Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4241 del 03/03/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4241 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 26204-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso rAVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –

contro
IDYLLIUM SAS DI RICCI ANNAMARIA SAS;
– intimata avverso la sentenza n. 89/31/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di FIRENZE del 29/06/2012,
depositata il 28/09/2012;

Data pubblicazione: 03/03/2016

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CAR_ACCIOLO.

fZic. 2013 n. 26204 sez. MT ud. 03-02-2016
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati,

La CTR di Firenze ha respinto l’appello dell’Agenzia —appello proposto contro
la sentenza n.179/03/2009 della CTP di Arezzo che aveva già accolto il ricorso
della “CPU sas”- ed ha così annullato l’avviso di contestazione con cui è stata
irrogata la sanzione ex art.6 co.8 del D.Lgs.471/1997 per omessa
autofatturazione del canone di locazione di un immobile commerciale concesso
da tale “GARR Immobili srl” che non aveva provveduto all’emissione della
fattura stessa.
La predetta CTR —dato atto che la contribuente aveva contestato di non aver
pagato alcun canone, nonostante fosse pacifica la stipulazione del contratto di
locazione e l’esercizio in esso dell’attività per la quale era stato concesso in
locazione- ha evidenziato che dalle indagini effettuate presso la concedente non
era stato reperito alcun contratto sottoposto a registrazione o prova di pagamenti
o accrediti di sorta ricevuti dalla conduttrice ed ha argomentato nel senso che se
pur fosse corretta e sostenibile “la presunzione di sussistenza di un contratto di
locazione-conduzione”, non potevano tuttavia condividersi “gli effetti che da
tale presunzione si intende dedurre”. Infatti, che la società locatrice non abbia
effettuato costituzione in mora o promosso azioni di sorta per la risoluzione del
rapporto o intimazioni di pagamento “è un fatto attinente alle parti ed
insindacabile da parte di terzi, ivi compresa l’amministrazione finanziaria”,
sicché non poteva considerarsi sorto “l’obbligo dell’emissione di fattura da parte
della società proprietaria dell’immobile… .e non è conseguentemente applicabile

Ricorso n. 26204/2013 R.G.

Pagina 3

osserva:

la sanzione ….inserita nell’art.6 comma 8 del D.Lgs.n.471/1997, per
insussistenza di operazione da regolarizzare”.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La parte contribuente non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore,

dell’art.375 cpc.
Ed invero, con il terzo motivo di ricorso (centrato sulla violazione degli
art.2697, 2727, 2729 cod civ e 116 cpc e da esaminarsi privilegiatamente perché
di più agevole e pronta soluzione) la parte ricorrente lamenta che il giudice del
merito ha violato il regime della prova (ed in specie di quella presuntiva) in
relazione alla dimostrazione della circostanza dell’avvenuto pagamento del
canone di locazione come presupposto dell’obbligo violato e sanzionato. Ed
infatti, dall’acquisita prova delle circostanze di causa doveva farsi derivare la
legittima presunzione che fosse avvenuto il pagamento del canone, in
applicazione del canone dello “id quod plaerumque accidit”, in difetto di
qualsivoglia elemento di prova contraria che la parte contribuente avrebbe avuto
onere di contrapporre.
Il motivo di impugnazione appare fondato ed accoglibile.
Va preliminarmente rilevato che il giudicante ha confuso la prova dei fatti storici
di cui si è detto in narrativa (pacifica e non confutata da alcuno, in ordine
all’avvenuta stipulazione del patto di locazione; all’avvenuto trasferimento della
detenzione dell’immobile; all’avvenuto esercizio dell’attività per la quale
l’immobile era stato concesso in locazione; al difetto di qualsivoglia intimazione
del concedente finalizzata ad ottenere il pagamento) con la presunzione in
ordine al loro accadimento ed ha poi confuso la presunzione dell’avvenuto
pagamento derivante dall’applicazione del canone di inferenza logica
probabilistica ai fatti di cui si è detto con gli “effetti” dell’erroneamente
qualificata inferenza presuntiva.
Ricorso n. 26204/2013 R.G.

