 2016, la decisione sulla giurisdizione era incontestabile; c) la Provincia aveva posto in essere un comportamento processuale non ossequioso dei principi di correttezza e buona fede, avendo eccepito innanzi al G.A. la giurisdizione del G.O., per poi contestarla, una volta riassunto il giudizio innanzi a detto giudice, con evidente abuso del processo; d) in assenza di elevazione di conflitto negativo di giurisdizione da parte del Tribunale ordinario, era precluso il potere di sollevarla ex officio, anche rispetto ai principi costituzionali che sanciscono il diritto ad una decisione di merito da ottenere in tempi ragionevoli.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente censura l’affermato difetto di giurisdizione in riferimento ad “erronea applicazione dell’art. 37 c.p.c., violazione delle regole di economia processuale di cui all’art. 111 Cost., comma 2 e di consumazione del potere giurisdizionale ex art. 2909 c.c.”. La ricorrente, che invoca i principi sanciti dalla sentenza Cass. SU n. 24883 del 2008, afferma che, dopo la sentenza del TAR, alla quale era stata prestata acquiescenza, la questione della giurisdizione era preclusa.

3. Con il terzo motivo, si deduce: “violazione della L. n. 241 del 1990, art. 1, comma 1 bis; violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo e delle norme di cui agli artt. 2043 e 1337 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn 1 e 3; violazione del giudicato interno formatosi sull’accertamento della non sussistenza della inerzia dell’affidatario”. La decisione della Corte, afferma la ricorrente, è errata, non solo, perchè ha valutato la questione della giurisdizione in riferimento alla qualificazione giuridica dei fatti operata dal primo giudice e non alla prospettazione della domanda, ma anche perchè ha ignorato che l’atto di risoluzione, revoca e decadenza aveva contenuto unitario e si basava sul presupposto dell’esistenza di un comportamento di grave inerzia di essa affidataria, che era stato escluso dal Tribunale, con accertamento non contestato in appello ed ormai irrevocabile. Sotto altro profilo, la ricorrente afferma che la responsabilità precontrattuale non è responsabilità da provvedimento, ma da comportamento, la relativa domanda non riguarda, dunque, un atto amministrativo da caducare, ma attiene alla tutela di una posizione di pieno diritto soggettivo. La giurisdizione su tale domanda, conclude la ricorrente, appartiene al giudice ordinario.

4. Vanno esaminate con priorità, rispetto alla questione di giurisdizione, le censure formulate in seno al primo motivo, con cui, rispettivamente, si deduce l’inammissibilità e l’improcedibilità dell’appello proposto della Provincia. Le doglianze attengono, infatti, alla valida instaurazione del rapporto processuale d’appello, e sono idonee, in tesi, a comportare la cassazione senza rinvio della sentenza, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 2, ultima parte.

5. Tali doglianze, pur redatte in modo poco ossequioso dei canoni di ortodossia formale, sfuggono alle eccezioni d’inammissibilità sollevate dalla controricorrente. Ancorchè erroneamente dedotte come violazione di legge sostanziale in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, invece che come error in procedendo, in riferimento al numero 4 della stessa norma, deve qui trovare applicazione il principio già affermato da queste Sezioni Unite (n. 17931 del 2013), secondo cui la tassatività dei motivi deducibili col ricorso per cassazione, non implica l’adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle cinque ipotesi indicate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, semprecchè, come nella specie, sia possibile ricondurre la critica, in maniera immediata ed inequivocabile, ad una di dette cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione. Deve, inoltre, ritenersi possibile la formulazione di più censure nell’ambito di un motivo formalmente unico, quando, come nel caso in esame, risulti possibile scindere in seno alla parte argomentativa del mezzo d’impugnazione le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio.

6. Nel merito, la censura riferita all’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c., non supera, tuttavia, la soglia dell’ammissibilità, tenuto conto della sua estrema genericità. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. SU. n. 20181 del 2019 e sentenze richiamate) il potere della Corte di cassazione di esaminare direttamente gli atti di causa nell’ipotesi in cui venga dedotto un error in procedendo da parte del giudice di merito, presuppone, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, la formulazione di un motivo che in tanto è ammissibile in quanto contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutti i pertinenti elementi fattuali e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale. Il che nella specie non è ravvisabile, in quanto la doglianza si limita ad affermare, mediante una soggettiva valutazione, che l’appello non era specifico, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, che ha,appunto,rigettato la corrispondente censura.

