Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4241 del 22/02/2010

Cassazione civile sez. II, 22/02/2010, (ud. 04/12/2009, dep. 22/02/2010), n.4241

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonio – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.C., rappresentato e difeso dagli avv.ti Borghetti

Alberto e Luigi Manzi ed elett.te dom.to presso lo studio del secondo

in Roma, Via Federico Gonfalonieri n. 5;

– ricorrente –

contro

A.S., rappresentato e difeso dagli avv.ti Nicolini Cesare

e Francesco Guido Romanelli, elett.te dom.to presso quest’ultimo in

Roma, Via Cosseria n. 5;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia n. 910/03,

depositata il 15 novembre 2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4

dicembre 2009 dal Consigliere dott. Carlo DE CHIARA;

udito per il ricorrente l’avv. C. ALBINI, per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il sig. T.C. convenne davanti al Tribunale di Mantova il sig. A.S.. Chiese (per quanto qui ancora rileva) dichiararsi estinta la servitù di passaggio gravante, in favore di proprietà del convenuto, su una sua corte colonica in agro di (OMISSIS). Dedusse in primo luogo la cessazione dell’interclusione del fondo dominante, ai sensi dell’art. 1055 c.c. e, in subordine, il venir meno dell’utilità della servitù, ai sensi dell’art. 1074 c.c..

Il convenuto resistette e il Tribunale accolse la domanda ai sensi dell’art. 1055 c.c., ritenendo sussistente il presupposto della natura coattiva della servitù nonostante il diritto fosse stato costituito convenzionalmente con un atto di divisione del (OMISSIS).

Il sig. A. propose appello avverso la statuizione di estinzione della servitù; il sig. T. resistette e in via di appello incidentale chiese, in particolare, estendersi la pronuncia di estinzione anche alla servitù costituita, con il medesimo atto del (OMISSIS), in favore della proprietà di tali sigg.ri G., poi pervenuta anch’essa all’ A..

La Corte di Brescia ha accolto l’appello principale e respinto quello incidentale.

Ha infatti negato il carattere coattivo della servitù non essendovi traccia nell’atto costitutivo dell’interclusione del fondo dominante e della volontà di porre ad essa rimedio mediante il riconoscimento del diritto di passaggio; sicchè non vi era spazio per l’applicazione dell’art. 1055 c.c..

Per la medesima ragione, ad avviso della Corte, non vi era spazio per applicare detta norma neppure al secondo, autonomo titolo del diritto di transito in favore dell’ A., quello, cioè, costituito, con lo stesso atto del (OMISSIS), in favore di immobili all’epoca di proprietà G.. A tal proposito, la Corte ha altresì affermato la validità dell’atto in parte qua – che era stata negata dal Tribunale sul rilevo del difetto di forma scritta ad substantiam – osservando che “i fondi serventi recte: dominanti sono infatti individuati per relationem mediante il richiamo alla proprietà dei G., l’identificazione della quale, facilmente ricavabile per tabulas, non è neanche mai stata oggetto di contrasto tra le parti”.

La Corte ha anche respinto la domanda subordinata di estinzione della servitù per il venir meno della sua utilità per l’ A., il quale invece restava interessato al passaggio in questione consentendogli, questo, di raggiungere la pubblica via attraverso un percorso più breve e diretto di un altro pure a sua disposizione.

Avverso la sentenza di appello il sig. T. ha proposto ricorso per cassazione per sei motivi, cui il sig. A. ha resistito con controricorso e memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo, il secondo ed il quinto motivo di ricorso sono connessi, sicchè è bene esaminarli assieme.

1.1. – Con il primo la sentenza viene censurata – denunciando violazione degli artt. 1032, 1051, 1054, 1055 e 1362 e ss. c.c. nonchè vizio di motivazione – per l’interpretazione data del contratto costitutivo della servitù. Si lamenta che la Corte di appello non abbia tenuto conto che i contraenti avevano convenuto il riconoscimento del diritto di passaggio nella presupposizione dell’interclusione del fondo dominante prodotta dal medesimo atto – l’atto, cioè, di divisione del (OMISSIS) – e nella consapevolezza, notoria quanto ai contadini, che dalla interclusione derivava il diritto al passaggio coattivo.

1.2. – Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 1362 c.c. e vizio di motivazione, si lamenta che la Corte di appello abbia omesso di “ritenere e decidere” sulla presupposizione di cui si è detto, affermata dal Tribunale e valorizzata dal T., che l’avrebbe portata a considerare invece di natura coattiva la servitù.

1.3. – Con il quinto motivo, denunciando violazione degli artt. 1055 e 1362 e ss. c.c. si deduce che, quale che sia la natura – volontaria o coattiva – della servitù, la cessazione dell’interclusione del fondo dominante comporta comunque la cessazione del diritto di passaggio, ai sensi dell’art. 1055 c.c..

1.4. – Tutte le predette censure vanno disattese.

Ai fini della costituzione negoziale di una servitù coattiva non è sufficiente la mera sussistenza dell’esigenza tutelata dalla legge con l’imposizione della servitù, ma è necessario che dal negozio risulti l’intenzione delle parti di sopperire a quell’esigenza in adempimento del correlativo obbligo legale, derivandone, in mancanza, la costituzione di una servitù volontaria, ancorchè il suo contenuto corrisponda a quello della servitù coattiva (cfr. spec. Cass. 4533/1990, 3306/1981).

