Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4238 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. III, 19/02/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 19/02/2020), n.4238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2292/2018 proposto da:

PETROLMEG SRL, in persona dell’amministratore unico L.M.,

DIBEOL ECOLOGICA SRL in persona dell’amministratore unico

L.E., SOGECA PETROLI SRL, in persona dell’amministratore unico

D.M.G.M., elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE DELLE

MEDAGLIE D’ORO 399, presso lo studio dell’avvocato CARLO CECCHI, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato CESIDIO GUALTIERI;

– ricorrenti –

contro

MARINA DI PORTISCO SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore L.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO MUSA 21, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MANDARA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERPAOLO

SOGGIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1159/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 24/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/11/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Le società Dibeol Ecologica s.r.l., la So.Ge.Ca. Petroli srl e la Petrolmeg srl ricorrono per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello de L’Aquila n. 1159 del 24/6/2017 che, confermando la pronuncia di prime cure, ha ribadito l’esistenza dei presupposti dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto con cui la debitrice So.Ge.Ca Petroli srl aveva conferito alla neo costituita Petrolmeg srl (società costituita da Sogeca e da Dibeol Ecologica srl) l’unico cespite di proprietà della società costituito da un immobile sito in (OMISSIS) con annesse pertinenze, in pregiudizio della garanzia patrimoniale del credito della società Marina di Portisco Spa, scaturente da una sentenza del Tribunale di Tempio Pausania che aveva condannato Sogeca Petroli a pagare in suo favore la somma di Euro 894.414,78 corrispondente ai frutti ritratti dall’azienda nell’arco di tempo compreso tra il 2/10/2000 ed il 9/10/2006, oltre interessi e rivalutazione. Il Giudice d’Appello, per quel che ancora di interesse in questa sede, ha rigettato il motivo di appello con cui si censurava la sentenza di prime cure per aver ritenuto ammissibile un’azione revocatoria nei confronti di un atto di solo parziale disposizione del proprio patrimonio, ritenendo sufficiente che l’atto determinasse un pregiudizio alle ragioni creditorie, in assenza di una indicazione specifica nell’art. 2901 c.c., dell’elenco degli atti revocabili; ha escluso la ricorrenza dei presupposti per la sospensione necessaria del processo relativo all’azione revocatoria in attesa della definizione di quello relativo all’esistenza ed all’entità del credito, sulla base di una consolidata giurisprudenza di questa Corte; ha confermato l’esistenza dell’eventus damni, consistente nell’aver reso più difficoltosa la realizzazione del credito e del consilium fraudis, ritenuto soddisfatto da una conoscenza generica o conoscibilità del pregiudizio che l’atto possa aver arrecato alle ragioni del creditore, basata su una serie di argomenti presuntivi. Rigettato l’appello, la Corte ha condannato le società soccombenti alle spese del grado.

Avverso la sentenza le società soccombenti ricorrono per cassazione sulla base di tre motivi. Resiste la società Marina di Portisco Spa con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. e art. 295 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Assumono che erroneamente la sentenza impugnata avrebbe aderito alla tralatizia giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il pregiudizio, ai fini dell’actio pauliana, va ravvisato in ogni caso di variazione qualitativa del patrimonio del debitore pur in assenza di una variazione quantitativa del medesimo, dovendosi invero accertare in concreto se la variazione abbia o meno determinato un danno.

Il motivo, in disparte profili di inammissibilità per la sua non riferibilità alla impugnata decisione, è comunque certamente infondato in quanto la sentenza ha inteso dare continuità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale non è necessaria una variazione meramente quantitativa del patrimonio del debitore ma è sufficiente che l’atto di disposizione renda più difficile la realizzazione del credito per poter costituire presupposto dell’actio pauliana (Cass., 3, n. 966 del 17/1/2007; Cass., 3, n. 3470 del 15/2/2007; Cass., 3, n. 13343 del 30/6/2015).

2. Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riguardo al capo di sentenza che ha ritenuto ammissibile l’azione revocatoria nei confronti di un atto di disposizione che non ha riguardato l’intero atto di conferimento dell’azienda ma il solo conferimento di un immobile. Censura la sentenza per aver ritenuto la questione nuova e dunque inammissibile trattandosi di questione rilevabile d’ufficio e perchè contrastante con pretesi principi in tema di “revocatoria parziale”.

2.1 Il motivo è infondato con riguardo ad entrambi i profili denunciati. Quanto alla pretesa rilevabilità d’ufficio della questione, non si vede dove essa si fondi, trattandosi di questione attinente al merito della domanda, soggetta alle ordinarie preclusioni processuali. Quanto alla pretesa inconfigurabilità di una “revocatoria parziale”, essa non sussiste in quanto l’art. 2901 c.c., non indica quali atti specificamente siano oggetto di revocatoria e non preclude affatto che la domanda sia riferita ad un atto di disposizione solo parziale laddove detto atto sia in grado di determinare, di per sè, pregiudizio alle ragioni del creditore. 3. Con il terzo motivo di ricorso denuncia l’omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3. Il motivo è inammissibile perchè il vizio motivazionale non è configurabile nei riguardi di una cd. “doppia conforme”, in ragione della preclusione posta dall’art. 348-ter c.p.c., u.c..

4. Conclusivamente il ricorso va rigettato e le società ricorrenti condannate in solido a pagare in favore di parte resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, del cd. “raddoppio” del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna le società ricorrenti, in solido tra loro, a pagare in favore della resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 6.200 (oltre Euro 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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