Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4234 del 17/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 17/02/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 17/02/2021), n.4234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26231-2019 proposto da:

S.F., D.P.M.L., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA PIEDILUCO N. 9, presso lo studio dell’avvocato PAOLO DI

GRAVI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO S.G. s.n.c. di S.F. & C., nonchè

dei soci S.G., S.F. e D.P.M.L., in

persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

piazzale Jonio n. 50, presso lo studio dell’avvocato WALTER

FELICIANI, rappresentato e difeso dall’avvocato ENRICO ORLANDI;

– resistente –

avverso la sentenza n. 891/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 23/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Avezzano, in accoglimento della domanda presentata dal curatore del fallimento di S.G. s.n.c. di S.F. & C. nonchè dei soci S.G., S.F. e D.P.M.L., dichiarava inefficace nei confronti delle procedure attrici l’atto di costituzione di un fondo patrimoniale stipulato dai coniugi S.F. e D.P.M.L. avente ad oggetto beni immobili appartenenti a S.F. e ubicati in Celano;

2. la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 23 maggio 2019, rigettava l’impugnazione presentata da S.F. e D.P.M.L., rilevando, fra l’altro e per quanto qui di interesse, che il curatore del fallimento sociale è legittimato ad agire in revocatoria contro gli atti di disposizione del socio illimitatamente responsabile, in considerazione del fatto che l’accrescimento dell’attivo del fallimento del socio derivante dall’accoglimento dell’azione revocatoria produce effetti positivi anche ai fini del soddisfacimento dei creditori sociali;

di conseguenza, il passaggio in giudicato della sentenza emessa nel giudizio introdotto dal curatore spendendo il nome del solo fallimento sociale fa stato nei confronti dei creditori di entrambe le masse ed impedisce la successiva introduzione della medesima azione da parte del curatore del fallimento del socio;

3. per la cassazione di questa decisione hanno proposto ricorso S.F. e D.P.M.L. prospettando un unico motivo di doglianza;

la curatela del fallimento di S.G. s.n.c. di S.F. & C. nonchè dei soci S.G., S.F. e D.P.M.L. si è costituita al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine di poter partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e ss. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; violazione falsa applicazione di norme di diritto; motivazione insufficiente; illogicità manifesta nonchè violazione falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., degli artt. 1713 e 1723 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; violazione e falsa applicazione di norme di diritto; mancanza di motivazione; illogicità manifesta, travisamento dei fatti”, assume che la Corte di merito abbia “scavalcato de plano ogni problematica attinente la legittimazione attiva e passiva”, in quanto, stante la distinzione fra la procedura fallimentare della società e quelle dei soci, il curatore, avendo agito “nella qualità di curatore del fallimento sociale e non già quale curatore del fallimento individuale”, non poteva che “promuovere azione per recuperare attività della società”;

5. il motivo è manifestamente infondato;

la Corte di merito ha evidenziato (a pag. 2 della sentenza impugnata) che il curatore aveva agito in primo grado non solo quale organo del fallimento della società S.G. s.n.c. di S.F. & C., ma anche quale organo dei fallimenti dei soci illimitatamente responsabili S.G., S.F. e D.P.M.L.;

il rilievo è coerente con il contenuto dell’atto introduttivo del giudizio, ove è espressamente indicato (come riporta lo stesso ricorrente) che l’iniziativa processuale era assunta dalla curatela del fallimento di S.G. s.n.c. di S.F. & C. nonchè dei soci S.G., S.F. e D.P.M.L., indicazione da intendersi, stante la distinzione dei fallimenti riguardanti la società e i singoli soci prevista dall’art. 148 L. Fall., come riferita alla pluralità delle procedure dichiarate in applicazione del disposto dell’art. 147 L. fall.;

gli odierni ricorrenti non pongono in discussione la legittimazione delle procedure dei singoli soci;

la doglianza concernente la legittimazione del curatore del fallimento sociale risulta manifestamente infondata, poichè il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte ritiene che in ipotesi di fallimento di una società di persone e dei soci illimitatamente responsabili ai sensi dell’art. 147 L. fall. il curatore del fallimento sociale non abbia legittimazione processuale solo nelle controversie coinvolgenti la massa attiva personale del fallimento del socio che abbia ad oggetto diritti che già spettavano al fallito; tale legittimazione, invece, deve essere riconosciuta anche rispetto agli atti (Ndr: Testo originale non comprensibile) disposizione compiuti dal socio, poichè l’accrescimento del patrimonio di quest’ultimo, in conseguenza dell’accoglimento dell’azione, produce risultati positivi ai fini del soddisfacimento non solo dei suoi creditori particolari, ma anche dei creditori della società, il cui credito si intende dichiarato per intero anche nel fallimento del primo (cfr. Cass. 1103/2016, Cass. 1778/2013);

nè è possibile sostenere, come propongono i ricorrenti, che gli effetti del contratto di costituzione di fondo patrimoniale si siano esauriti prima del fallimento, tenuto conto del disposto della L. Fall., art. 46, comma 1, n. 3, secondo cui i beni costituiti in fondo patrimoniale non sono compresi nel fallimento e dato che la Corte d’appello ha accertato il persistere della proprietà dei beni in discorso in capo a S.F.;

6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto;

la costituzione della procedura concorsuale intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2021

 

 

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