7. Non sussiste, invece, la dedotta improcedibilità del gravame per tardiva costituzione dell’appellante. Premesso che l’esame di tale questione non necessitava, come pare ritenere la Provincia, della formulazione di specifica eccezione -avendo, anzi, dovuto esser rilevata d’ufficio, beninteso ove fondata- risulta dagli atti il rispetto del termine di costituzione dell’appellante, che dopo aver notificato l’atto d’appello il 30 marzo 2017 ha iscritto a ruolo la causa lunedì 10 aprile 2017: la circostanza che abbia depositato atti del fascicolo il successivo giorno 11 non invalida, di certo, la pregressa, tempestiva, costituzione. Resta da aggiungere che, al riguardo, non è utilmente deducibile il vizio di omessa pronunzia, che è configurabile, solo, nel caso di mancato esame di questioni di merito e non anche in riferimento a vizi processuali, in relazione ai quali la decisione può risultare viziata per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., se, ed in quanto, si riveli erronea la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione processuale prospettata dalla parte.

8. Le ulteriori censure del primo motivo vanno esaminate congiuntamente al secondo ed al terzo motivo, perchè tutti contestano, pur da differenti prospettive, la rilevabilità del difetto di giurisdizione da parte del giudice d’appello e la correttezza delle relative conclusioni.

9. Le doglianze sono fondate. Queste le ragioni.

La sentenza del TAR Parma n. 93 del 2016, dopo aver dato atto che l’odierna ricorrente aveva impugnato l’atto n. 658 del 26 marzo 2015 “recante decadenza da aggiudicazione e risoluzione del contratto in avvio anticipato e consequenziale revoca atti pregressi” (indicati in epigrafe in quelli n. 1345/2013 e n. 1395/2013), ha, quindi, accolto l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dalla Provincia, evidenziando che l’atto impugnato “si configura come declaratoria della sopravvenienza di un fatto cui la legge ricollega l’effetto di determinare la decadenza dal diritto di godere del beneficio e trova ragione non già in una rinnovata ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato, ma nell’asserito inadempimento degli obblighi imposti all’appaltatore beneficiario e nella verifica dei presupposti di esigibilità del credito”, sicchè “le contestazioni che investono l’esercizio di tale forma di autotutela, sono sottratte alla giurisdizione del g.a. e sono devolute a quella del g.o.”. Tale sentenza è stata depositata il 15.3.2016.

Con atto denominato ricorso in riassunzione notificato il 5.4.2016, la ricorrente, che ha, pure, formulato istanza cautelare d’urgenza di annullamento o sospensione dell’atto n. 658 del 2015, ha chiesto al Tribunale di Parma che venisse accertata: a) l’inesistenza/ineseguibilità del rapporto di esecuzione anticipata del contratto (per violazione di plurime norme di legge) alla data di adozione dell’atto di risoluzione; b) l’inesistenza o la mancanza di un suo grave inadempimento idoneo a “legittimare la decadenza/revoca dall’aggiudicazione”; c) la responsabilità precontrattuale della Provincia dopo l’aggiudicazione definitiva; d) in via subordinata, la costituzione del contratto non concluso ex art. 2932 c.c..

Consta, poi, che il Tribunale ha giudicato nel merito sulle prime tre domande, in senso favorevole alla Cooperativa, ed ha dichiarato il difetto di giurisdizione sulla quarta. In appello, la Provincia ha contestato la giurisdizione in riferimento alla natura privatistica del provvedimento di risoluzione ed ha dedotto la necessità di sollevare il conflitto di giurisdizione.

La Corte territoriale ha valutato ex novo la questione di giurisdizione in riferimento alla disposizione di cui all’art. 37 c.p.c. e la ha risolta nei sensi di cui si è dato conto, ritenendo ammissibili le domande nuove (che non sono state specificate) ed evidenziando che esse “non potevano essere proposte davanti alla precedente autorità: ci si trova quindi di fronte ad una “riproposizione” più che a una riassunzione”.

