Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4227 del 17/02/2021

Cassazione civile sez. I, 17/02/2021, (ud. 22/01/2021, dep. 17/02/2021), n.4227

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7273/2020 r.g. proposto da:

R.A., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dagli Avvocati

Maurizio Paniz, Marcello Scurria ed Agatino Cariola, con i quali

elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Catania,

alla via G. Carnazza n. 51.

– ricorrente –

contro

C.M., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato

Massimiliano Mangano, presso il cui studio elettivamente domicilia

in Roma, alla via Antonio Stoppani n. 1;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.M., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale allegata in calce al controricorso,

dall’Avvocato Marcello Consiglio, presso il cui studio elettivamente

domicilia in Palermo, alla via della Libertà n. 39;

– controricorrente –

e nei confronti di:

D.S., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentata e difesa,

giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dagli

Avvocati Carmelo Floreno, e Fulvio Librizzi, con i quali

elettivamente domicilia presso lo studio dei primo in Catania, alla

via G. Carnazza n. 51;

– controricorrente –

e di:

ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

Presidente pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI PALERMO, depositata il

giorno 24/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/01/2021 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.M. chiese al Tribunale di Palermo di dichiarare l’ineleggibilità di R.A., eletto deputato all’Assemblea Regionale Siciliana, nella lista provinciale “(OMISSIS) – M.N. Presidente – (OMISSIS) (OMISSIS) – (OMISSIS)”, all’esito delle elezioni del 5 novembre 2017, o comunque la decadenza del medesimo da tale carica, e, per l’effetto, proclamarsi l’istante, successivo candidato avente diritto. Tanto sul presupposto che il R. non aveva provveduto a dimettersi da presidente dell’IS.FOR.D.D. entro il termine di novanta giorni prima del quinquennio dalla data delle precedenti elezioni regionali, così dovendosi ritenere concretizzata la fattispecie di cui al combinato disposto dell’art. 8, comma 3, e art. 10, comma 1-ter (introdotto dalla L.R. Sicilia 14 gennaio 2014, n. 4), della L.R. Sicilia 20 marzo 1951, n. 29.

1.1. L’adito tribunale, pronunciandosi nel contraddittorio con il R., nella contumacia dell’Assemblea Regionale Siciliana, e con l’intervento del Pubblico Ministero, di D.S., quale iscritta nelle liste elettorali del Comune di Palermo nonchè membro del Comitato Provinciale A.N.M.I.C., e di B.M., terzo classificato nella lista predetta, ritenne ammissibili gli interventi della D. e del B. ma rigettò le domande del C..

2. I gravami contro quella decisione promossi, in via principale e con separati ricorsi, dal C. e dal B., nonchè, in via incidentale, dal R., sono stati riuniti dalla Corte di appello di Palermo, che, con sentenza del 24 gennaio 2020, n. 117, ha così statuito: “…in accoglimento dell’appello proposto da B.M. e da C.M. nei confronti di R.A., D.S. e dell’Assemblea Regionale Siciliana avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo del 28.5.2018: 1) dichiara l’inammissibilità dell’intervento proposto da D.S. nel giudizio di primo grado; 2) dichiara che R.A. non era eleggibile alla carica di componente dell’Assemblea della Regione Sicilia e, per l’effetto, lo dichiara decaduto da essa, sostituendolo nella predetta carica con C.M. (..); 3) conferma, nel resto, l’ordinanza impugnata; 4) compensa interamente tra le parti costituite le spese di questo secondo grado di giudizio”.

