Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4244 del 22/02/2010

Cassazione civile sez. II, 22/02/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 22/02/2010), n.4244

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI TRAPANI, in persona

del Prefetto pro tempore, rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli Uffici di questa

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

C.F., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale in calce al ricorso, dagli Avv. Di Trapani Giuseppe e

Patrizia Barlettelli, elettivamente domiciliato nello studio di

quest’ultima in Roma, via della Bufalotta, n. 174;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Marsala in data 1 febbraio 2006;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 17

dicembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. CARESTIA Antonietta, che ha concluso per

l’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso e per

l’inammissibilità del primo motivo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – C.F. ha proposto opposizione avverso l’ordinanza- ingiunzione n. 178/00 del 30 marzo 2005, con la quale la Prefettura di Trapani gli aveva intimato – a seguito di verbale di contestazione notificato in data 1 settembre 2000 dalla Guardia di finanza – il pagamento della somma di Euro 23.250,74 per violazione della L. 10 febbraio 1992, n. 164, art. 29, comma 2, (Nuova disciplina delle denominazioni d’origine dei vini), per avere indicato nella denuncia di produzione delle uve, relativamente alla campagna vendemmiale del 1995, un quantitativo di uva maggiore rispetto alla sua capacità produttiva.

Nella resistenza dell’Amministrazione convenuta, il Tribunale di Marsala, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 1 febbraio 2006, ha accolto l’opposizione ed annullato l’ordinanza- ingiunzione, avendo rilevato che non era stato osservato, in violazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14 il termine di 90 giorni dall’accertamento della violazione per la sua notificazione al trasgressore.

2. – Per la cassazione della sentenza del Tribunale la Prefettura ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi.

L’intimato ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1611 del 1933, art. 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 2, eccependo l’incompetenza territoriale del Tribunale di Marsala, che sarebbe stato erroneamente adito dall’opponente in violazione della regola del foro erariale.

2 . – Il motivo è inammissibile.

La questione è nuova, in quanto non risulta trattata nella sentenza impugnata: l’Amministrazione ricorrente avrebbe dovuto allegare e dimostrare di avere sollevato la relativa eccezione non oltre la prima udienza di trattazione, tenuto conto della portata di carattere generale della norma di cui all’art. 38 c.p.c., comma 1, che preclude di rilevare, anche d’ufficio, oltre la predetta udienza, l’incompetenza territoriale inderogabile che, ai sensi dell’art. 28 cod. proc. civ., è prevista, oltrechè nei casi ivi elencati espressamente, in tutti quelli in cui essa è stabilita dalla legge.

3. – Il secondo mezzo prospetta omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Non vi sarebbe la rilevata tardività nella contestazione dell’infrazione, perchè gli elementi che dovevano essere oggetto di contestazione erano stati acquisiti dalla Guardia di finanza nell’ambito di un procedimento penale, come attività di polizia giudiziaria, e dunque su di essi incombeva l’obbligo di segretezza di cui all’art. 329 cod. proc. pen..

Con il terzo motivo – da esaminarsi congiuntamente, stante la stretta connessione – la Prefettura denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 e dell’art. 329 cod. proc. pen., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La ricorrente sostiene che, di fronte ad una connessione probatoria tra illecito amministrativo e penale, le superiori esigenze di segretezza per il buon andamento della giustizia penale impongono alla polizia giudiziaria di mantenere il segreto, e dunque di non notificare all’interessato gli elementi probatori raccolti, neanche ai fini della contestazione di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14. E’ quanto avrebbe fatto la Guardia di finanza, che nella qualità di polizia giudiziaria aveva raccolto gli elementi a carico del C., e non poteva contestare tali elementi istruttori prima del nulla osta del pubblico ministero:

diversamente, avrebbe violato il segreto istruttorio e compromesso il buon esito del procedimento penale. Dal combinato disposto della L. n. 689 del 1981, art. 14, comma 1, e art. 329 cod. proc. pen. dovrebbe dedursi che, in ipotesi di connessione probatoria con un procedimento penale, il termine di 90 giorni per la contestazione dell’illecito amministrativo non decorre da quando si è acquisita la conoscenza degli elementi istruttori, ma solo da quando è venuto meno il segreto istruttorio. Nel presente giudizio tale momento è coinciso con la concessione, da parte del pubblico ministero, del nulla osta all’utilizzazione per fini amministrativi delle prove raccolte nel procedimento penale.

4. – I motivi sono fondati.

Esaminando una questione identica, questa Corte (Sez. 2, 5 novembre 2009, n. 23477) ha avuto occasione di statuire che “al di fuori dell’ipotesi di connessione per pregiudizialità, disciplinata dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 24 qualora gli elementi di prova di un illecito amministrativo emergano dagli atti relativi alle indagini penali, il termine stabilito dall’art. 14 della citata Legge per la notificazione della contestazione decorre dalla ricezione degli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria all’autorità amministrativa”.

In detta pronuncia la Corte ha stabilito che, anche nell’ipotesi in cui la violazione amministrativa emerga dagli atti penali senza che ricorra l’ipotesi della connessione per pregiudizialità del reato con l’illecito amministrativo, gli agenti accertatori non possono trasmettere gli atti all’autorità amministrativa senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, atteso che spetta a quest’ultima verificare se ricorra o meno la vis attractiva della fattispecie penale e, ove ritenga che non sussistono i relativi presupposti, adottare gli eventuali provvedimenti per la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa: la previsione del segreto istruttorie di cui all’art. 329 cod. proc. pen., che anche gli agenti accertatori sono tenuti ad osservare, impedisce che questi possano assumere l’iniziativa di portare a conoscenza dell’indagato attraverso la contestazione della violazione amministrativa gli elementi raccolti nell’ambito delle indagini penali, la cui divulgazione potrebbe compromettere l’andamento delle indagini stesse. E, in tal caso, il termine di cui al citato art. 14 non può che decorrere dalla ricezione degli atti da parte dell’autorità giudiziaria secondo quanto stabilito dal comma 3. Difatti, la portata precettiva di tale disposizione non può essere limitata all’ipotesi di sanzioni amministrative depenalizzate, sussistendo in tutti i casi in cui la competenza del giudice penale in ordine alla violazione amministrativa viene a cessare : il che si verifica non soltanto nell’ipotesi di trasmissione da parte dell’autorità giudiziaria che accerti il difetto di giurisdizione in ordine alla violazione amministrativa, ma anche nel caso in cui il procedimento penale si chiude per estinzione del reato o per difetto di una condizione di procedibilità (della L. n. 689 del 1981, art. 24, u.c.).

Erroneamente, pertanto, il Tribunale ha ritenuto che il termine di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14 potesse decorrere da un momento anteriore al nulla osta del pubblico ministero.

5. – la sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti.

La causa va pertanto rinviata al Tribunale di Marsala, che la deciderà, attenendosi al principio di diritto sub 4, in persona di altro magistrato.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Marsala, in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2010

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