10. Tanto premesso in fatto, va rilevato che queste Sezioni Unite (n. 27163 del 2018), dopo aver precisato che, a seguito di declaratoria di difetto di giurisdizione da parte del giudice amministrativo, l’art. 11 del c.p.a., che regola, con norma speciale, il rapporto tra la giurisdizione amministrativa e le altre, individua nella riproposizione del processo il solo mezzo di tutela esperibile ai fini della salvezza degli effetti della domanda originariamente azionata (a differenza della L. n. 69 del 2009, art. 59, che, in costanza di determinate condizioni, contempla anche l’istituto della riassunzione), non hanno mancato di rimarcare che “perchè si possa discorrere di riproposizione, la domanda, di là dagli adattamenti richiesti “con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile” (giusta L. n. 69 del 2009, art. 59, comma 2, applicabile in via sussidiaria, stante il silenzio dell’art. 11 del c.p.a.), non dev’essere nuova e autonoma, di contenuto diverso da quella azionata nel precedente giudizio”.

11. Anche ai fini, qui in rilievo, relativi alla preclusione da parte del giudice d’appello di delibare sulla sua giurisdizione/la valutazione circa la novità della domanda tempestivamente riproposta è preliminare ad ogni altra: in tanto il giudice successivamente adito può sollevare d’ufficio, nei modi e tempi previsti, la questione di giurisdizione (L n. 69 del 2009, art. 59, comma 3 ed il D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 11, comma 3) ed in tanto l’indicazione del giudice dotato di giurisdizione, effettuata da quello che se ne è spogliato, è vincolante per le parti (che in quel giudizio non possono sollevare il regolamento preventivo ex art. 41 c.p.c., cfr. SU n. 9683 del 2019), in quanto si sia in presenza di una medesima causa, che, in base a tali regole, può così circolare tra diversi plessi giurisdizionali. Per converso, com’è nozione ricevuta, quando un giudice, adito a seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione, si trovi di fronte alla proposizione di una nuova ed autonoma domanda, di contenuto diverso da quella azionata nel precedente giudizio, difettando la medesimezza della causa, non può investire direttamente le Sezioni Unite della risoluzione della questione di giurisdizione, ma è, se del caso, tenuto a statuire sulla stessa (cfr. Cass., Sez. U., 9 settembre 2010, n. 19256; Cass., Sez. U., 20 luglio 2011, n. 15868; Cass., Sez. U., 10 marzo 2014, n. 5493; 17 luglio 2018, n. 19045).

12. Come già affermato da questa Corte (Cass. n. 15223 del 2016), e come è coerente coi principi generali, deve, infine, ritenersi consentito alla parte che riproponga la domanda innanzi al giudice indicato nella decisione che declina la giurisdizione, di formulare, al contempo, una nuova e distinta domanda, connessa con quella originaria. In tal caso, l’atto introduttivo del secondo giudizio produrrà gli effetti sostanziali e processuali di cui agli artt. 11 c.p.a., comma 21, e la L. n. 69 del 2009, art. 59, limitatamente alla domanda originariamente formulata e riproposta, e non anche relativamente al diverso petitum e alla diversa causa petendi, aggiunti alla primigenia domanda. In riferimento alla nuova domanda, infatti, così come, all’evidenza, non può porsi alcuna questione di salvezza degli effetti, la valutazione dell’osservanza dei criteri del riparto della giurisdizione dovrà essere effettuata secondo le regole generali.

13. Applicando tali principi nella specie, il Collegio deve rilevare che le prime due domande formulate innanzi al Tribunale ordinario di Parma riflettono nella loro essenza l’oggetto del giudizio proposto innanzi all’omologo Tribunale amministrativo. Esse sono infatti volte a contestare i fatti (possibilità dell’esecuzione temporanea del contratto in modalità anticipata, sussistenza dell’inadempimento dell’aggiudicataria) sottesi nell’adozione dell’atto n. (OMISSIS) del 26 marzo 2015, originariamente impugnato, fondato sull’inadempimento/inerzia della Cooperativa, sicchè, tenuto conto delle necessarie modifiche connesse al passaggio dal sistema impugnatorio a quello esclusivamente cognitivo, tali domande non sono nuove.