2.1. In sintesi, e per quanto qui di residuo interesse, quella corte, dopo aver dato atto delle argomentazioni poste dal giudice di prime cure a corredo della sua pronuncia e dei motivi di appello formulati, rispettivamente, dal C. e dal B., ha così opinato (cfr., amplius, pag. 11 e ss. della menzionata sentenza): i) quanto all’intervento in primo grado della D., che lo stesso, “diretto a contrastare, in nome delle ragioni del resistente R., le contrapposte ragioni addotte dal ricorrente C., si pone al di fuori dello schema dell’azione popolare, anzi in posizione a questa antitetica, per assumere i connotati dell’intervento adesivo della parte resistente che, costituito in causa, avrebbe potuto agevolmente svolgere quelle stesse ragioni prospettate dall’interveniente. Ed in capo alla stessa non può configurarsi un interesse che la legittimi, ai sensi dell’art. 105 c.p.c.. A tal fine, la D. ha dedotto di essere legittimata quale socia della A.N.M.I.C, senza però specificare, a parte ogni considerazione del suo potere di agire in nome e per conto di detta associazione, in quale modo il diritto della predetta associazione allo svolgimento del proprio compito sarebbe leso dalla normativa che prevede la causa di ineleggibilità oggetto del presente giudizio e perchè, secondo quanto prospettato del tutto genericamente con la comparsa di intervento, detto diritto sarebbe “relativo all’oggetto del giudizio e dipendente dal titolo ivi dedotto””; quanto alla configurabilità, nella specie, dell’ipotesi di ineleggibilità di cui alla L.R. Sicilia n. 29 del 1951, art. 10, comma 1 ter (di cui ha preliminarmente ritenuto manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità sollevata dal R. con riguardo agli artt. 2,3,33 e 51 Cost.), che veniva in rilievo “l’individuazione dei rapporti tra Regione Sicilia ed enti che esercitano il servizio pubblico della formazione professionale, come l’IS.FOR.D.D., del quale il R. era presidente”. Pertanto, una volta individuata la ratio della suddetta previsione normativa (“evitare l’esistenza di posizioni che possano ledere la par condicio dei candidati in ragione di un’attività da loro svolta, e tale da determinare una posizione di privilegio per l’esercizio di funzioni socialmente utili e potenzialmente incidenti sulla volontà degli elettori e per l’uso strumentale degli enti di cui essi sono organi o amministratori, sui quali incide in vario modo la Regione, per il cui organo legislativo essi si candidano. Detta posizione, infatti, crea un potenziale conflitto di interessi nell’eletto…”), e considerato altresì, che “quanto più pregnante è il potere di ingerenza regionale sulla vita dell’ente o associazione privata, di cui è organo o gestore il candidato, tanto maggiore è il rischio del conflitto di interessi”, quella corte ha osservato che la Regione è “un soggetto pubblico che, per svolgere una attività che ad essa compete per suo conto, “si avvale” degli enti di formazione che, comunque, rimangono soggetti privati che collaborano nel perseguimento di interessi e obiettivi pubblici propri dell’ente territoriale e che, per tale profilo, sono comunque sottoposti al controllo e alla vigilanza funzionale della Regione, almeno in rapporto all’uso dei finanziamenti ricevuti e alla realizzazione dei fini per i quali essi sono stati erogati. (..). Non vi è dubbio, quindi, che ricorre la fattispecie prevista dalla L.R. n. 29 del 1951, art. 10, comma n. 4, a norma del quale non possono essere eletti i commissari, i liquidatori, i presidenti o i componenti di consigli di amministrazione e di collegi sindacali, i dirigenti di enti pubblici e privati soggetti a vigilanza o tutela della Regione o dello Stato o che siano ammessi a fruire di contributi, concorsi o sussidi da parte dei medesimi, salvo che effettivamente cessino dalle funzioni in conseguenza di dimissioni o di altra causa almeno 90 giorni prima della data del decreto di convocazione dei comizi elettorali”; iii) quanto alla tempestività, o meno, dell’avvenuta rimozione, da parte del R., della causa di ineleggibilità, che i documenti prodotti da quest’ultimo erano inidonei a provare la cessazione tempestiva ed effettiva dalla sua carica di presidente dell’IS.FOR.D.D.. In proposito, la corte distrettuale ha osservato, tra l’altro, che, “secondo la volontà legislativa, è necessario che il candidato non solo non eserciti in punto di fatto la funzione ma che si sia altresì formalmente spogliato dall’incarico, così da perdere agli occhi dell’elettorato la posizione di privilegio che possa metterlo in una situazione di indebito vantaggio nella competizione elettorale. La ratio della norma in esame, infatti, come detto sopra va individuata nell’esigenza di tutelare la libera determinazione dell’elettore e di garantire la “par condicio” dei candidati, evitando che il particolare ruolo ricoperto dal soggetto possa metterlo in una situazione determinativa di indebito vantaggio nella competizione elettorale. Per la medesima ragione è, inoltre, necessario che le “dimissioni” siano opponibili ai terzi, ovvero che siano conosci bili perchè, altrimenti, il candidato, seppur dimissionario, continuerebbe a essere considerato, durante la campagna elettorale, per la carica (già) rivestita e per il conseguente prestigio, e sarebbe vanificata, quindi, la ratio della legge. Per questa ragione, quindi, non sarebbe nemmeno sufficiente un atto di data certa, a norma dell’art. 2704 c.c., che contenesse la presentazione delle dimissioni, nella specie comunque inesistente”. Ha concluso, quindi, assumendo che, “nel caso in esame, non può ritenersi sufficiente che nei termini di legge le dimissioni fossero state rassegnate ed accettate, ma occorreva anche che venissero iscritte nel registro delle imprese, così da divenire opponibili ai terzi (ex art. 2193 c.c.). Nè, del resto, il R. ha provato (e per la verità nemmeno dedotto) che l’elettorato fosse comunque a conoscenza della dedotta cessazione dalla carica. Il predetto appellato, infine, non può di certo trarre vantaggio dall’asserita insussistente personale responsabilità per la tardiva iscrizione nel registro delle imprese, considerato che, secondo l’orientamento della Cassazione, condivisa dal Collegio (Cass. n. 9533/2012), l’art. 2189 c.c., comma 1, consente all’interessato di chiederla direttamente”.

