Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 423 del 10/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 423 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 23870-2011 proposto da:
COMUNE DI MIRANDOLA (MO) in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO
37, presso lo studio degli avvocati FURITANO MARCELLO e
FURITANO CECILIA, che lo rappresentano e difendono unitamente
all’avv. ZANASI MARCO, giusta delibera di Giunta Comunale n. 55
del 5.5.2011 e giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente Contro
APOFRUIT ITALIA SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA in
persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso
lo studio dell’avvocato DI GIOIA GIOVANNI, che la rappresenta e

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Data pubblicazione: 10/01/2014

difende unitamente agli avvocati BERARDI MARIA GRAZIA,
DAMIANI FRANCESCO, giusta delega a margine del controricorso;
– controficorrente –

avverso la sentenza n. 15/13/2011 della Commissione Tributaria

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Marco Zanasi che si riporta ai motivi
del ricorso;
udito per la controricorrente l’Avvocato Giovanni Di Gioia che si
riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ENNIO
ATTILIO SEPE che si riporta alla relazione scritta.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
« Il Comune di Mirandola ricorre contro la società Apofruit Italia Cooperativa Agricola per
la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia
Romagna, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato un avviso di accertamento
ICI 2006 relativo ad un fabbricato accatastato con categoria D/8.
La Commissione Tributaria Regionale – premesso in diritto che, ai sensi dell’articolo 23 del
decreto legge 207/08, convertito con la legge 14/09, per la qualificazione di un fabbricato
come rurale ai fini fiscali sarebbe rilevante non la categoria catastale al medesimo attribuita,
bensì la concreta sussistenza dei requisiti di ruralità indicati dall’articolo 9 del decreto legge
557/93, convertito con la legge 133/94 – ha ritenuto in fatto che la contribuente, cooperativa di
servizi a favore dei soci frutticoltori, avesse provato la sussistenza dei suddetti requisiti di
ruralità, documentando la destinazione del fabbricato allo svolgimento della propria attività
istituzionale

di

raccolta,

conservazione,

manipolazione,

trasformazione

e

commercializzazione, nel settore ortofrutticolo, della produzione conferita dai soci.
Il ricorso del Comune si articola su quattro motivi.
Col primo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 9 d.l. 557/93,
dell’articolo 23, comma I bis, d.l. 207/08 e degli articoli 2, primo comma, lettera a), e 9
D.Lgs. 504/92 in cui il giudice di merito sarebbe incorso affermando l’irrilevanza della
Ric. 2011 n. 23870 sez. MT – ud. 27-11-2013
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Regionale di BOLOGNA del 17.1.2011, depositata il 14/03/2011;

categoria catastale attribuita ad un immobile ai fini del relativo assoggettamento all’ICI.
Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 9 d.l. 557/93 e
successive modificazioni (con particolare riguardo a quella introdotta dall’articolo 42 bis d.l.
159/07), dell’articolo 23, comma I bis, d.l. 207/08, dell’ articolo 2, primo comma, lettera a),
D.Lgs. 504/92 e degli articoli 2135 e 2697 cc in cui il giudice di merito sarebbe incorso
omettendo di accertare la necessaria strumentalità del fabbricato de quo all’attività agricola
esercitata dalla contribuente.

successive modificazioni (con particolare riguardo a quella introdotta dall’articolo 42 bis d.l.
159/07), degli articoli 1, comma 2, e 3, comma 1, I. 212/00 e dell’ articolo li disp. prel. cc in
cui il giudice di merito sarebbe incorso attribuendo efficacia retroattiva alla formulazione del
comma 3 bis dell’articolo 9 d.l. 557/93 introdotta dall’articolo 42 bis d.l. 159/07.
Col quarto motivo si denuncia il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza
gravata su fatti controversi e decisivi per il giudizio, indicati nella sussistenza, per l’annualità
oggetto di contestazione, del