14. Da tanto, consegue che, una volta che tali domande sono state tempestivamente riproposte dalla Cooperativa davanti al giudice ordinario, indicato quale competente con la sentenza amministrativa declinatoria della giurisdizione, la Provincia non poteva contestare in blocco la giurisdizione del G.O., attribuendo al menzionato atto valore provvedimentale autoritativo, peraltro in senso opposto all’eccezione da essa stessa formulata innanzi al G.A. Tale mutata linea difensiva non può, tuttavia, ritenersi espressione di slealtà processuale o di abuso del diritto, come opina la ricorrente, risultandolinvece,frutto di un ripensamento non irragionevole imposto dalla proposizione congiunta di più domande e da una sopravvenuta giurisprudenza del Consiglio di Stato;

15. Dagli esposti principi consegue, inoltre, che la Corte non poteva delibare sulla questione di giurisdizione riferita a dette due domande, senza una previa autonoma valutazione circa la relativa novità, ed, esclusa correttamente la quale, doveva quindi arrestarsi a considerare che il primo giudice non aveva sollevato il conflitto di giurisdizione innanzi a queste Sezioni Unite. In particolare, non era consentito alla Corte d’Appello di scindere la portata dell’atto n. (OMISSIS) del 26 marzo 2015 “recante decadenza da aggiudicazione e risoluzione del contratto in avvio anticipato e consequenziale revoca atti pregressi”, che il TAR, innanzi al quale era stato impugnato, aveva reputato, nel suo insieme, scevro da poteri autoritativi ed espressione di autotutela privata, da contestare innanzi alla giurisdizione ordinaria.

16. Diversamente va argomentato in relazione alla terza domanda volta al risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale (sulla quarta, volta a conseguire la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., non vi è più contesa: la declaratoria di difetto di giurisdizione emessa dal Tribunale non è stata censurata in appello dalla ricorrente, che ha affermato esser stato nelle more concluso il contratto). La domanda ex art. 1337 c.c., che si fonda sulla postulata violazione degli obblighi di buona fede e correttezza nella fase prodromica della gara, è affatto diversa rispetto a quella originariamente proposta innanzi al GA, che era riferita alla dedotta insussistenza di ogni inadempimento della ricorrente rispetto degli obblighi a lei imposti dall’aggiudicazione. Rispetto ad essa, secondo i principi esposti, la Provincia poteva eccepire il difetto di giurisdizione e la Corte provvedere ex art. 37 c.p.c., essendone stata sollecitata con l’appello dell’Amministrazione e, dunque, non essendosi formato il giudicato interno, giusta i principi posti da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 24883 del 2008.

17. La soluzione data dalla Corte territoriale è, tuttavia, erronea. Soccorre, infatti, la giurisprudenza di questa Corte regolatrice, che non ha mai dubitato della competenza giurisdizionale del G.O. sulla domanda risarcitoria ex art. 1337 c.c., in base al criterio di riparto di giurisdizione fondato sulla natura e sulla consistenza della situazione soggettiva dedotta in giudizio (cfr. Cass. S.U. n. 14883 del 2009, n. 11656 del 2008; n. 16419 del 2017) trattandosi di domanda risarcitoria afferente non alla fase pubblicistica della gara, ma a quella ad essa precedente, che si fonda sulla violazione degli obblighi di buona fede e correttezza.

18. La sentenza va in parte qua cassata, e va affermata la giurisdizione del giudice ordinario a provvedere sulla domanda risarcitoria ex art. 1337 c.c..

19. Il quarto motivo del ricorso principale ed i motivi del ricorso incidentale vanno, invece, rimessi all’esame della Sezione ordinaria, che provvederà, pure, alla regolamentazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Accoglie i primi tre motivi del ricorso principale e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario a provvedere sulla domanda risarcitoria ex art. 1337 c.c.. Rimette l’esame del quarto motivo del ricorso principale e dei motivi del ricorso incidentale, alla Prima Sezione.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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