3. Per la cassazione di questo sentenza, non notificata, ricorre R.A., affidandosi a due motivi, il secondo dei quali articolato in plurimi profili. Resistono, con distinti controricorsi, C.M., che propone pure ricorso incidentale con un motivo, D.S., sostanzialmente aderendo alle argomentazioni tutte del R., e B.M.. E’ rimasta, invece, solo intimata l’Assemblea Reginale Siciliana. Risultano depositate memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c. dal R. e dal C..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate doglianze del ricorso principale del R. censurano, rispettivamente:

A) la ritenuta inammissibilità dell’intervento spiegato in primo grado dalla D., socia A.N. M.I.C.. Il corrispondente primo motivo – rubricato “Erroneità ed illegittimità dell’impugnata sentenza Appello Palermo n. 117/2020 per violazione e falsa applicazione dell’art. 105 c.p.c. e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 22 nonchè per il contrasto con gli artt. 2 e 111 Cost. e l’art. 6 Cedu, in integrazione di contraddizioni e difetti di istruttoria: violazioni di legge rilevanti ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” – assume che tale soluzione processuale si rivela in contraddizione con quella applicata a favore dell’altro interveniente B. e, comunque, in contrasto con la caratterizzazione sociale del giudizio elettorale e con la natura di procedimento a tutela di interessi pubblici del medesimo;

B) le affermazioni della corte distrettuale circa l’aver ritenuto l’ente di formazione IS.FOR.D.D. in regime di attività con la Regione siciliana nel luglio 2017 e l’aver richiesto la formalizzazione delle dimissioni dell’ex amministratore a mezzo di iscrizione nel registro delle imprese, invece di considerare la data certa provata dall’odierno ricorrente. Contro queste statuizioni è rivolto il secondo motivo, articolato, poi, in plurimi profili, così rispettivamente rubricati: II) “Erroneità ed illegittimità dell’impugnata sentenza Appello Palermo n. 117/2020 per violazione e falsa applicazione della L.R. Sicilia n. 29 del 1951, art. 10, comma 1-ter e comma 2, e degli artt. 2697 e 2704 c.c., art. 115 c.p.c.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e del diritto alla prova. Violazioni rilevanti ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti rilevanti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”; II-1) “segue: erroneità ed illegittimità dell’impugnata sentenza Appello Palermo n. 117/2020 per violazione e falsa applicazione della L.R. Sicilia n. 29 del 1951, art. 10, comma 1-ter e comma 2, rilevante ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Violazione dell’art. 115 c.p.c.. Travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti rilevanti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”; II-2) “segue: erroneità ed illegittimità dell’impugnata sentenza Appello Palermo n. 117/2020 per violazione e falsa applicazione de11a L.R. Sicilia n. 29 del 1951,art. 10, comma 1-ter e comma 2 degli artt. 2189,2193,2382 e 2448 c.c., rilevante ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra parti rilevanti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”; II-3) “segue: erroneità ed illegittimità dell’impugnata sentenza Appello Palermo n. 117/2020 per violazione e falsa applicazione della L.R. Sicilia n. 29 del 1951, art. 10, comma 1-ter e comma 2, e dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e del diritto alle prove ivi sancito. Violazioni rilevanti ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra parti rilevanti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”; II-4) “segue: erroneità ed illegittimità dell’impugnata sentenza Appello Palermo n. 117/2020 per violazione e falsa applicazione della L.R. Sicilia n. 29 del 1951, art. 10, comma 1, lett. f) e comma 1-ter, rilevante ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra parti rilevanti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. Vengono contestate, in particolare: i) l’interpretazione per la quale la L.R. Sicilia n. 29 del 1951, art. 10, comma 1-ter, introdotto con la L.R. n. 4 del 2014, estenderebbe senza limiti temporali la sua efficacia limitativa dell’elettorato passivo a carico degli amministratori di enti di formazione anche per rapporti assolutamente “vecchi” in ordine ai quali rimangono pendenti solo vicende debitorie inidonee ad incidere sulla ricerca del consenso elettorale. Al contrario, secondo il ricorrente, la corretta e costituzionalmente orientata interpretazione della disposizione conduce a limitare la fattispecie di ineleggibilità ai progetti finanziati in corso di esecuzione, senza avere riguardo ai rapporti obbligatori conseguenti alla rendicontazione ed alla liquidazione; la richiesta formalizzazione delle dimissioni dell’ex amministratore a mezzo di iscrizione nel registro delle imprese, mentre la prova certa delle stesse, idonea a far cessare la causa di ineleggibilità poteva essere data con qualsiasi mezzo; la mancata considerazione della prova fornita dal R. della tempestività delle sue dimissioni da amministratore di un ente di formazione il 24 luglio 2017 o, al più tardi, il 31 luglio 2017, giorno nel quale la notizia sulla sua sostituzione era transitata sul server Tiscali; iv) le affermazioni della sentenza impugnata nella parte in cui possa intendersi che la stessa avesse inteso accogliere la tesi del B. nel giudizio di merito secondo cui il R. sarebbe ineleggibile perchè amministratore di un ente sottoposto a tutela e/o vigilanza della Regione.

2. L’unico motivo di ricorso incidentale del C., invece, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, assume che, “ferma restando l’infondatezza del ricorso” del R., laddove fosse corretta la tesi di quest’ultimo “circa l’ammissione, da parte della corte di appello, di tutta la documentazione dallo stesso prodotta in giudizio, – tuttavia smentita dal fatto che la sentenza impugnata a pag. 17 si limita a richiamare documenti (prodotti) in primo grado, con esclusione di quelli espunti per l’effetto della dichiarata inammissibilità dell’intervento della D. – si censura allora tuzioristicamente la sentenza impugnata nella parte in cui non ha dichiarato l’inammissibilità, in quanto tardiva, della produzione documentale di controparte di cui agli allegati: n. 15 bis della produzione del 23.10.2018; doc. C), D), E), F), G), H) ed I) della produzione del 23.10.2018; doc. L) ed M) della produzione del 8.11.2018”.

