Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4227 del 21/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/02/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 21/02/2011), n.4227

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.R.L. VILLA MANGIACANE; in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Bruno Buozzi n.

102, presso o studio dell’avv. FRANSONI Guglielmo, che la rappresenta

e difende unitamente all’avv. Pasquale Russo;

– controricorrente –

e sul ricorso proposto da:

S.R.L. VILLA MANGIACANE; in persona del legale rappresentante pro

tempore, come sopra elettivamente domiciliata e rappresentata;

– ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, come

sopra elettivamente domiciliata e rappresentata;

– resistente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana, sez. 18^, n. 85, depositata il 15 aprile

2008.

Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

– che, con atto registrato il 5.6.2001, a società contribuente acquistò “fondo rustico composto da terreni a varia coltura e fabbricati aziendali al servizio del fondo stesso” al prezzo di L. 7.000.000.000, richiedendo l’applicazione dei benefici fiscali previsti per gli imprenditori agricoli a titolo principale, di cui alla L. n. 153 del 1975, artt. 12 e 13 e conseguentemente corrispondendo l’imposta dovuta con applicazione dell’aliquota agevolata dell’8% sull’intero complesso immobiliare;

– che – reputando inapplicabile alle società la richiesta agevolazione – l’Ufficio notificò alla società contribuente avviso di liquidazione, fondato sull’applicabilità dell’aliquota unica del 15% sull’intero complesso immobiliare, formato da terreni agricoli e fabbricati;

che detto avviso fu impugnato dalla società contribuente, in base al rilievo che i fabbricati, non potendo essere considerati rurali, dovevano essere tassati con l’aliquota del 7% prevista in via generale per gli atti traslativi di fabbricati; mentre, per i terreni agricoli, andava riconosciuta l’aliquota agevolata dell’8% L. n. 153 del 1975, ex artt. 12 e 13;

che l’adita commissione tributaria accolse parzialmente il ricorso:

negò la spettanza della agevolazione di cui alla L. n. 153 del 1975, artt. 12 e 13, per i terreni agricoli e accolse, invece, la richiesta (iella società contribuente circa l’applicabilità ai fabbricati dell’aliquota del 7%, rilevando come nell’atto di compravendita, risultasse puntualmente distinto il corrispettivo (di L. 2.300.000.000) versato per i fabbricati, rispetto a quello (di L. 4.700.000.000) versato per i terreni agricoli;

– che la decisione fu parzialmente riformata dalla commissione regionale, che – decidendo l’appello principale dell’Ufficio e quello incidentale della società contribuente – ritenne, per un verso, applicabile l’aliquota agevolata dell’8% al trasferimento dei terreni agricoli e, per l’altro, inapplicabile l’aliquota del 7% sul trasferimento dei fabbricati, avendo la società contribuente in proposito, già corrisposto, in sede di registrazione, l’aliquota dell’8% e mancando la proposizione di un’istanza di rimborso;

rilevato:

– che, avverso la decisione di appello, l’Agenzia propone ricorso (principale) per cassazione, in due motivi;

– che in particolare, con il primo motivo, deduce “violazione e falsa applicazione della L. n. 153 del 1975, artt. 12 e 13, nonchè del D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10 in relazione all’art. 1 della Tariffa parte 1 allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3” e formula il seguente quesito: “se l’imposta di registro relativa ad una atto traslativo a titolo oneroso di terreni agricoli stipulato il 4 giugno 2001 e registrato il successivo 5 giugno, dunque prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10, sia dovuta nella misura ordinaria e non sia applicabile l’aliquota ridotta dell’otto per cento, prevista dall’art. 1 della tariffa, parte prima, allegato A) al D.P.R. n. 131 del 1986, in quanto l’acquirente era una società di capitali e le società di capitali non rientravano tra le categorie dei beneficiari espressamente indicate dalla L. n. 153 del 1975, artt. 12 e 13, nel testo vigente ratione temporis e, dunque, violi il disposto della L. n. 153 del 1975, artt. 12 e 13 – nel testo vigente ratione temporis – e il D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10 la sentenza della CTR che affermi che il citato D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10 citato, il quale comprende tra gli imprenditori agricoli anche le società di capitali, alle condizioni ivi indicate, abbia natura interpretativa e, dunque sia applicabile anche a contratti registrati prima della sua entrata in vigore”;

