Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4245 del 17/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/02/2017, (ud. 10/01/2017, dep.17/02/2017),  n. 4245

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 23001 del ruolo generale dell’anno

2013 proposto da:

S.F., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv. Giulio Gaeta, presso lo studio del

quale in Roma, alla via G. Palumbo, n. 26, elettivamente si

domicilia;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, sezione 7, depositata in data 12 aprile

2013, n. 213/07/13;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

10 gennaio 2017 dal Consigliere Dott. PERRINO Angelina Maria;

uditi per il contribuente l’avv. Giulio Gaeta e per l’Agenzia delle

entrate l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per

l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri.

Fatto

L’Agenzia delle Entrate in relazione all’anno d’imposta 2006 ha accertato a carico del contribuente maggiore materia imponibile ai fini delle imposte dirette, dell’Irap e dell’Iva, facendo leva sull’antieconomicità della gestione aziendale. Il contribuente ha impugnato l’avviso, ottenendone l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale e quella regionale ha respinto il successivo appello da lui proposto, sostenendo che nessuna spiegazione fosse stata fornita in ordine alla vendita sotto costo, salvo generici riferimenti a perdite dovute ad un incendio, non adegutamente riscontrato. Avverso questa sentenza propone ricorso il contribuente per ottenerne la cassazione, che articola in due motivi, cui l’Agenzia replica con controricorso.

Diritto

1.- Il collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata, giusta il Decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016.

2.- Infondato è il primo motivo di ricorso, concernente l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in ordine alla circostanza dell’avvenuto incendio nell’anno in questione, che il contribuente assume documentata da cinque verbali di denuncia alle autorità di pubblica sicurezza intervenute in loco con l’ausilio dei vigili urbani e dei vigili del fuoco. Ciò in quanto il giudice d’appello ha affermato che “…nessuna spiegazione è stata fornita in merito alla incongruenza rappresentata da vendita di merce sotto costo, a meno di un generico riferimento a una perdita di merce dovuta ad un incendio, di cui non sono stati forniti sufficienti elementi oggettivi di riscontro”. L’evento dell’incendio è stato quindi preso in considerazione, ma ritenuto non specificato e provato.

2.1.- Il motivo s’infrange allora contro il principio di diritto, applicabile ratione temporis, secondo il quale la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con L. n. 134 del 2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Va quindi esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., sez. un., n. 8053 e 8054/14, nonchè, tra varie, sez. un. n. 19881 del 2014).

2.2.- In particolare, per un verso l’omesso esame di elementi istruttori non integra vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra varie, Cass., ord. n. 2498/15 e ord. n. 13448/15); per altro verso, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non è inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 11892/16).

3.- L’inammissibilità del motivo si riverbera sulla valutazione del secondo motivo, col quale il contribuente punta sulla prova dell’imputabilità del risultato negativo di esercizio all’evento incendio, eccezionale e non prevedibile. Rimane difatti non contrastata la valutazione di antieconomicità della gestione, da cui è scaturito l’accertamento. Di qui l’infondatezza del motivo.

4.- Il ricorso va in conseguenza respinto e le spese seguono la soccombenza.

Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

la Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese, che liquida in Euro 2500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Dichiara la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2017

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