3. Il primo motivo del ricorso principale del R. è infondato.

3.1. Invero, la declaratoria di inammissibilità dell’intervento della D., fin dal primo grado, è assolutamente coerente con le conclusioni ed i principi tutti – che il Collegio condivide ed intende ribadire – sanciti da Cass. n. 27327 del 2011, la quale ha puntualizzato, tra l’altro, che, in tema di contenzioso elettorale: i) nel corrispondente procedimento, avente ad oggetto unicamente l’accertamento del diritto dell’eletto alla permanenza nella carica, l’intervento in causa, non specificamente disciplinato, trova la sua regolamentazione nel codice di procedura civile; ii) il giudizio introdotto con l’azione popolare – riguardando la condizione personale del candidato eletto chiamato in causa ed incidendo sul diritto soggettivo di elettorato (passivo) di quest’ultimo e (attivo) dell’attore – ha come parti necessarie soltanto quel candidato e l’elettore (o gli elettori) che assumono l’iniziativa giudiziaria, oltre al Pubblico Ministero partecipe ex lege (cfr. Cass. n. 14199 del 2004; Cass. n. 17769 del 2007); iii) il processo può essere promosso da qualsiasi cittadino elettore e da chiunque vi abbia interesse, il che configura una legittimazione diffusa e fungibile, accordata dall’ordinamento in funzione di un interesse pubblico alla regolare composizione ed al retto funzionamento degli organi collegiali degli enti pubblici territoriali e che trova la sua ragion d’essere nell’opportunità di utilizzare l’iniziativa di qualsiasi cittadino elettore, diretta ad eliminare eventuali illegittimità verificatesi in materia di elettorato amministrativo, con la necessaria conseguenza che il giudicato formatosi in tale giudizio acquista autorità ed efficacia erga omnes, non essendo compatibile con la natura popolare dell’azione, con il suo carattere fungibile e con le sue funzioni e finalità, che gli effetti della pronuncia rimangano limitati alle sole parti del giudizio e non operino anche nei confronti di tutti gli altri legittimati e dell’organo collegiale cui il giudizio stesso si riferisce (cfr. Cass., SU, nn. 73 del 2001 e 2464 del 1982).

3.1.1. Pertanto, sulla base di tali principi, affatto correttamente la corte distrettuale ha opinato che l’intervento spiegato dalla D. nel giudizio di primo grado – palesemente ad adiuvandum del resistente R.A., relativamente al quale il ricorrente originario C.M. aveva domandato l’ineleggibilità all’Assemblea Regionale Siciliana, o comunque la decadenza del medesimo dalla carica di deputato della stessa – era inammissibile ab origine. Conclusione, quest’ultima, pienamente giustificata sia dal già richiamato principio per cui, nel contenzioso elettorale, il giudizio introdotto con l’azione popolare – concernendo la condizione personale del candidato eletto chiamato in causa ed incidendo sul diritto soggettivo di elettorato (passivo) di quest’ultimo e (attivo) dell’attore – ha come parti necessarie soltanto quel candidato e l’elettore (o gli elettori) che assumono l’iniziativa giudiziaria, oltre al Pubblico Ministero partecipe ex lege, sia da quello, ulteriore (pure desumibile dalla menzionata Cass. n. 27327 del 2011, nonchè, in precedenza, da Cass. n. 7142 del 1991), secondo cui l’azione popolare di cui oggi si discute, nel consentire ad ogni elettore di agire in giudizio o di intervenire in quello da altri promosso per ottenere il controllo giurisdizionale sul rispetto delle norme in materia di eleggibilità o di incompatibilità, non può essere piegata, per il suo carattere eccezionale, a scopi diversi da quello volto a conseguire una pronunzia a tutela dell’interesse pubblico sotteso a detto controllo, con la conseguenza che essa non può essere proposta per far valere, con intervento ad adiuvandum, le ragioni del candidato di cui sia in contestazione l’eleggibilità o l’incompatibilità.

3.1.2. Nella specie, l’intervento della D., – da qualificarsi, al più, come adesivo dipendente ex art. 105 c.p.c., comma 2, – diretto a contrastare, in nome delle ragioni del resistente R., le contrapposte argomentazioni addotte dal ricorrente C., il quale aveva appunto chiesto il controllo giurisdizionale sull’osservanza delle norme in tema di ineleggibilità alla carica di deputato all’Assemblea Regionale Siciliana, si pone perciò al di fuori dello schema dell’azione popolare, anzi in posizione a questa antitetica, per assumere i connotati dell’intervento adesivo della parte resistente che, costituita in causa, avrebbe potuto agevolmente svolgere quelle stesse ragioni prospettate dell’interveniente.

