Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4227 del 19/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 19/02/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 19/02/2020), n.4227

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26354-2018 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO FASCIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER LA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI BRESCIA;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 17081/2017 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 27/08/2018;/

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TERRUSI

FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO

che:

D.M., ivoriano, ricorre per cassazione contro il decreto del tribunale di Brescia che ne ha respinto la domanda di protezione internazionale;

il ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

in via preliminare il ricorrente eccepisce l’incostituzionalità della L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 13, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte relativa all’abolizione del giudizio d’appello nelle controversie quali quella in esame;

con l’unico motivo di ricorso denunzia il vizio di motivazione e la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e art. 2, lett. e) e g), e del t.u. imm., artt. 5 e 19, perseverando nell’affermare la veridicità delle proprie dichiarazioni in ordine a quanto prospettato a sostegno della domanda e la sussistenza delle condizioni di riconoscimento della protezione internazionale;

la questione di costituzionalità è irrilevante, avendo il ricorrente infine proposto il mezzo di impugnazione previsto dalla legge; essa sarebbe peraltro altresì manifestamente infondata per le ragioni già indicate in distinti precedenti di questa Corte (v. Cass. n. 17717-18); il ricorso è inammissibile;

il tribunale ha dato conto di quanto dal richiedente prospettato ai fini della domanda di protezione;

ne ha ritenuto inverosimile il racconto non già in merito all’episodio di investimento di un ambulante e alla conseguente subita condanna per omicidio colposo, quanto piuttosto in ordine alla fuga dal proprio paese motivata dalle condizioni di detenzione, peraltro dallo stesso richiedente semplicemente indicate come “difficili”;

a tal riguardo il tribunale ha osservato che non erano stati riferiti neppure dal richiedente trattamenti inumani o degradanti da esso subiti e che la stessa versione circa le condizioni carcerarie era stata data in modo generico e vago, non in linea con le informazioni acquisite;

ha infine anche motivatamente escluso l’esistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria e per quella umanitaria;

nell’attuale motivo di ricorso viene genericamente prospettata l’esistenza di report concordi nel ritenere le condizioni carcerarie in Costa d’Avorio tali da violare i diritti umani;

tuttavia il motivo è per questa parte privo di autosufficienza, apparendo incentrato su generiche doglianze in fatto; non senza dire che a tal riguardo il tribunale posto in dubbio l’attendibilità della versione del richiedente a proposito della vera ragione del suo espatrio;

quello sulla attendibilità delle dichiarazioni è un sindacato di fatto, non censurabile in sede di legittimità;

la ritenuta inaffidabilità mina il fondamento della domanda di protezione avanzata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

la modalità di redazione del ricorso è nel resto genericamente composta in mere affermazioni di esistenza delle condizioni di riconoscimento della protezione internazionale, nella duplice forma della sussidiaria e dell’umanitaria; quelle stesse condizioni che invece il tribunale ha negato; e nessuna specifica censura è in concreto avanzata secondo il paradigma di cui all’art. 360 c.p.c. onde potersi ritenere denunziato un errore di diritto rilevante nell’ottica del ricorso per cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2020

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