che, con il secondo motivo del ricorso principale, l’Agenzia deduce “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1996, art. 23, dell’art. 1, nota 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – insufficiente motivazione su un fatto controverso in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5” e formula il seguente quesito: “se, nel caso in cui una disposizione contrattuale abbia ad oggetto un complesso compendio immobiliare costituito da un “fondo rustico composto da terreni a varia coltura e fabbricati aziendali al servizio dei fondo stesso composto da un fabbricato principale e due piccoli fabbricati in prossimità”, in cui, in particolare, i fabbricati oggetto della disposizione siano 12, di cui alcuni sicuramente aventi caratteristiche rurali, la previsione di un corrispettivo omnicomprensivo per tutti i fabbricati imponga, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 23, comma 1, la tassazione dell’atto ai fini dell’imposta di registro con l’applicazione dell’aliquota più elevata, non consentendo un siffatta generica disposizione: di poter distinguere tra corrispettivo per fabbricati rurali, pertinenziali al terreno agricolo, e per i fabbri eviti non rurali, con la conseguenza che viola il disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 23, comma 1, la sentenza della CTR che affermi che il prezzo di 2.300.000.000 è riferito esplicitamente ai fabbricati non rurali mentre quello di 4.700.000.000 a tutta la parte rurale indicata in vigneti, uliveti e fabbricati rurali senza alcuna altra spiegazione e, dunque tale affermazione sia da un lato apodittica in quanto non precisa le ragione dalle quali desume il tale convincimento e comunque erronea in quanto tale omnicomprensività non soddisfa la previsione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 23 che richiede corrispettivi distinti per i singoli beni”;

rilevato inoltre:

che la società contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale in due motivi.

che in particolare, con il primo motivo di ricorso incidentale, la società contribuente deduce “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)” e formula il seguente motivo di diritto: “se sia o meno conforme a diritto e in particolare al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, la sentenza di secondo grado la quale, essendo stata per la prima volta eccepita in appello – sul rilievo della mancanza di un’apposita istanza di rimborso – l’inammissibilità di. una domanda diretta a far dichiarare (ai fini dell’imposta di registro) che la retta aliquota da applicarsi ad un atto di trasferimento di fabbricati civili era inferiore a quella applicata al momento della registrazione, aderisca all’eccezione predetta e non ne dichiari l’inammissibilità per violazione del divieto di ius novorum ex art. 57 cit.”.

che, con il secondo motivo di ricorso incidentale, la società contribuente deduce “violazione o falsa applicazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4) o formula il seguente quesito di diritto: “se sia o meno conforme a diritto, e in particolare all’art. 112 c.p.c., la decisione dei giudici di secondo grado i quali, essendo stati richiesti soltanto di dichiarare, in presenza di un atto di trasferimento di fabbricati civili, se la retta aliquota da applicarsi all’atto in parola (ai fini, dell’imposta di registro) fosse quella del 7% anzichè quella (assunta all’atto della registrazione) dell’8%, disconoscano l’applicabilità della minor aliquota del 7%, sul solo rilievo che, per concludere diversamente e riconoscere il diritto al rimborso del contribuente, quest’ultimo avrebbe dovuto formulare previa e apposita istanza; ciò sebbene il contribuente, in verità, non avesse affatto richiesto un rimborso, ma solo una declaratoria d’accertamento diretta ad assumere rilievo per l’ipotesi di un’eventuale compensazione da svolgersi nella riliquidazione complessiva dell’ammontare delle imposte indirette dovute relativamente ad un contratto a struttura complessa”;

osservato preliminarmente:

