Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4235 del 17/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/02/2017, (ud. 21/12/2016, dep.17/02/2017),  n. 4235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7606/2010 R.G. proposto da:

G.L., elettivamente domiciliato in Roma, viale Giuseppe

Mazzini n. 11, presso lo studio della Prof. Avv. Livia Salvini e

dell’Avv. Giancarla Branda che lo rappresentano e difendono per

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, entrambi

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 10/26/09, depositata il 28/01/2009;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21

dicembre 2016 dal Relatore Cons. Emilio Iannello;

udito per il ricorrente l’Avv. Gabriele Escalar, per delega dell’Avv.

Livia Salvini;

udito l’Avvocato dello Stato Massimo Bachetti per l’Agenzia delle

entrate, controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, il quale ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso o, in subordine, il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. G.L. propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, avverso la sentenza depositata in data 28/1/2009 con la quale la C.T.R. del Lazio ha confermato la decisione di primo grado di rigetto del ricorso proposto avverso il silenzio rifiuto formatosi sulla sua istanza di rimborso dell’Irap versata per gli anni dal 1998 al 2001.

I giudici d’appello hanno rilevato che “la costante ripetizione negli anni dei costi evidenziati nel quadro RE di ciascuna dichiarazione… può ben assumersi quale indice significativo circa la persistenza dell’elemento di organizzazione quale fattore idoneo alla produzione di reddito aggiuntivo rispetto a quello derivante dall’attività riferibile alla sola persona del professionista”.

Con riferimento all’anno d’imposta 2001 hanno inoltre considerato ostativa al rimborso l’istanza di condono fiscale ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9avendo con essa il contribuente accettato di definire la sua posizione sulla base degli imponibili dichiarati, usufruendo delle agevolazioni di cui alla citata legge.

2. L’Agenzia delle entrate non ha svolto difese in questa sede ma ha depositato c.d. atto di costituzione ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’affermazione, posta a base della decisione impugnata, secondo cui la costante ripetizione di costi è sufficiente indice significativo della presenza di una autonoma organizzazione ai fini dell’applicazione dell’Irap: affermazione ritenuta dal ricorrente in contrasto con il principio anteposto nella stessa parte motiva secondo cui “l’organizzazione acquisisce rilevanza autonoma allorchè viene ad essere composta da beni strumentali che, per loro natura e funzione, sono in grado di implementare l’attività produttiva”, postulando questo – egli assume – la verifica della natura dei beni strumentali utilizzati e non la sola considerazione dell’entità e costanza nel tempo dei costi sostenuti.

3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ancora insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la C.T.R. omesso di illustrare le ragioni per le quali dai costi sostenuti e dalla loro costante ripetizione negli anni possa evincersi la presenza di un’autonoma organizzazione.

Rileva che i costi evidenziati nei quadri RE delle dichiarazioni, così come riportati in sentenza, non forniscono al riguardo alcun elemento idoneo concernendo essi spese strettamente collegate all’esercizio della professione, in quanto relative a: beni mobili normalmente utilizzati per l’esercizio di qualsiasi attività libero professionale (autovettura, mobili, arredi e attrezzature di modesta entità); oneri di locazione relativi all’immobile adibito a studio professionale; spese generali e di rappresentanza.

4. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, infine, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto sussistente il requisito dell’autonoma organizzazione sulla base della mera circostanza della ripetizione costante di costi.

5. Sono infondati i primi due motivi di ricorso, congiuntamente esaminabili.

Giova rammentare in premessa che, trattandosi di istanza di rimborso di Irap già versata dal contribuente, l’onere di dimostrare la sussistenza del fatto costitutivo della pretesa restitutoria (ossia, il carattere indebito del pagamento e, dunque, l’insussistenza dei presupposti di imposta) spettava al ricorrente (v. ex multis Cass. Civ., Sez. 5, n. 25311 del 28/11/2014, Rv. 633690; Sez. 5, n. 18749 del 05/09/2014, Rv. 632244).

Questo essendo il criterio di lettura dei dati acquisiti al processo, non può dubitarsi della adeguatezza delle motivazioni rese dai giudici a quibus del convincimento espresso circa la (in)idoneità della documentazione prodotta in primo grado (dichiarazioni dei redditi) a dimostrare la carenza dei presupposti di imposta.