Inesattamente il ricorrente invoca Cass. 5759/81 (nel quinto motivo) e Cass. 9303/94 (nel primo), nelle cui massime l’estinzione ai sensi dell’art. 1055 c.c. è indicata per le servitù di origine negoziale che “si ricolleghino” ai presupposti del passaggio coattivo. In tali precedenti, invero, non si sostiene affatto che in tutti i casi in cui ricorrano i presupposti del passaggio coattivo (l’interclusione, in pratica, del fondo dominante) la servitù, pur se costituita negozialmente, assuma per ciò solo carattere coattivo, e non ci si discosta, invece, dall’orientamento sopra richiamato che da preminente rilievo all’intenzione delle parti; tanto è vero che entrambi i precedenti hanno riguardo a fattispecie in cui i giudici di merito avevano appunto accertato che la servitù era stata costituita per ovviare all’interclusione.

L’accertamento, poi, della sussistenza di siffatta intenzione delle parti è questione di interpretazione del negozio; e nel caso che ci occupa l’interpretazione dei giudici di appello, i quali escludono la sussistenza di tale intenzione, non viene ammissibilmente censurata dal ricorrente. Questi, infatti, insiste sulla circostanza che le parti avevano presupposto l’interclusione del fondo dominante;

deduce, cioè, un elemento in fatto (la presupposizione da parte dei contraenti) che i giudici di merito non hanno accertato e che egli si limita ad affermare senza dedurre alcuno specifico vizio logico del ragionamento dei giudici che a quell’accertamento non sono, invece, pervenuti: insomma, si limita a svolgere una pura e semplice critica di merito alla decisione impugnata.

2. – Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 1055 c.c. nonchè vizio di motivazione. Il ricorrente premette che il Tribunale aveva escluso che l’atto del (OMISSIS) potesse essere considerato titolo autonomo di servitù di passaggio attraverso la corte in favore dei G., atteso che conteneva la sola manifestazione della volontà di tollerare il loro passaggio, non anche della volontà contrattuale di costituire il corrispondente diritto. Lamenta, quindi, che sul punto la Corte di appello “non ha adeguatamente dato risposta o ha dato decisione contraria a norma (art. 1051 c.c.), per di più con scarsa, rectius inesistente o insufficiente motivazione, tale da non consentire di comprendere compiutamente l’iter logico-giuridico seguito dalla corte stessa”, e “fa propria la motivazione del tribunale”.

2.1. – Il motivo è inammissibile perchè la censura è priva di specificità, dato che la sentenza di appello viene criticata facendo generico rinvio a quella di primo grado, senza neppure specificare cosa sia affermato nella sentenza di primo grado che non sia stato motivatamente superato dalla Corte di appello. L’adombrata censura di difetto assoluto di motivazione, poi, non ha alcun pregio, dato che la decisione oggetto di ricorso ha, con tutta evidenza, una motivazione comprensibile.

3. – Con il quarto motivo, denunciando violazione dell’art. 1074 c.c. e vizio di motivazione, si censura il rigetto della domanda di estinzione della servitù per il venir meno della sua utilità. Sì deduce che erroneamente la Corte di appello ha privilegiato l’interesse del fondo dominante e che avrebbe dovuto, invece, “contemperare” gli interessi del fondo dominante e del fondo servante e considerare la prevalenza dell’interesse di quest’ultimo.

3.1. – Il motivo, per il vero ai limiti della comprensibilità, è comunque manifestamente infondato, dato, che la norma invocata non accenna affatto al “contemperamento” invocato dal ricorrente.

4. – Con il sesto motivo, denunciando violazione dell’art. 1031 c.c. si censura l’affermazione della validità della costituzione della servitù in favore della proprietà G. con l’atto del (OMISSIS), deducendosi l’insussistenza del requisito di forma giacchè il fondo dominante non era individuabile in ragione dei soli elementi risultanti dall’atto costitutivo della servitù.

4.1. – Il motivo è infondato.

La sentenza da atto che il fondo dominante era individuato, senza incertezze, per relationem mediante il riferimento alla proprietà dei G., l’identificazione della quale era facilmente ricavabile per tabulas e non era neppure controversa tra le parti.

Tale statuizione è corretta in diritto: l’esigenza, invero, che nell’atto costitutivo di una servitù siano specificamente indicati tutti gli elementi di questa, non implica la necessità della espressa indicazione ed analitica descrizione del fondo servente e di quello dominante, essendo invece sufficiente che i predetti elementi siano comunque desumibili dal contenuto dell’atto, che siano cioè determinabili, attraverso i consueti strumenti ermeneutici, il fondo dominante, quello servente ed il contenuto dell’assoggettamento di quest’ultimo all’utilità del primo; e tale attività interpretativa, concretandosi in un’indagine sull’effettiva volontà dei contraenti in ordine all’eventuale costituzione di una servitù prediale, costituisce accertamento di fatto sindacabile in sede di legittimità solo per motivazione incongrua o affetta da errori logici o per inosservanza delle regole di ermeneutica (cfr., per tutte, Cass. 1516/2000).

5. – Il ricorso va in conclusione respinto, con condanna del soccombente alle spese processuali, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.200,00, di cui 2.000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2010

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