3.2. A tanto deve aggiungersi che la corte distrettuale ha ritenuto, altresì, l’insussistenza, in capo alla medesima D., di un interesse che la legittimasse ex art. 105 c.p.c., a tal fine evidenziando che la stessa “…ha dedotto di essere legittimata quale socia della A.N. M.I.C, senza però specificare, a parte ogni considerazione del suo potere di agire in nome e per conto di detta associazione, in quale modo il diritto della predetta associazione allo svolgimento del proprio compito sarebbe leso dalla normativa che prevede la causa di ineleggibilità oggetto del presente giudizio e perchè, secondo quanto prospettato del tutto genericamente appena menzionato non sarebbe più risultato accreditato), giammai la causa di ineleggibilità in questione avrebbe potuto trovare applicazione nella fattispecie; b) la non necessità della formalizzazione delle dimissioni del R. dalla carica di presidente dell’IS.FOR.D.D. a mezzo di iscrizione nel registro delle imprese, considerata la data certa di queste ultime come provata dall’odierno ricorrente.

4.1. La rilevanza della seconda di esse, peraltro, dipende, come è evidente, dall’esito della prima, nel senso che solo ove sia ritenuta applicabile al R. la suddetta causa di ineleggibilità assumerebbe concreto rilievo l’ulteriore tema della tempestività delle dimissioni dello stesso dalla carica predetta e della necessità, o non, della loro formalizzazione nei modi suddetti.

4.2. Occorre, pertanto, muovere dall’esame della normativa di riferimento.

4.2.1. Orbene, la legge della Regione Sicilia del 20 marzo 1951, n. 29, in tema di “Elezione dei deputati all’Assemblea regionale siciliana”, sancisce, all’art. 10, comma 1-ter, introdotto dalla L.R. Sicilia 15 gennaio 2014, n. 4, art. 1, comma 2, (pubblicata in Gazz. Uff. Regione Sicilia del 24 gennaio 2014, n. 4), che “Non sono eleggibili nè compatibili i (…) legali rappresentanti, amministratori, dirigenti, (..) e consulenti di società o enti di formazione professionale, anche senza scopo di lucro, che fruiscono di finanziamenti o contributi, a qualsiasi titolo, per lo svolgimento di attività formative per conto della Regione o che siano titolari di appalti per forniture e servizi per lo svolgimento di attività formative per conto della Regione”.

4.2.2. E’ utile rilevare, inoltre, che il medesimo L.R. n. 4 del 2014, art. 1, comma 2, ha introdotto anche un comma 1-bis alla L.R. n. 29 del 1951, art. 10 (“Le ineleggibilità di cui al presente Capo sono estese ai rappresentanti, agli amministratori, ai dirigenti (…) di enti non territoriali, anche senza scopo di lucro, di società o imprese private che godono di contributi da parte della Regione nonchè ai dirigenti e funzionari dipendenti della Regione. Sono comunque fatti salvi gli incarichi assunti dai deputati regionali, dal Presidente dell’Assemblea regionale siciliana, dal Presidente della Regione e dai componenti della Giunta regionale in forza di espressa previsione di legge”), mentre il successivo L.R. n. 4 del 2014, art. 2 ha precisato che “L’art. 1 trova applicazione a decorrere dalla prima legislatura successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per le disposizioni di cui alla L.R. n. 29 del 1951, art. 10, comma 1-ter introdotto dal comma 2 del medesimo art. 1”.

4.2.3. Deve ricordarsi, altresì, che la L.R. n. 29 del 1951, art. 8 dopo aver elencato, al comma 1, alcune fattispecie di ineleggibilità a deputato regionale (a) i presidenti e gli assessori delle province regionali; b) i sindaci e gli assessori dei comuni, compresi nel territorio della Regione, con popolazione superiore a 20 mila abitanti, secondo i dati ufficiali dell’ultimo censimento generale della popolazione; c) il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana; d) il segretario generale della Presidenza della Regione Siciliana, i dirigenti di strutture di massima dimensione e di dimensione intermedia, i dirigenti preposti ad uffici speciali temporanei dell’Amministrazione regionale e di enti soggetti a vigilanza e/o controllo della Regione, nonchè i direttori generali di agenzie regionali; e) i capi di gabinetto e degli uffici di diretta collaborazione nonchè i segretari particolari dei Ministri, dei viceministri, dei sottosegretari di Stato, del Presidente della Regione e degli Assessori regionali; f) i capi di dipartimento ed i segretari generali dei Ministeri, i direttori generali delle agenzie statali nonchè i dirigenti preposti ad uffici di livello dirigenziale generale di amministrazioni statali che operano nella Regione; g) i prefetti, i viceprefetti della Repubblica ed i funzionar di pubblica sicurezza; h) il capo ed il vicecapo della polizia e gli ispettori generali di pubblica sicurezza; i) gli ufficiali generali e gli ammiragli, gli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato se esercitano il comando in Sicilia; j) i funzionar’ dirigenti delle cancellerie e segreterie del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, delle Corti d’appello e dei tribunali della Sicilia; k) i componenti dei comitati, commissioni ed organismi che esprimono pareri obbligatori su atti amministrativi dell’Amministrazione regionale; I) i direttori generali, i direttori amministrativi e i direttori sanitari delle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e delle aziende policlinico universitarie esistenti nel territorio della Regione, nonchè gli amministratori straordinari delle suddette aziende. Anche nel caso di cui ai commi 2 e 3, i direttori generali, i direttori amministrativi e i direttori sanitari suddetti, non sono eleggibili nei collegi elettorali in cui sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell’azienda presso la quale abbiano esercitato le proprie funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti alla data di accettazione della candidatura. I direttori generali, i direttori amministrativi e i direttori sanitari suddetti che sono stati candidati e che non sono stati eletti, non possono esercitare per un periodo di cinque anni le loro funzioni in aziende comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale in cui gli stessi erano candidati), prevede, ai successivi commi da 2 a 4, rispettivamente, che “2. Le cause di ineleggibilità di cui al comma 1 non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data della precedente elezione regionale. 3. Per cessazione dalle funzioni si intende l’effettiva astensione da ogni atto inerente all’ufficio rivestito, preceduta, nei casi previsti alle lettere a) e b) del comma 1, dalla formale presentazione delle dimissioni; e negli altri casi dal trasferimento, dalla revoca dell’incarico o del comando ovvero dal collocamento in aspettativa. 4. Fermo restando quanto previsto dai commi 1, 2 e 3, l’accettazione della candidatura comporta in ogni caso la decadenza dalle cariche di cui al comma 1, lettere a) e b)”.

