Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4245 del 22/02/2010

Cassazione civile sez. II, 22/02/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 22/02/2010), n.4245

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A., rappresentata e difesa, in forza di procura

speciale a margine del ricorso, dagli Avv. Valsecchi Lodovico e

Alessio Petretti, elettivamente domiciliata nello studio di

quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni, n. 268/A;

– ricorrente –

contro

L.B., MO.An., S.B., B.

R., G.K., BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI CARAVAGGIO,

M.C. e M.G., R.S.,

M.F., M.D., F.F.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Bergamo in data 20 dicembre

2006;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 17

dicembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. CARESTIA Antonietta, che ha concluso per

l’accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il resto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – M.A. è comproprietaria, insieme ad M. A., dell’immobile sito in (OMISSIS).

Essendo il Mo.An. debitore esecutato nell’ambito di un procedimento (inscritto al n. 321/05 del registro generale esecuzioni) pendente innanzi al Tribunale di Bergamo, alla M. A. è stato notificato avviso a comparire ex art. 599 cod. proc. civ..

In detto procedimento il giudice dell’esecuzione ha disposto procedersi alla divisione del lotto comprendente l’immobile di cui la M.A. è comproprietaria.

Instaurato il procedimento di divisione (inscritto al n. 10510/06 del registro generale), la M.A. si è costituita ed ha chiesto al giudice di disporre la vendita all’incanto della sola quota di 1/2 dell’immobile de quo, intestata al Mo.An., opponendosi alla vendita dell’intero immobile.

Il giudice istruttore, con ordinanza resa all’udienza del 20 dicembre 2006, facendo riferimento alla perizia effettuata sul bene oggetto del giudizio nell’ambito della procedura esecutiva, ha ritenuto la non comoda divisibilità dell’immobile e ha quindi disposto la vendita dell’intero immobile.

2. – Per la cassazione della detta ordinanza la M.A. ha proposto ricorso, con atto notificato il 25 gennaio 2007, affidato a tre motivi.

Gli intimati indicati in epigrafe non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 788 cod. proc. civ.. Essendo sorta controversia tra le parti in ordine alla necessità di procedere alla vendita dell’intero immobile o della sola quota di proprietà del debitore, il giudice istruttore avrebbe dovuto prendere atto di tale contrasto e, in base all’art. 788 cod. proc. civ., avrebbe dovuto rimettere la decisione al collegio. Di qui il quesito di diritto “se la decisione impugnata, resa nell’ambito di un giudizio di divisione e presa nella forma dell’ordinanza, abbia violato o meno il disposto dell’art. 788 cod. proc. civ., stante la controversia insorta tra le parti in merito alla necessità di vendere l’immobile oggetto di causa limitatamente alla quota del debitore esecutato o per l’intero”.

Il secondo mezzo denuncia violazione del principio del contraddittorio (artt. 24 e 111 Cost. e artt. 101 e 102 cod. proc. civ.). Si chiede “se l’ordinanza impugnata, nel ritenere la non comoda divisibilità dell’immobile oggetto di causa sulla base della perizia svolta nel giudizio di esecuzione, cui la ricorrente era rimasta estranea, abbia violato o meno il principio del contraddittorio e, quindi, gli artt. 24 e 111 Cost. e artt. 101 e 102 cod. proc. civ.”.

Con il terzo motivo si prospetta la violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6, avendo il giudice omesso, pur in presenza di richiesta della parte, di concedere i termini per le modificazioni e precisazioni delle domande, nonchè per l’indicazione dei mezzi istruttori e delle relative repliche.

2. – Il ricorso è inammissibile.

Il problema che il ricorso solleva concerne l’individuazione del rimedio al quale, nell’ambito del procedimento di divisione, è assoggettabile l’ordinanza di vendita pronunciata dal giudice istruttore in presenza di contestazioni sul punto.

La giurisprudenza di questa Corte ha sinora, con indirizzo consolidato (Cass., Sez. 2, 8 novembre 1974, n. 3432; Cass., Sez. 2, 5 febbraio 1980, n. 834; Cass., Sez. 2, 23 gennaio 1988, n. 525;

Cass., Sez. 2, 12 febbraio 2000, n. 1572), ritenuto tale ordinanza impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, a norma dell’art. 111 Cost..

Si è infatti affermato che nel procedimento di scioglimento della comunione, qualora sorga una controversia sulla necessità di vendita degli immobili, la relativa decisione compete a norma dell’art. 788 cod. proc. civ. al collegio, con la conseguenza che ove la vendita sia stata disposta con ordinanza del giudice istruttore anzichè con sentenza da parte del collegio, tale provvedimento, contro cui non è dato nè reclamo immediato al collegio nè il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, è impugnabile con il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., avendo esso, malgrado la forma assunta, contenuto decisorio e non essendo altrimenti impugnabile.

