Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4235 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. III, 19/02/2020, (ud. 08/11/2019, dep. 19/02/2020), n.4235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 27708/2017 proposto da:

K.A., elettivamente domiciliato in Roma alla via Bocca

di Leone, n. 78 presso lo studio dell’avvocato Moravia Nico che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gigliotti Giovanni;

– ricorrente –

contro

ATER Azienda Territoriale per l’edilizia Residenziale Pubblica del

Comune di Roma, in persona del legale rappresentante in carica,

elettivamente domiciliato in Roma Via Paolucci De Calboli 20/E

presso lo studio dell’avvocato Rolli Edmonda che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 02927/2017 della CORTE d’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/11/2019 da Dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue:

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Roma ha, con sentenza n. 02927 del 18/05/2017, rigettato l’impugnazione di K.A. avverso sentenza del Tribunale della stessa sede che, per quanto ancora rileva in questa sede, aveva rigettato la domanda della stessa di subentro nel contratto di locazione di immobile Azienda Territoriale per l’edilizia Residenziale Pubblica del Comune di Roma d’ora in avanti ATER intestato al di lei coniuge, deceduto, sito in (OMISSIS), per carenza dei requisiti soggettivi per il subentro.

K.A. censura la sentenza d’appello con ricorso affidato a due motivi.

Resiste con controricorso l’ATER.

Il P.G. non ha presentato conclusioni scritte.

Non risulta il deposito di memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I due motivi di ricorso sono entrambi incentrati su censure di omesso esame, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il primo afferma omesso esame circa l’effettiva “dimora” del G. ai fini della verifica della sua appartenenza o meno al nucleo familiare della K. ed afferma che detto accertamento era essenziale ai fini della corretta applicazione della L.R. Lazio 6 agosto 1999, n. 12.

Il secondo mezzo deduce omesso esame del materiale probatorio prodotto dalla K. nel grado di appello.

Il primo motivo è inconsistente sulla base di quel che esso riporta della sentenza d’appello censurata sul punto. Il mezzo deduce che l’omesso esame di fatto decisivo cadrebbe sulla circostanza che G.G., figlio della K. e del suo defunto coniuge, non viveva più con la madre nell’appartamento ATER di (OMISSIS), in quanto aveva la disponibilità di altra abitazione sin dal 1996, e che) conseguentemente, in capo alla K. sussistessero ancora i requisiti di legge per il subentro. L’affermazione suddetta riconosce tuttavia che furono gli stessi G. K. a dare luogo a detta rappresentazione della loro condizione abitativa, rilasciando, la madre ed i due figli G. e S., una serie di dichiarazioni contraddittorie.

La sentenza in scrutinio ha, quindi, secondo quanto riportato alle pag. 8 e 9 del ricorso, ribadito, confermando la decisione del Tribunale, che G.G. apparteneva ancora al nucleo familiare della madre, in quanto vi era rientrato dopo la separazione dalla moglie, e che, avendo egli acquistato un’abitazione sita in (OMISSIS), in capo alla di lui madre non sussistevano i presupposti per il diritto al subentro o, meglio, come affermato in motivazione nella sentenza d’appello, che la stessa fosse ormai priva dei requisiti di cui alla L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 11, comma 1, lett. c).

La giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 11230 del 09/05/2017 Rv. 644192 – 01), puntualmente applicata dalla sentenza in scrutinio, afferma che: “l’accertamento dei requisiti soggettivi che, in base alla L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 12 qualificano l’erede dell’assegnatario come componente del nucleo familiare originario o ampliato (nella specie, il coniuge convivente ed il figlio rientrato nel nucleo familiare di provenienza a seguito di separazione dal coniuge), costituisce condizione necessaria ma non sufficiente al riconoscimento del diritto al subentro nel rapporto locatizio, occorrendo, altresì, che in capo a tali soggetti si verifichi anche il possesso dei requisiti legali prescritti, per l’assegnazione dell’alloggio, dall’art. 11 medesima legge”.

Nel secondo motivo di ricorso si denuncia omesso esame di prove “in grado di invalidare l’efficacia probatoria delle risultanze su cui si è formato il convincimento del giudicante”.

Il sindacato concesso alla Corte ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non può consistere, tuttavia, nella revisione del ragionamento probatorio operato dal giudice di merito, ossia nel ripercorrere il giudizio sulle prove, dovendo avere, con riferimento a detto parametro normativa, ad oggetto un fatto decisivo di cui appunto sia stato omesso l’esame (Cass. n. 19547 del 04/08/2017 Rv. 645292 – 01 e anche Cass. n. 26097 del 11/12/2014 Rv. 633883 – 01).

Il motivo è, altresì, inammissibile in quanto non rappresenta ragioni di discrasia tra la sentenza di primo grado e quella d’appello, con la conseguenza che esso incorre nella preclusione, derivante da cd. doppia conforme di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’impugnazione introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, come nel caso di specie (Cass. n. 26774 del 22/12/2016 Rv. 643244 – 03).

Il secondo motivo è, pertanto, inammissibile.

Il ricorso è, conclusivamente, dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza, e tenuto conto del valore della causa, sono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 2350 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetiario al 15%, oltre CA ed IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione Terza civile, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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