Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4247 del 21/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4247 Anno 2018
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: MANZON ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso 25358-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
OGGERO GIORGIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO
LUCISANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MARIA SONIA VULCANO;
– controricorrente avverso la sentenza n. 455/36/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di TORINO, depositata il 06/04/2016;

Data pubblicazione: 21/02/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/12/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO
MANZON.
Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del
Presidente e del Relatore.

Con sentenza in data 2 febbraio 2016 la Commissione tributaria
regionale del Piemonte respingeva l’appello principale proposto
dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, ed accoglieva l’appello
incidentale proposto da Oggero Giorgio avverso la sentenza n.
1027/12/14 della Commissione tributaria provinciale di Torino che
aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente contro l’avviso
di accertamento per II.DD. ed IVA 2007. La CTR osservava in
particolare che il mero scostamento dallo studio di settore contestato
all’Oggero non poteva considerarsi sufficiente a fondare di per sé le
pretese erariali portate dall’atto impositivo impugnato e che peraltro la
contestata gestione antieconomica dell’impresa del contribuente
verificato non trovava adeguato riscontro probatorio.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’ Agenzia
delle entrate deducendo un motivo unico.
Resiste con controricorso il contribuente, che successivamente ha
depositato una memoria.
Considerato che:
Con l’unico mezzo dedotto —ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.
proc. civ.- l’agenzia fiscale ricorrente si duole della violazione/falsa
applicazione degli artt. 62 bis, comma 3, d.l. 331/1993, 10, comma 3
ter, legge 146/1998, 39, primo comma, lett. d), d.P.R. 600/1973, 2697,
poiché la CTR ha ritenuto infondate le sue pretese creditorie in quanto

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-2-

Rilevato che:

basate sullo scostamento dallo studio di settore e sull’antieconomicità
della gestione dell’attività economica del contribuente.
La censura è fondata.
Va ribadito che:
-«I parametri o studi di settore previsti dall’art. 3, commi 181 e 187,

statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di
contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rilevano valori che, quando
eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo
esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, ex
art. 39, comma 1, lett. d, del d.P.R. n. 600 del 1973, che deve essere
necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente, sul
quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, contenziosa, incombe
l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto,
la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal
modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da
giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale
secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato,
mentre all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità
dello “standard” prescelto al caso concreto oggetto di accertamento.
(Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, comma 1, n. 1, c.p.c.)»
(Sez. 5, Sentenza n. 14288 del 13/07/2016, Rv. 640541 – 01);
-«In materia di IVA

(idem

per le imposte dirette,

ndr),

l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente
regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del
comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai
sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art.
54, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, sulla base di presunzioni
semplici, purchè gravi, precise e concordanti, il reddito del
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della 1. n. 549 del 1995, rappresentando la risultante dell’estrapolazione

contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i
corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio
della specifica attività svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di
fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie
dichiarazioni» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26036 del 30/12/2015, Rv.

La CTR non ha correttamente e pienamente applicato i principi di
diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, limitandosi ad
affermazioni alquanto generiche sul mancato assolvimento dell’onere
motivazionale/probatorio dell’Ente impositore, ma senza alcun
riferimento a quello gravante sul contribuente.
Gli ulteriori argomenti difensivi addotti con la memoria depositata dal
controricorrente non inducono a diversa considerazione, per un verso,
essendo persino ovvio che il primo principio di diritto richiamato, al
quale si intende dare seguito, proprio perché è un “principio”, nella sua
essenza ermeneutica astrae dal caso concreto in decisione ed è quindi
senz’altro riferibile, per eadem ratio, anche alla fattispecie concreta
oggetto della presente lite tributaria; per altro verso, dovendosi
effettuare la valutazione della questione della “antieconomicità” della
gestione dell’attività imprenditoriale del contribuente nell’ottica e
nell’ambito del giudizio meritale e perciò dovendosi applicare in
concreto il riparto dell’onere probatorio, quale fissato in entrambi detti
arresti giurisprudenziali.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo
dedotto, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla
Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa
composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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638203 – 01).

Così deciso in Roma, 6 dicembrf 2017

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