A tale conclusione si è giunti facendo leva sia sulla natura decisoria del provvedimento in questione (giacchè con esso non solo si statuisce sui diritti delle parti, ma anche si provvede, sia pure per implicito, sulla contestazione tra le stesse insorta in ordine alla necessità della vendita), sia sull’abnormità dello stesso, in quanto emesso dal giudice istruttore in una situazione di difetto di attribuzione, essendo detto giudice investito, nel procedimento di divisione giudiziale, di un'”attività esclusivamente organizzatoria e direttiva ma mai decisoria”, attesa la “ripartizione di competenze funzionali specifiche tra giudice istruttore e collegio … con riferimento alla sussistenza o meno di un conflitto tra le parti” (cosi Cass., Sez. 2, 12 febbraio 2000, n. 1572, cit.).

Questo indirizzo merita di essere rimeditato alla luce della sopravvenuta evoluzione normativa.

Benchè l’art. 788 c.p.c., comma 2, in tema di vendita di immobili nello scioglimento di comunioni, continui a prevedere che “Se sorge controversia, la vendita non può essere disposta se non con sentenza del collegio”, la riserva di collegialità nel procedimento di divisione è venuta meno. Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), con la nuova formulazione della norma – oggi l’art. 50-bis cod. proc. civ. – contenente l’indicazione delle cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale, ha infatti sottratto il procedimento in esame (al contrario del previdente del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 48 nel testo sostituito dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 88) alla detta riserva di collegialità.

Ne deriva che, essendo il procedimento di scioglimento di comunioni trattato e deciso davanti al tribunale in composizione monocratica, nell’art. 788 cod. proc. civ. non c’è più alcuna divergenza, sotto il profilo della composizione dell’organo decidente, tra la pronuncia del giudice istruttore ove non sia sorta controversia sulla necessità della vendita e quella resa dal giudice monocratico ove siano sorte contestazioni al riguardo: vi siano o meno contestazioni, la vendita, dopo la citata modifica normativa, è disposta comunque dal tribunale in composizione monocratica, rispettivamente con sentenza o con ordinanza.

La sottrazione del giudizio di divisione al novero delle controversie riservate al collegio è destinata a far venir meno la qualificazione in termini di provvedimento abnorme per ragioni funzionali dell’ordinanza con cui il giudice istruttore dispone la vendita pur in presenza di contestazioni, essendo sempre il medesimo giudice, sia pure dopo avere messo in moto il meccanismo relativo alla fase decisoria e con provvedimento diverso , a pronunciare al riguardo.

Allorchè nel procedimento di divisione il giudice istruttore provvede con ordinanza sulla vendita, pur essendo sorta controversia sul punto, il provvedimento, pronunciato in ogni caso da un organo munito di potere decisorio, diverge dalla sentenza di cui all’art. 788 c.p.c., comma 2 solo per la forma, ma è sentenza nel contenuto sostanziale. Ne deriva che – poichè l’impugnazione del provvedimento, a garanzia del diritto di difesa delle parti, non può dipendere dalla forma che gli ha fatto assumere il giudice, ma solo dal suo contenuto e quindi non può essere sufficiente l’errore di questo nell’individuazione della giusta forma del provvedimento a privare la parte del suo diritto all’impugnazione (principio della cd. prevalenza della sostanza sulla forma) – detta ordinanza è impugnabile con i rimedi ordinari, e quindi è, non ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., ma appellabile.

Alle medesime conclusioni, del resto, questa Corte è pervenuta in tema di ordinanza di convalida di licenza o di sfratto di cui all’art. 663 cod. proc. civ., emessa fuori dai presupposti previsti dalla legge, essendosi statuito che l’ordinanza di convalida di licenza o di sfratto, pur essendo in linea di principio impugnabile soltanto con l’opposizione tardiva ex art. 668 cod. proc. civ., è tuttavia soggetta al normale rimedio dell’appello se emanata nel difetto dei presupposti prescritti dalla legge, costituiti dalla presenza del locatore all’udienza fissata in citazione e dalla mancanza di eccezioni o difese del conduttore o dalla sua assenza, e, quindi, al di fuori dello schema processuale ad essa relativo, essendo, in tal caso, equiparabile, nella sostanza, ad una sentenza, anche ai fini dell’impugnazione (da ultimo, Cass., Sez. 3, 23 gennaio 2006, n. 1222; Cass., Sez. 3, 16 maggio 2006, n. 11380).

3. – Il proposto ricorso straordinario per cassazione va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Non vi è luogo ad alcuna pronuncia sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, a seguito di riconvocazione, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2010

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