– che i due ricorsi, siccome proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c.;

considerato:

che il secondo (ma logicamente prioritario) motivo del ricorso principale dell’Agenzia appare inammissibile, giacchè muovendo da circostanze di fatto contraddette dalla motivazione della sentenza impugnata (ove si legge: “la commissione ritiene che la doglianza dell’Ufficio per quanto concerne la mancata indicazione del prezzo dei fabbricati sia infondata in quanto il prezzo di 2.300.000.000 è riferito esplicitamente ai fabbricati non rurali mentre quello di 4.700.000.000 a tutta la parte rurale indicata in vigneti, uliveti, e fabbricati rurali”) si risolve in un’inammissibile sindacato di fatto, giacchè rimette, in realtà in discussione, contrapponendovene uno difforme, l’apprezzamento in fatto del giudice di merito, che, espresso con motivazione ancorata alle risultanze del le acquisizioni documentali ed in sè coerente, è sottratto al sindacato di legittimità (cfr. Cass. 22901/05, 1^693/04, 11936/03);

che il primo motivo del ricorso principale dell’Agenzia è, invece, manifestamente fondato;

che invero, questa Corte ha reiteratamele affermato il principio, da cui non vi è motivo di discostarsi, secondo cui: in tema di imposta di registro, l’aliquota ridotta dell’otto per cento, prevista dall’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, per gli atti traslativi a titolo oneroso di terreni agricoli comportanti il loro acquisto da parte di imprenditori agricoli a titolo principale o di associazioni o società cooperative di cui alla L. 9 maggio 1975, n. 153, artt. 12 e 13, non si applica alle società, di persone o di capitali (nella specie, società semplice), che svolgano attività agricola, non rientrando esse fra le categorie dei beneficiari espressamente indicate dalla legge e non potendosi alle flesse estendere l’agevolazione, attesa la natura speciale della disposizione che la prevede; d’altra parte, il D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 10, il quale ha esteso la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale alle società di persone e alle società di capitali il cui oggetto sociale preveda l’esercizio esclusivo dell’attività agricola e che rispettino le ulteriori condizioni previste dalla norma stessa, ha carattere innovativo e non è, pertanto, applicabile retroattivamente (cfr. Cass. 17750/07 19015/05, 15665/04, 10226/03);

considerato inoltre:

che in merito al ricorso incidentale della società contribuente occorre premettere che, con l’affermazione “è, tuttavia, da condividere la eccezione relativa alla impossibilità di applicare la l’aliquota del 7%, avendo già corrisposto l’8%, perchè la società avrebbe dovuto fare istanza di rimborso. Ne è possibile operare in via di compensazione per quanto si dirà sull’appello del contribuente”, i giudici del gravame appaiono aver inteso richiamare, ai fini del rigetto del secondo profilo dell’appello incidentale della società contribuente, il principio dell’improponibilità nel giudizio tributario (quale giudizio “di impugnazione”) delle domande di mero accertamento;

– che, tanto premesso, va rilevata l’infondatezza del primo motivo del ricorso incidentale, posto che la dedotta improponibilità è rilevabile di ufficio (cfr. Cass. 27209/09);

che va, peraltro, rilevata la fondatezza del secondo motivo del ricorso in rassegna, posto che diversamente da quanto supposto dal giudice a quo, con la richiesta di definizione dell’aliquota del 7% per il trasferimento dei fabbricati non rurali, la società contribuente non ha svolto una (improponibile) domanda di mero accertamento tout court, ma ha richiesto un (ammissibile) accertamento incidentale finalizzato alla rideterminazione dei valori definiti dall’atto impugnato;

ritenuto:

– che, alla stregua delle considerazioni che precedono, il primo motivo del ricorso principale od il. secondo motivo del ricorso incidentale vanno accolti. nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c., con cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Toscana.

P.Q.M.

la Corte: riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale e respinge gli altri; cassa, in relazione, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria regionale della Toscana.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2011

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