Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4242 del 17/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/02/2017, (ud. 10/01/2017, dep.17/02/2017),  n. 4242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. TINARELLI Giuseppe Fuochi – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 12554 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

s.r.l. IGCOM, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al

controricorso, dagli avvocati Giovanni Del Re e Giuseppina

Dell’Aquila, elettivamente domiciliatosi presso lo studio del primo

in Roma, alla via Virginio Orsini, n. 21;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Lazio, sezione 1, depositata in data 9 giugno 2011, n.

450/01/11;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data

10 gennaio 2017 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

uditi per l’Agenzia delle entrate l’avvocato dello Stato Giancarlo

Caselli e per la contribuente l’avv. Giuseppina Dell’Aquila;

udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale Dott. De Augustinis Umberto, che ha concluso per

l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri.

Fatto

La società impugnò l’avviso di rettifica ad essa notificato, col quale l’allora Direzione generale delle tasse ed imposte sugli affari del Ministero delle Finanze aveva rettificato la dichiarazione presentata per l’anno 1988, contestando l’indebita detrazione di iva in relazione all’impiego di fatture per operazioni inesistenti e ne ottenne l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale. Quella regionale dichiarò inammissibile l’appello proposto dall’Ufficio, ma questa Corte, adita dal Ministero e dall’Agenzia delle entrate, ne accolse il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando anche per le spese ad altra sezione della Commissione tributaria regionale. Ne seguì la sentenza n. 246/10/09, depositata in data 31 dicembre 2009, con la quale la Commissione dichiarò l’estinzione del processo per mancata riassunzione nei termini di legge. Ciononostante la società ha proposto in data 23 settembre 2010 istanza di riassunzione, deducendo di essere venuta a conoscenza dell’esito del giudizio in Cassazione soltanto il precedente 16 luglio, allorquando ha appreso che il proprio difensore, al quale si era rivolta per avere notizie, era deceduto sin dal 13 luglio 2008, quando, cioè, ancora pendeva il termine annuale per la riassunzione. Accogliendo l’istanza, la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che l’inosservanza del termine per la riassunzione fosse dovuta a causa non imputabile alla parte e, nel merito, ha respinto l’appello dell’Ufficio per mancanza di adeguata prova della pretesa impositiva. Avverso questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a sette motivi, illustrati con memoria, cui la società reagisce con controricorso.

Diritto

1.- Il collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

2.- Con i primi quattro motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente perchè connessi, di rilevanza assorbente rispetto ai restanti, che affrontano il merito della controversia, l’Agenzia lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, che il giudice d’appello non ha dichiarato inammissibile la riassunzione, nonostante la definitività della sentenza con la quale il giudizio è stato dichiarato estinto per mancata riassunzione nei termini di legge, non ha considerato che il termine annuale per la riassunzione non è suscettibile di interruzione, non ha tenuto conto del fatto che la morte del difensore non è idonea ad incidere sull’osservanza dl termine perentorio per la riassunzione e, nell’ascrivere rilievo alla causa non imputabile alla parte, ha fatto applicazione della disciplina della rimessione in termini, inapplicabile nella fattispecie.

La complessiva censura è fondata e va accolta.

3.- La morte del difensore che aveva rappresentato la parte nel giudizio di cassazione, intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza che ha cassato con rinvio la decisione impugnata, non determina l’interruzione del processo, il quale deve essere riassunto nel termine di un anno, applicabile ratione temporis; e l’ampiezza di tale termine esclude la configurabilità di una lesione del diritto di difesa, consentendo agevolmente alle parti di assolvere l’onere di informarsi e di attivarsi con diligenza, come ad esse imposto dalla disciplina del processo al fine di assicurarne la ragionevole durata (in termini, Cass. n. 2329/14). Nè il decesso del difensore durante la pendenza del termine per impugnare è d’ostacolo alla pronuncia della sentenza che dichiari l’estinzione per inosservanza del termine di riassunzione e, per conseguenza, alla formazione del giudicato per mancata impugnazione.

Giudicato, che nel caso in esame si è indubitabilmente formato, essendo pacifico tra le parti che la sentenza n. 246/10/09 della Commissione tributaria regionale non è stata impugnata.

4.-Del tutto inconferente è per conseguenza la statuizione della sentenza impugnata che ha giustificato l’inosservanza del termine per la riassunzione in ragione di una pretesa causa non imputabile alla parte.

4.1.- L’istituto della rimessione in termini in tal modo evocato, previsto dall’art. 184 bis c.p.c., applicabile all’epoca dei fatti, è senz’altro applicabile al rito tributario, purchè, però, il processo non sia ormai definito con sentenza irretrattabile (conf., Cass. n. 12544/15).

Ne deriva, in accoglimento del ricorso, la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata ex art. 382 c.p.c., perchè il giudizio non poteva essere proseguito.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

la Corte:

accoglie i primi quattro motivi di ricorso, assorbiti i restanti, cassa senza rinvio la sentenza impugnata ex art. 382 c.p.c., perchè il giudizio non poteva essere proseguito e condanna la contribuente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2017

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