Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4244 del 21/02/2011

Cassazione civile sez. III, 21/02/2011, (ud. 13/01/2011, dep. 21/02/2011), n.4244

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 4947-2010 proposto da:

T.N. (OMISSIS), T.O.

(OMISSIS), T.L. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 66, presso

lo studio dell’avvocato RINALDI GALLICANI SIMONA, rappresentati e

difesi dall’avvocato BIONDO GIUSEPPE, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI S. ALESSIO SICULO (ME) in persona del Sindaco e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

UGO DE CAROLIS 155, presso lo studio dell’avvocato GUARNIERI LUIGI,

rappresentato e difeso dall’avvocato BRIGANDI’ SEBASTIANO MASSIMO,

giusta Delib. G.M. 25 febbraio 2010, n. 33, e giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 121/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

5.2.09, depositata il 19/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Giuseppe Biondo che si riporta ai

motivi del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato Massimo Brigandì che si

riporta ai motivi del controricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIERFELICE

PRATIS che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

RITENUTO

quanto segue:

p.1. O., L. e T.N., in proprio e nella qualità di eredi di B.A., hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 19 febbraio 2009, con la quale la Corte d’Appello di Messina Roma ha rigettato l’appello da loro e dalla B., frattanto deceduta, proposto avverso la sentenza resa in primo grado nella controversia da loro introdotta contro il Comune di S. Alessio Siculo.

Al ricorso ha resistito il Comune di S. Alessio Siculo con controricorso.

p.2. Essendo il ricorso soggetto alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e prestandosi ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c. nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, è stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

quanto segue:

p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., si sono svolte le seguenti considerazioni:

“(…) 3. – Il ricorso appare inammissibile perchè non ha osservato il requisito dei ammissibilità di cui all’art. 366-bis c.p.c., norma applicabile nonostante l’abrogazione disposta dalla L. n. 69 del 2009, art. 47, giusta l’art. 58, comma 5, della stessa legge, che ne dispone l’ultrattività per i ricorsi per cassazione, proposti dopo la sua entrata in vigore contro provvedimenti pubblicati anteriormente ad essa, com’è quello impugnato.

Infatti, l’illustrazione del primo motivo, dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3, non si conclude con la formulazione del prescritto quesito di diritto, mentre il secondo, il terzo ed il quarto motivo, dedotti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non si conclude e nemmeno contiene il cd. momento di sintesi espressivo della cd. “chiara indicazione, cui alludeva l’art. 366-bis c.p.c. (si veda, fra tante, Cass. sez. un. n. 20603 del 2007)”.

p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, che non sono in alcun modo criticate efficacemente dalla memoria dei ricorrenti.

In essa, infatti, si sostiene che il caso come quello in esame – in cui il provvedimento impugnato in cassazione sia stato pubblicato prima del 4 luglio 2009, cioè anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 e, quindi, alla data di efficacia dell’abrogazione dell’art. 366-bis c.p.c. da parte dell’art. 47 della legge stessa, ed il ricorso per cassazione sia stato proposto successivamente non sarebbe regolato dall’art. 58, comma 5, della legge, ma resterebbe regolato dal comma 1, stesso art., di cui l’art. 58, comma 5, sarebbe una deroga.

L’assunto per la verità omette di spiegare chiaramente quale sarebbe allora la fattispecie prevista e regolata in via derogatoria rispetto all’art. 58, comma 1, nel detto comma 5. Sembrerebbe ipotizzabile che si tratti dell’ipotesi nella quale non solo il provvedimento impugnato, ma anche il ricorso per cassazione sia proposto successivamente alla pubblicazione del provvedimento impugnato.

Senonchè, il legislatore avrebbe dovuto usare una diversa formulazione per produrre un simile effetto.