4.2.4. Infine, va rimarcato che la L.R. Sicilia n. 29 del 1951, art. 10, comma 2, sancisce che “Le cause di ineleggibilità previste dal presente articolo non sono applicabili a coloro che, in conseguenza di dimissioni od altra causa, siano effettivamente cessati dalle loro funzioni, ai sensi dell’art. 8, comma 3, almeno novanta giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data delle precedenti elezioni regionali”.

4.2.5. Alla stregua del riportato contesto normativo, quindi, la ineleggibilità del R., invocata originariamente dal C. (ed incidentalmente dal B.), imponeva la verifica dell’applicabilità, o meno, nella specie, dell’art. 10, comma 1 ter menzionata legge regionale, e, nell’ipotesi di soluzione positiva, l’accertamento (giusta il combinato disposto degli art. 10, comma 2, ed art. 8, comma 3 medesima legge) della cessazione effettiva del R. dalla carica di presidente dell’IS.FOR.D.D. almeno novanta giorni prima del compimento del quinquennio della data (28.10.2012) delle elezioni regionali precedenti a quelle (tenutesi il 5.11.2017) in cui era risultato eletto. In proposito, giova sottolineare che mentre è incontroverso tra le parti che, con Delib. Giunta regionale di governo 24 agosto 2017, n. 335, la data entro la quale far cessare situazioni di ineleggibilità era stata fissata al 30 luglio 2017, è tuttora oggetto di disputa tra le stesse se, ricadendo il 30 luglio 2017 di domenica, quel termine ultimo dovesse essere posticipato al 31 luglio (primo giorno utile non festivo, ex art. 155 c.p.c., comma 4), come sostenuto dal R., ovvero essere retrodatato al 29 luglio 2017, trattandosi di termine cd. “a ritroso”, come preteso dal B..

4.3. La corte distrettuale ha ritenuto applicabile, nella specie, l’ipotesi di ineleggibilità di cui al citato L.R. Sicilia n. 29 del 1951, art. 10, comma 1-ter. A tal fine: i) ha valorizzato “i rapporti tra Regione Sicilia ed enti che esercitano il servizio pubblico della formazione professionale, come l’IS.FOR.D.D., del quale il R. era presidente”; ii) ha individuato la ratio della suddetta previsione normativa (“evitare l’esistenza di posizioni che possano ledere la par condicio dei candidati in ragione di un’attività da loro svolta, e tale da determinare una posizione di privilegio per l’esercizio di funzioni socialmente utili e potenzialmente incidenti sulla volontà degli elettori e per l’uso strumentale degli enti di cui essi sono organi o amministratori, sui quali incide in vario modo la Regione, per il cui organo legislativo essi si candidano. Detta posizione, infatti, crea un potenziale conflitto di interessi nell’eletto…”); ha considerato che “quanto più pregnante è il potere di ingerenza regionale sulla vita dell’ente o associazione privata, di cui è organo o gestore il candidato, tanto maggiore è il rischio del conflitto di interessi”. Ha opinato, pertanto, che la Regione è “un soggetto pubblico che, per svolgere una attività che ad essa compete per suo conto, “si avvale” degli enti di formazione che, comunque, rimangono soggetti privati che collaborano nel perseguimento di interessi e obiettivi pubblici propri dell’ente territoriale e che, per tale profilo, sono comunque sottoposti al controllo e alla vigilanza funzionale della Regione, almeno in rapporto all’uso dei finanziamenti ricevuti e alla realizzazione dei fini per i quali essi sono stati erogati. (…).”.