requisito della qualità di imprenditore agricolo dalla

contribuente, del requisito dell’adibizione in concreto del fabbricato ad un’attività strumentale
all’attività agricola, del requisito della necessità di detto fabbricato per lo svolgimento
dell’attività agricola.
La contribuente si è costituita con controricorso.
Con riferimento al primo motivo di ricorso si osserva che le Sezioni Unite di questa Corte
hanno chiarito, con la sentenza 18565/09, che “In tema di ICI, l’immobile che sia stato
iscritto nel catasto dei fabbricati come “rurale”, con l’attribuzione della relativa categoria
(A16 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del
d.l. n. 557 del 1993, conv. in legge n. 133 del 1994, non è soggetto all’imposta, ai sensi
dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992, come interpretato dall’art. 23, comma
1-bis del d.l. n. 207 del 2008, aggiunto dalla legge di conversione n. 14 del 2009. Qualora
l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che
pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il
fabbricato medesimo assoggettato ad ICL Allo stesso modo, il Comune dovrà impugnare
autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter
legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta.”. Tale principio – con
il quale la sentenza n. 24299/09, invocata dal contro ricorrente, si è posta in contrasto
inconsapevole (l’arresto delle Sezioni Unite, ancorché già pubblicato al momento del deposito
della sentenza n. 24299/09, non viene in quest’ultima nemmeno menzionato) – è stato
successivamente riaffermato con la sentenza n. 20001/11, che, proprio con riferimento ad un
immobile di una cooperativa agricola, ha ribadito che “In tema di ICI, per la dimostrazione
della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva
classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A16 o D/I O), per cui
l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza

Ric. 2011 n. 23870 sez. MT – ud. 27-11-2013
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Con il terzo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 9 d.l. 557/93 e

dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557 (conv. in legge 26 febbraio
1994, n. 133) non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23 comma 1 bis del di. 30 dicembre
2008, n. 207 (conv. in legge 27 febbraio 2009, n. 14) e dell’art. 2, comma I, lett. a), del d.lgs.
30 dicembre 1992 n. 504; ne consegue che qualora l’immobile sia iscritto in una diversa
categoria catastale, nella specie D/I, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione
dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato,
restandovi, altrimenti, quest’ultimo assoggettato; allo stesso modo, il Comune deve impugnare

legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta. (Nell’applicare detto
principio, la S. C. ha escluso che in fabbricati di pertinenza di cooperativa agricola siano
automaticamente da ritenersi rurali, e dunque esclusi dal campo di applicazione dell’ICI).”
Alla stregua di tale consolidato orientamento giurisprudenziale (vedi anche, da ultimo, Cass.
19872/12), il primo motivo di ricorso si deve giudicare fondato ed assorbente degli altri
motivi. Né tale conclusione potrebbe essere sovvertita dalla menzione, contenuta nel
controricorso della contribuente, del fatto che quest’ultima avrebbe chiesto ed ottenuto il
classamento dell’immobile de quo in categoria D/10 a seguito dell’entrata in vigore del
decreto-legge 70/2011, convertito nella legge 106/2011. Si tratta infatti di circostanza
sopravvenuta dopo il deposito della sentenza gravata, che non può formare oggetto di
accertamento in questa sede, non potendosi procedere ad accertamenti di fatto nell’ambito del
giudizio di legittimità, e che potrà essere eventualmente dedotta nell’ambito del giudizio di
rinvio (cfr. Cass. 5224/98: È necessario cassare con rinvio la decisione di appello se, per
applicare lo “ius superveniens”, che si impone in ogni stato e grado del giudizio, occorre
produrre documenti o effettuare accertamenti di fatto, non ottenibili o non indispensabili nella
vigenza della precedente disciplina, ed invece rilevanti ed idonei per quella successiva alla
sentenza impugnata”; conf. Cass. 5888/05).
In conclusione, si propone l’accoglimento del primo motivo di ricorso, la declaratoria di
assorbimento degli altri motivi e la cassazione della sentenza gravata con rinvio alla
Commissione Tributaria Regionale perché questa si attenga al principio di diritto sopra
enunciato, salva l’applicazione dello jus superveniens, ove in concreto rilevante.»;

