Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4241 del 19/02/2020
Cassazione civile sez. III, 19/02/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 19/02/2020), n.4241
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 28483 del ruolo generale dell’anno
2016 proposto da:
M.G., (C.F.: (OMISSIS)), V.C. (C.F.:
(OMISSIS)), il primo quale avvocato difensore di sè stesso, il
secondo rappresentato e difeso dal primo, giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrenti –
nei confronti di:
C.S., (C.F.: (OMISSIS));
– intimata –
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Tivoli n.
2078/2016, pubblicata in data 10 novembre 2016;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 5
dicembre 2019 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo;
uditi:
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del primo
motivo del ricorso (assorbito il secondo, rigettato il terzo);
l’avvocato M.G., per i ricorrenti.
Fatto
FATTI DI CAUSA
C.S. ha proposto opposizione avverso due distinti precetti di pagamento che le sono stati intimati dall’associazione professionale M. – V. sulla base di quattro cambiali emesse dalla stessa C. in favore del coniuge separato P.A. e da questi girate.
Le due opposizioni sono state riunite e rigettate dal Giudice di Pace di Castelnuovo di Porto.
Il Tribunale di Tivoli, in riforma della decisione di primo grado, le ha invece accolte; ha di conseguenza dichiarato inefficaci gli atti di precetto opposti e condannato l’associazione intimante a restituire alla C. gli importi frattanto da questa pagati in virtù della sentenza di primo grado. Ha altresì rigettato la richiesta di condanna dell’opponente al risarcimento dei danni per lite temeraria, ai sensi dell’art. 96 c.p.c..
Ricorrono M.G. e V.C., aventi causa delle situazioni giuridiche della cessata associazione professionale M. – V., sulla base di tre motivi.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione del R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669, artt. 16 e 17 (c.d. Legge Cambiaria)”.
Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione del R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669, art. 20 (c.d. Legge Cambiaria)”.
I primi due motivi del ricorso sono logicamente connessi e possono quindi essere esaminati congiuntamente.
Essi sono inammissibili.
Nella sentenza impugnata è chiaramente affermato: “emerge (dal contesto letterale dei titoli) che le cambiali oggetto del presente giudizio sono state girate da P.A. per l’incasso (all’avv.) V.”; e, successivamente: “in difetto di prova di un diverso rapporto, deve prevalere il tenore letterale della scrittura”.
Sulla base di tale premessa di fatto, il tribunale ha coerentemente ritenuto, in diritto, proponibile l’eccezione di compensazione, fondata sui rapporti personali della C. con il girante P., trattandosi di girata per l’incasso (che legittima appunto l’obbligato ad opporre al portatore le eccezioni che avrebbe potuto opporre al girante, ai sensi dell’art. 22 della Legge Cambiaria, R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669).
I ricorrenti contestano l’accertamento di fatto in questione, sostenendo che non si trattava di una girata per l’incasso, ma di una girata piena in loro favore (e che la girata per l’incasso era invece quella da loro effettuata successivamente, in favore del notaio G.).
Le censure non sono però, sotto tale profilo, sufficientemente specifiche, come prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Esse si fondano evidentemente sul tenore letterale delle cambiali, ma i titoli non sono allegati al ricorso, nè è indicata esattamente la loro esatta allocazione nel fascicolo processuale e non ne è neanche adeguatamente riprodotto il contenuto rilevante, onde consentire alla Corte di valutare la fondatezza delle contestazioni (verificando, in particolare, quanto affermato nel ricorso in relazione alla localizzazione delle sottoscrizioni di girata sui documenti).
Neanche si precisa nel ricorso, d’altra parte, se la questione della localizzazione delle sottoscrizioni di girata sul titolo era stata effettivamente già posta in sede di merito, ed eventualmente in quali atti processuali ed in quale fase processuale.
L’accertamento di fatto sulla riferibilità della clausola “per l’incasso” alla girata del P. e non a quella del V., operata dal tribunale, non risulta adeguatamente censurata, infine, neanche sotto il profilo della motivazione, non essendo stata dedotta la mancanza, l’apparenza o l’insanabile contraddittorietà logica della stessa.
Il ricorso risulta pertanto radicalmente inammissibile sotto il profilo in esame e non può essere esaminato nel merito.
2. Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c.”.
Il motivo resta assorbito, in conseguenza del mancato accoglimento dei primi due e, quindi, della conferma dell’accoglimento dell’opposizione, che esclude la possibilità della condanna dell’opponente richiesta dai ricorrenti.
3. Sono dichiarati inammissibili i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo.
Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte:
– dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo;
– nulla per le spese.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020