4.4. Orbene, ad avviso di questo Collegio, la ratio della disciplina in esame come individuata dalla corte palermitana si rivela assolutamente corretta, atteso che il comma 1-ter dell’art. 10, come introdotto dalla L.R. Sicilia n. 4 del 2014, art. 1, comma 2, ha chiaramente voluto configurare una ulteriore, specifica causa di ineleggibilità ed incompatibilità limitata al settore della formazione professionale sul presupposto che l’esercizio delle cariche ivi individuate (legali rappresentanti, amministratori, dirigenti e consulenti di società o enti che fruiscono di finanziamenti o contributi a qualsiasi titolo per lo svolgimento di attività formative) possa interferire con la competizione elettorale.

4.4.1. Va rimarcato, poi, che la suddetta disposizione nemmeno contiene un preciso momento temporale da cui farne scattare l’applicazione. La norma, peraltro, – come pure condivisibilmente osservato dal controricorrente B. – utilizza l’indicativo presente per evidenziare le ipotesi in cui sussiste la descritta causa di ineleggibilità, sicchè non sono eleggibili gli amministratori, dirigenti e legali rappresentanti di enti di formazione professionale, anche senza scopo di lucro, che “fruiscono di finanziamenti o contributi, a qualsiasi titolo, per lo svolgimento di attività formative per conto della Regione o che siano titolari di appalti per forniture e servizi per lo svolgimento di attività formative per conto della Regione”. Pertanto, si è voluta configurare la causa di ineleggibilità in questione riferendola non già ad un dato momento temporale in cui l’ente di formazione abbia ottenuto il finanziamento e/o il contributo, ma, piuttosto, alla presenza dell’ente di formazione di cui si discute all’interno del sistema della formazione professionale siciliana.

4.5. Ciò posto, è incontroverso che l’IS.FOR.D.D. risultasse accreditato presso il Sistema della Formazione Professionale Siciliana (quanto meno fino alla data di concreta applicazione di quanto sancito dalla L.R. Sicilia 7 maggio 2015, n. 9, art. 86 che ha ridisciplinato il sistema di accreditamento degli enti di formazione siciliani, cui ha fatto seguito il Decreto Presidenziale 1 ottobre 2015, n. 25, recante, appunto, il Regolamento di attuazione) e svolgesse, in forza di un simile accreditamento, l’attività di organizzazione e gestione di corsi di formazione professionale per invalidi, e non invalidi, ai fini di una più opportuna socializzazione degli stessi, nonchè l’organizzazione di corsi di qualificazione e riqualificazione professionale nei confronti di cittadini già occupati, invalidi o non. Proprio per effetto dell’espletamento di tali funzioni all’interno del territorio siciliano, l’IS.FOR.D.D. ha ottenuto contributi, sovvenzioni e finanziamenti da parte della Regione Sicilia, risultando così inserito in un sistema di formazione continua, così beneficiando della possibilità di partecipare agli avvisi pubblici via via banditi all’interno di quel sistema.

4.5.1. A ciò deve soltanto aggiungersi, con valore dirimente quanto all’applicabilità, nella specie, della descritta disposizione di cui alla L.R. n. 29 del 1951, art. 10, comma 1 ter, a prescindere, cioè, dalle sorti dell’accreditamento del menzionato istituto successivamente all’entrata in vigore della citata L.R. n. 9 del 2015, che i progetti formativi finanziati in favore dell’IS.FOR.D.D. devono considerarsi conclusi solo in data 30 novembre 2017 (addirittura dopo lo svolgimento dell’elezione dell’Assemblea regionale siciliana, tenutesi il 5 novembre 2017, in cui il R. era risultato eletto), come emerge (e la relativa circostanza è assolutamente pacifica) dai Decreti Dirigenziali nn. 8698 e 8699 resi, in pari data, dal Dirigente del Servizio Gestione per gli interventi in materia di formazione professionale. Deve ritenersi, infatti, che solo a questa data l’ente regionale ha concretamente riconosciuto la spesa sostenuta dall’Istituto di formazione in relazione al progetto formativo come dalla prima finanziato, così completandosi l’intero iter del progetto formativo medesimo (ammissione al finanziamento; conseguente gestione dell’attività di formazione; rendicontazione ad opera dell’istituto e sua verifica da parte dell’ente regionale). Dunque, non c’è stata alcuna applicazione di disciplina sopravvenuta ad un rapporto esaurito, diversamente da quanto prospettato dal R. (cfr. pag. 25-26 del ricorso).

4.5.2. Nè, in contrario, può valere quanto sostenuto da quest’ultimo, secondo cui, in tal modo, l’eventuale inerzia della Regione nella accertamento suddetto potrebbe determinare un protrarsi indeterminato della causa di ineleggibilità de qua: invero, l’avvenuto esercizio, da parte dell’IS.FOR.D.D., del servizio pubblico della formazione professionale, ossia di un’attività che competeva alla Regione e che, quindi, il primo aveva svolto per suo conto, pur restando soggetto privato, ne ha comportato la necessaria sottoposizione al controllo ed alla vigilanza funzionale della Regione stessa, almeno in rapporto all’uso dei finanziamenti ricevuti ed alla realizzazione dei fini per i quali essi erano stati erogati, sicchè uno spatium deliberandi della Regione per l’effettuazione di detta verifica deve considerarsi fisiologico (nell’odierna vicenda, peraltro, nemmeno è dato sapere quando, concretamente, l’istituto avrebbe terminato la propria attività di rendicontazione dell’ultimo corso svolto, fornendone i dati alla Regione, così nemmeno potendosi valutare l’esistenza, o meno, di un’asserita inerzia di quest’ultima nella verifica di sua competenza).