Ed invero, il rilievo secondo cui “la costante ripetizione negli anni dei costi evidenziati nel quadro RE di ciascuna dichiarazione… può ben assumersi a indice significativo”, può e deve essere inteso a contrario – alla luce del detto criterio – come espressivo del convincimento secondo cui quei dati di per sè non sono, quanto meno, sufficienti a dimostrare la fondatezza della istanza di rimborso, ossia a escludere la sussistenza del requisito di imposta. Convincimento per vero ineccepibile avuto riguardo al numero e all’entità dei costi elencati in dettaglio in sentenza, nei capoversi immediatamente precedenti: da tale elenco emergendo, in particolare, tra gli altri, costi per “canoni di locazione finanziaria relativi a beni immobili”, “quote di ammortamento”, “spese di rappresentanza”, “altre spese documentate”, di non modesto importo per ciascuno degli anni compresi tra il 1998 e il 2000 (per il 2001 la decisione trovando autonomo e distinto fondamento, non fatto segno di alcuna censura nella presente sede, nel rilievo ostativo attribuito alla istanza di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9 presentata dal contribuente).

E’ ben vero che, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, rispetto al fondamento normativo dell’imposizione – il quale ricorre quando il contribuente:

a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;

b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (v. ex pluribus Cass. Civ., Sez. U, n. 12111 del 26/05/2009, Rv. 608231; Sez. 5, n. 16406 del 05/08/2015, non massimata; Sez. 5, n. 25311 del 28/11/2014, Rv. 633690) – “anche una spesa consistente riferita all’acquisto di un macchinario indispensabile per l’esercizio della professione può rilevarsi inidonea a significare l’esistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, tutte le volte in cui il capitale a tal fine investito non valga a rappresentare fattore aggiuntivo o moltiplicativo del valore rappresentato dalla mera attività intellettuale del professionista ma risulti ad essa asservito ai fini dell’acquisto di attrezzatura connaturata e indispensabile all’esercizio dell’attività medesima e come tale inidoneo ad assumere rilievo, quale fattore produttivo di reddito, distinguibile da quello rappresentato dalla stessa attività intellettuale e/o dalla professionalità del lavoratore autonomo” (v. Sez. 5, n. 547 del 15/01/2016, con riferimento alla assoggettabilità a imposta di un medico radiologo).

Nel caso di specie, però, è mal posto il rilievo secondo cui, al fine di valutare se i costi indicati in dichiarazione possano o meno ritenersi espressivi della sussistenza di un apparato organizzativo idoneo a rappresentare quel quid pluris rispetto alle dotazioni minime indispensabili all’esercizio della professione, occorrerebbe una verifica più approfondita, non limitata alla mera enunciazione dei costi e della loro ripetizione.

Tale considerazione, infatti, nel caso di specie, trattandosi come detto di istanza di rimborso, ridonda comunque a sfavore della posizione del ricorrente, dal momento che era lui – e non l’Ufficio – gravato dell’onere processuale di offrire prova idonea a consentire una tale più approfondita indagine.

Per converso non può invece dubitarsi della sufficienza e congruità, sul piano motivazionale, del rilievo attribuito in sentenza ai detti elementi, dal momento che – quand’anche questi possano ritenersi non ancora sufficienti a dare prova certa della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione – resta comunque ragionevole il rilievo secondo cui non lo sono nemmeno rispetto all’opposto obiettivo probatorio che nella specie soltanto viene in rilievo, della sua insussistenza.

6. La decisione, nei termini indicati, risulta altresì pienamente coerente con il quadro normativo di riferimento, appalesandosi sotto tale profilo l’infondatezza anche del terzo motivo di ricorso.

La C.T.R. ha, infatti, confermato la legittimità del diniego del chiesto rimborso in ragione – come detto – del rilievo per cui “la costante ripetizione negli anni dei costi evidenziati nel quadro RE di ciascuna dichiarazione… può ben assumersi quale indice significativo circa la persistenza dell’elemento di organizzazione”: rilievo che evidentemente muove da una corretta interpretazione del presupposto d’imposta, siccome identificato nella sussistenza di un apparato organizzativo che affianchi il lavoro del professionista, quale “fattore idoneo alla produzione di reddito aggiuntivo rispetto a quello derivante dall’attività riferibile alla sola persona del professionista”.

Le contestazioni circa la sussistenza o meno in concreto di tale requisito impingono nel diverso piano della ricognizione del fatto, sindacabile se del caso solo sul piano della motivazione, ma nel caso di specie sottratta, per le ragioni prima dette, alle censure rispetto ad essa mosse con i primi due motivi di ricorso.

7. Il ricorso va pertanto rigettato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 3.000, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2017

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