Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4237 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. III, 19/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 19/02/2020), n.4237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12241/2017 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S ANSELMO

7, presso lo studio dell’avvocato CARLO PECORARO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GABRIELE CIPOLLONE;

– ricorrente –

contro

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA GENTILE

DA FABBRIANO 3 SC C, presso lo studio dell’avvocato SERENA SAMMARCO,

che lo rappresenta difende unitamente all’avvocato VITTORIO ZUCCONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2354/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 17/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/11/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.F., locatore di un immobile sito nel Comune di (OMISSIS), ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 2354 del 17/11/2016 che, rigettando il suo appello principale ed accogliendo l’incidentale del conduttore G. sulle spese di lite del primo grado, ha confermato la pronuncia di rigetto della sua domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione per fatto e colpa del conduttore G., azionata in ordine all’obbligo, gravante sul conduttore, di eseguire lavori di ristrutturazione dell’immobile in cambio della corresponsione di un canone di locazione inferiore ai valori di mercato.

La Corte territoriale, per quanto ancora qui di interesse, ha ritenuto che al locatore A., che aveva acquistato il bene all’esito di una procedura esecutiva per decreto di trasferimento del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Rovigo del 15/2/2008, non è opponibile una scrittura con le quali le parti originarie del contratto di locazione dell’immobile, la cui stipula era antecedente al trasferimento all’attuale locatore, avevano modificato i loro accordi originari, mancando la stessa della forma scritta. Quanto all’inadempimento del conduttore la Corte territoriale ha ritenuto che lo stesso non fosse configurabile in quanto risultava agli atti che il G. avesse anticipato al locatore una somma per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile e che, mano a mano che i lavori venivano effettuati, i relativi importi venivano scomputati dalla somma già versata dal conduttore. Il Giudice ha altresì ritenuto provata l’impossibilità di esecuzione dei lavori di ampliamento del fabbricato per mancanza di autorizzazione. Conclusivamente il Giudice, ritenuto insussistente l’inadempimento del conduttore all’art. 4 del contratto di locazione relativo ai lavori di ristrutturazione anche in ragione della afferenza di detta clausola alla sola commisurazione del canone di locazione, ha conseguentemente escluso i presupposti della risoluzione del contratto.

Ha invece accolto l’appello incidentale del G. rideterminando la misura delle spese del primo grado del giudizio ed ha infine condannato l’appellante A. alle spese del grado.

Avverso la sentenza l’ A. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. G.C. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 1350 c.c., n. 8 e art. 2643 c.c., n. 8 – censura la sentenza per avere da un lato, decretato l’inopponibilità all’ A. della scrittura modificativa del 10/3/2002 per mancanza della forma scritta e, dall’altro, fatto riferimento comunque ai lavori previsti dalla stessa scrittura per valutare l’inadempimento del conduttore. Ad avviso del ricorrente la Corte avrebbe dovuto astenersi dal valutare il capitolato previsto dalla scrittura ed avrebbe dovuto basare la sua decisione unicamente sul contenuto del contratto di locazione e sulle argomentazioni difensive del convenuto. Il Giudice avrebbe dovuto verificare l’avvenuta esecuzione dei lavori o la prova della impossibilità della loro esecuzione, ed avrebbe conseguentemente dovuto acclarare la sussistenza dei presupposti per la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore.

1.1 Il motivo è infondato. La Corte territoriale ha svolto un ampio ragionamento con cui ha ritenuto non provato l’inadempimento di non scarsa importanza con una valutazione delle prove non suscettibile di essere riesaminata in questa sede. Peraltro, in una prospettiva non formalistica, per quanto la scrittura novativa del rapporto di locazione non fosse opponibile alle attuali parti del contratto, nulla esclude che i comportamenti ivi dedotti possano essere comunque valutati dal giudice, nel complesso della sua motivazione, per accertare la sussistenza o meno di un inadempimento contrattuale.

2. Con il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riguardo all’art. 360, c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Il ricorrente si diffonde ad argomentare sull’inammissibilità del compendio probatorio considerato dal Giudice e sulla sostanziale mancanza di prova a fondamento della decisione. Peraltro, ad avviso del ricorrente, la maggior parte dei documenti prodotti in primo grado risulterebbe richiamata solo nella parte espositiva della comparsa di costituzione e risposta in appello, e non anche nelle conclusioni, con la conseguente preclusione della loro rilevanza ai fini del decidere.

2.1 Il motivo è inammissibile perchè argomenta sul compendio probatorio non per rilevarne profili di violazione di legge sostanziale o processuale ma al solo inammissibile fine di offrire una ricostruzione alternativa delle prove. Nè è censurabile l’applicazione del principio di non contestazione in quanto il Giudice si è attenuto alle previsioni dell’art. 115 c.p.c., ritenendo provati i fatti non contestati tempestivamente dalla parte che ne avrebbe avuto interesse.

3. Con il terzo motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., con riguardo agli artt. 1453 e 1455 c.c. – censura la sentenza per avere a suo avviso errato nel ritenere che l’adempimento del conduttore correlato alla suddetta clausola andava ad incidere solo sulla commisurazione del canone di locazione. Il Giudice avrebbe dovuto considerare i comportamenti dedotti nella clausola ai fini di valutare il comportamento del conduttore ed avrebbe dovuto valutare ciò alla luce di tutto il materiale probatorio acquisito in giudizio. Il Giudice avrebbe così violato l’art. 115 c.p.c., che fa obbligo al Giudice di decidere sulla base di tutte le prove offerte dalle parti e non di ignorare quelle che portano ad una decisione diversa ed opposta.

3.1 Il motivo è inammissibile in quanto volto, come il precedente, ad una rivalutazione degli elementi di prova perchè per di più, come il primo motivo, prende le mosse da una estrapolazione artificiosa di un brano dal tessuto motivazionale. Peraltro, come è noto, l’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se non nell’ipotesi di violazione di canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., o di motivazione inadeguata, ovverossia non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione.

4. Conclusivamente il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del cd. “raddoppio” del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 9.000 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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