In base alla norma stabilita nel comma 1 l’abrogazione dell’art. 366- bis c.p.c., disposta dalla L. n. 69 del 2009, art. 47 avrebbe potuto regolare soltanto i ricorsi per cassazione proposti nell’ambito di giudizi introdotti in primo grado dopo l’entrata in vigore della legge. L’abrogazione, non avendo effetto per i giudizi pendenti, non sarebbe stata rilevante nè per i ricorsi per cassazione proposti prima del 4 luglio 2009 (evidentemente contro provvedimenti pubblicati prima del 4 luglio 2009 e nei quali la Corte di cassazione non avesse ancora deciso: il che, peraltro, sarebbe dovuto avvenire a prescindere dal comma 1, perchè l’attività di proposizione del ricorso per cassazione era un’attività del passato e non poteva essere apprezzata, in difetto di retroattività dell’abrogazione dell’art. 366-bis c.p.c.), nè per i ricorsi per cassazione proposti dopo il 4 luglio 2009 contro provvedimenti pubblicati prima di quella data, nè per i ricorsi proposti dopo il 4 luglio 2009 contro provvedimenti pubblicati successivamente a detta data. Ora, l’avere il legislatore dettato una specifica disposizione nel comma 5, in deroga – sulla base del “fatto salvo quanto previsto dai commi successivi” che si legge nello stesso comma 1 – dev’essere inteso come frutto di intentio legis diretta a contemplare tutte le situazioni sottratte all’operare della norma del comma 1, cioè tutte e tre le situazioni appena indicate, ed a stabilire quali o quali fra di esse, tutte accomunate dall’essere relative a processi instaurati in primo grado prima dell’entrata in vigore della legge e per ciò solo sottratte all’operare del comma 1, o meglio regolate dalla norma contraria al suo contenuto, desumibile dalla sua espressione in senso positivo, cioè con il dire a quali processi le modificazioni del codice di procedura si applicano (e, quindi, di contro a quali non si applicano). La formulazione usata dal legislatore, con il dare rilievo alla data di pubblicazione del provvedimento (o a quella di deposito, se – come si esprime impropriamente la legge – manchi la pubblicazione) del provvedimento contro il quale il ricorso è proposto esclude dal suo operare e, quindi, lascia regolata dalla norma del comma 1 e dal suo contrario, sia l’ipotesi in cui provvedimento e ricorso siano anteriori al 4 luglio 2009, sia l’ipotesi in cui il provvedimento è anteriore ed il ricorso successivo, come nel caso che si giudica. Copre solo l’ipotesi di provvedimento e ricorso entrambi successivi alla detta data (e relativi a controversia pendente in primo grado anteriormente al 4 luglio 2009).

Queste considerazioni evidenziano l’infondatezza dell’assunto della memoria.

La quale, poi, per il caso di rigetto della esegesi da essa proposta, prospetta questione di legittimità costituzionale della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, per come interpretato nella prospettiva della relazione (e qui ribadito), assumendo che sarebbero violati l’art. 73 e l’art. 3 Cost..

L’evocazione dell’art. 73, posto che il legislatore proprio come ammette la norma, riecheggiando principi stabiliti nell’art. 11 preleggi, ha dettato una espressa disposizione diretta ad escludere che l’abrogazione dell’art. 366-bis, in base al principio per cui la legge opera solo per l’avvenire,regolasse tutti i ricorsi per cassazione proposti dopo il 4 luglio 2009, non appare in alcun modo violata.

Quella dell’art. 3 non è nemmeno argomentata e comunque sarebbe palesemente priva di fondamento se si volesse evocare detta norma, in difetto di individuazione di un tertium comparationis la cui disciplina in senso diverso la renderebbe illegittima, sotto il profilo del criterio di ragionevolezza: è sufficiente osservare che l’art. 58, comma 5, provocando l’effetto di regolare il diritto di impugnazione in base all’efficacia dell’abrogazione dell’art. 366-bis solo se sorto dopo il 4 luglio 2009 è ispirato massimamente al criterio di ragionevolezza perchè in tal modo dispone l’efficacia dell’abrogazione solo per le situazioni oggetto di quell’esercizio nuove e per la loro intera durata, cioè fin dall’insorgenza del diritto di impugnare, quale amminicolo del diritto di agire e difendersi in giudizio, di cui all’art. 24 Cost..

p.3. Il ricorso è, dunque, dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro tremiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 13 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2011

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