che la contribuente si è costituita con controricorso;
che entrambe le parti hanno depositato memorie difensive;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti;
che il Collegio condivide gli argomenti esposti nella relazione;
che, per quanto in particolare riguarda l’assunto della contro ricorrente di avere
chiesto ed ottenuto il classamento dell’immobile de quo in categoria D/10 a
seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge 70/2011, convertito nella legge
106/2011, il Collegio osserva che:
Ric. 2011 n. 23870 sez. MT – ud. 27-11-2013
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autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o DUO, al fine di poter

dopo la pronuncia della sentenza gravata è stato emanato il decreto
legge 13.5.11 n. 70 (convertito con la legge n. 106/11), il cui articolo
7, comma 2 bis, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili,
conferiva ai contribuenti la facoltà, esercitabile entro il 30.9.11, di
presentare all’Agenzia del territorio una domanda di variazione della

seconda della destinazione, abitativa o strumentale, dell’ immobile)
sulla base di un’autocertificazione attestante che l’immobile possedeva
i requisiti di ruralità ex art. 9 d.l. 577/93 “in via continuativa a
decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della
domanda”.
Il successivo decreto legge 6.12.11 n. 201 (convertito con la legge n.
214/11) ha poi previsto, all’articolo 13, comma 14 bis, che le domande
di variazione di cui al suddetto decreto legge n. 70/11 producessero “gli
effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità
fermo restando il classamento originario degli immobile ad uso
abitativo”, se presentate, anche dopo la scadenza del termine
originariamente previsto, entro la data di entrata in vigore della legge di
conversione dello stesso decreto legge n. 201/2011.
Infine il decreto legge 31.8.13 n. 102 (convertito con la legge n.
124/13) ha previsto, all’articolo 2, comma 5 ter, che il suddetto
articolo 13, comma 14 bis, del decreto legge n. 201/11 debba intendersi
nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi
dell’articolo 7, comma 2 bis, del decreto legge n. 70/11 e l’inserimento
dell’annotazione negli atti catastali producono gli effetti previsti per il
riconoscimento del requisito di ruralità “a decorrere dal quinto anno
antecedente a quello di presentazione della domanda”.
Lo jus superveniens recato dal corpo di disposizioni sopra riportato assegna
dunque valore retroattivo alla variazioni annotate negli atti catastali a seguito
della domanda di cui all’articolo 7, comma 2 bis, d.l. n. 70/11, per il periodo
fino al quinto anno antecedente la presentazione della domanda stessa.
Considerato che la domanda ex articolo 7, comma 2 bis, d.l. n. 70/11 non può in
Ric. 2011 n. 23870 sez. MT – ud. 27-11-2013
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categoria catastale per l’attribuzione delle categorie A/6 o D/10 (a

nessun caso risalire ad un anno diverso dal 2011 (nel quale sono comprese tanto
la data di entrata in vigore del decreto legge n. 70/11, quanto la data di entrata
in vigore della legge n. 214/11, di conversione del decreto legge n. 201/11), il
quinquennio coperto dall’efficacia retroattiva dell’annotazione negli atti
catastali della variazione conseguente alla presentazione di detta domanda è

principio che lo jus superveniens si impone in ogni stato e grado del giudizio,
nel caso in cui la contribuente, dopo la pronuncia della sentenza gravata, abbia
presentato domanda ex art. 7, comma 2 bis, d.l. n. 70/11, la conseguente
variazione catastale potrebbe risultare rilevante ai fini della debenza dell’ICI
per l’anno al quale si riferisce l’impugnato avviso di accertamento (2006). Gli
accertamenti di fatto relativi alla presentazione di detta domanda, alla relativa
data, all’accoglimento della stessa con l’annotazione della conseguente
variazione catastale sono preclusi in questa sede di legittimità (nella quale,
peraltro, la produzione documentale effettuata al riguardo dalla contro
ricorrente va giudicata inammissibile ai sensi dell’articolo 372 cpc) e pertanto
alla cassazione della sentenza gravata deve seguire, in conformità ai principi
giurisprudenziali già richiamati nella relazione, il rinvio al giudice territoriale,
che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia alla
Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, che regolerà anche
le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 27 novembre 2013.

costituito dagli anni 2006, 2007, 2008, 2009 e 1010. Pertanto, per il

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