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componente della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi

Nella realtà, la Amministrazione procedente ha fornito la prova di ogni rilevante
fatto storico che potesse avere valore di premessa del ragionamento inferenziale,
spettando poi al giudicante desumerne le conseguenze logiche (sulla scorta dei
noti criteri fissati dall’art.2727 cod civ), atteso che si tratta di presunzione di
genere semplice e non legale.

cpc) il giudicante è tenuto a fare uso della propria prudenza nell’ammissione
della presunzione semplice (selezionando solo quelle dotate dei caratteri di
gravità, presunzione e concordanza), ma non è su questo punto che il giudicante
ha violato il canone legale, avendo —anzi- il giudicante medesimo apertamente
dato atto che dai fatti storici allegati dalla parte pubblica fosse inevitabile
desumerne una “presunzione” (per quanto poi —per evidente confusione logicaabbia riferito l’inferenza alla “sussistenza di un contratto di locazione”,
circostanza sicuramente già provata e pacifica tra le parti, perché ammessa dalla
stessa parte conduttrice, che si è solamente limitata a contestare di nulla avere
pagato), presunzione perciò stesso acquisita al processo e della quale non è
possibile qui sindacare l’avvenuta qualificazione, dovendolasi considerare come
legittima fonte di prova (secondo la esplicita lettera del titolo II del codice
civile).
Ciò in cui il giudicante ha violato il combinato disposto delle norme valorizzate
dalla parte ricorrente consiste, invece, nel non avere assegnato alla prova
presuntiva in tal modo selezionata e qualificata il corretto valore alla luce della
regola di ripartizione probatoria così come interpretata dal consolidato indirizzo
di legittimità secondo cui le presunzioni non costituiscono, uno strumento
probatorio di rango “secondario” nella gerarchia dei mezzi di prova e “più
debole” rispetto alla prova diretta o rappresentativa (v. Cass., 12/6/2006, n.
13546; Cass., Sez. Un., 24/3/2006, n. 6572).
Come codesta Corte ha già avuto modo di affermare, la presunzione semplice e
la presunzione legale iuris tantum si distinguono infatti unicamente in ordine al
Ricorso n. 26204/2013 R.G.

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Per conseguenza di ciò, è ben vero che (a mente degli art.2729 cod civ e 116

modo di insorgenza, in quanto mentre il fatto sul quale la prima si fonda
dev’essere provato in giudizio, e il relativo onere grava su colui che intende
trame vantaggio, la seconda è stabilita dalla legge, non abbisognando pertanto
della prova di un fatto sul quale possa fondarsi e giustificarsi.
Una volta che la presunzione semplice si sia tuttavia formata e sia stata rilevata

essa ha la medesima efficacia che deve riconoscersi alla presunzione legale iuris
tantum, in quanto l’una e l’altra trasferiscono a colui contro il quale esse
depongono l’onere della prova contraria (in termini, esemplarrnente Cass.,
27/1111999,n. 13291).
La presunzione, in assenza di prova contraria (quando, come nel caso, ammessa)
impone pertanto al giudice di ritenere provato il fatto previsto, senza consentirgli
la valutazione ai sensi dell’art. 116 c.p.c. (in termini, argomentatamente, anche
Cass. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17365 del 2009).
Nella specie di causa, perciò, il giudicante non avrebbe potuto contrapporre
(neppure in ragione del criterio di disponibilità delle fonti di prova e del libero
convincimento) alla prova formata in giudizio la semplice contestazione
avversaria, così come si è risoluto a fare nel momento in cui ha evidenziato che
il fatto del mancato pagamento “è circostanza dichiarata dalla parte”, così
implicitamente intendendo suggerire che solo la prova “storica” del fatto
contrario alla negazione (e cioè l’avvenuto pagamento) avrebbe potuto costituire
adeguata premessa della pretesa fatta valere con l’avviso di contestazione, e non
anche una “semplice” prova critica.
Non resta che concludere che il giudicante, non essendosi attenuto ai principi
dianzi individuati, ha fatto malgoverno delle norme valorizzate dalla parte qui
ricorrente, sicchè si impone la cassazione della pronuncia di appello in
accoglimento del terzo motivo di impugnazione e la restituzione della
controversia al giudice del merito affinché quest’ultimo torni a pronunciarsi sul
gravame.
Ricorso n. 26204/2013 R.G.

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(cioè, una volta che del fatto sul quale si fonda sia stata data o risulti la prova),

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 30 luglio 2015

ritenuto inoltre:

che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide
i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va
accolto;
che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la
decisione impugnata e rinvia alla CTR Toscana che, in diversa composizione,
provvederà anche sulle spese di lite del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 3 febbraio 2016
I1(Pr

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

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