4.5.3. E’ palese, allora, come anche nel periodo di convocazione dei comizi elettorali, l’IS.FOR.D.D. gestiva, o comunque ancora riceveva, così fruendone, residui di finanziamenti pubblici liquidatigli addirittura dopo l’elezione all’Assemblea regionale siciliana del proprio legale rappresentante, R.A., con conseguente applicabilità della causa di ineleggibilità predetta.

4.6. Quanto finora esposto non consente ancora, però, di per sè solo, alcuna conclusione in ordine all’effettiva ineleggibilità del R. nel caso in esame, avendo egli sostenuto di essersi dimesso dalla carica di presidente dell’anzidetto istituto in tempo utile prima delle elezioni cui partecipò. Di tale aspetto, pure oggetto dei plurimi profili in cui è articolato il secondo motivo del suo ricorso, occorre occuparsi tenendo conto, peraltro, che, a differenza di un normale giudizio di cassazione, quello in materia elettorale ha connotati affatto particolari, perchè la funzione tradizionale della Corte di cassazione subisce un ampliamento. Il D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 84, comma 1, (come sostituito dalla L. 23 dicembre 1966, n. 1147, art. 4), nello stabilire che anche la Corte di cassazione, al pari dei giudici di merito di primo e secondo grado, in caso di accoglimento del ricorso è abilitata a correggere il risultato delle elezioni ed a sostituire i candidati illegittimamente proclamati con quelli che hanno diritto ad esserlo, mostra infatti di volere a questi fini equiparare i poteri decisori del giudice di legittimità a quelli dei giudici di merito: il che ha spinto alcuni studiosi a parlare di un vero e proprio giudizio di terzo grado, ed ha in più occasioni indotto questa medesima Corte ad affermare che, in tali particolari giudizi, essa ha il potere di prendere diretta cognizione di tutti i fatti di causa e delle risultanze probatorie già acquisite nei gradi precedenti, senza i limiti normalmente operanti al riguardo per il giudice di legittimità (si vedano, tra le altre, Cass. n. 22346 del 2006, Cass. n. 14199 del 2004 e Cass. n. 1073 del 2001; Cass. n. 15026 del 2007; Cass. n. 1755 del 2016, in motivazione; Cass., n. 9883 del 2016, in motivazione). Ne consegue che la verifica dell’esistenza e della tempestività delle dimissioni del R. dalla carica va compiuto direttamente da questa Corte, sia pure sulla base delle sole risultanze istruttorie già acquisite nei precedenti gradi e nei limiti delle corrispondenti censure di cui al ricorso.

4.6.1. Orbene, si è già precedentemente riferito che la L.R. Sicilia n. 29 del 1951, art. 10, comma 2, sancisce che “Le cause di ineleggibilità previste dal presente articolo (tra cui quella di cui all’art. 10, comma 1-ter contestata al R.. Ndr) non sono applicabili a coloro che, in conseguenza di dimissioni od altra causa, siano effettivamente cessati dalle loro funzioni, ai sensi dell’art. 8, comma 3, almeno novanta giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data delle precedenti elezioni regionali”, e che con Delib. Giunta regionale di governo 24 agosto 2017, n. 335, la data entro la quale far cessare le situazioni di ineleggibilità, in relazione alle elezioni dell’Assemblea regionale siciliana che si sarebbero tenuto il 5 novembre 2017, era stata fissata al 30 luglio 2017 (la necessità di posticipare tale data, cadente di domenica, al 31 luglio, primo giorno utile non festivo, ex art. 155 c.p.c., comma 4, come sostenuto dal R., ovvero di retrodatarla al 29 luglio 2017, trattandosi di termine cd. “a ritroso”, come preteso dal B., sarà oggetto di specifico esame solo se effettivamente rilevante).

4.6.2. E’ indubbio che l’accento della disposizione suddetta cada non tanto sul “titolo” della cessazione dalle funzioni (dimissioni, collocamento in aspettativa o altra causa), quanto soprattutto sulla “effettività” di tale cessazione, da intendersi come l’effettiva astensione da ogni atto inerente all’ufficio rivestito (art. 8, comma 3 medesima legge regionale). Ne segue che la prova di detta cessazione – il cui onere incombe certamente sul candidato alla carica elettiva astrattamente ineleggibile (cfr., nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 27832 del 2011 e Cass. n. 15026 del 2007) – può emergere, secondo le circostanze del caso concreto, non soltanto dagli elementi formali attestanti la cessazione dalla carica che inibisce l’eleggibilità, ma anche da altri elementi probatori che supportino e/o integrino un titolo formale insufficiente od incerto (ad esempio, dimissioni dalla carica non ancora accettate), dalla complessiva considerazione dei quali risulti comunque che tale cessazione si è effettivamente verificata. Ciò, in conformità alla stessa ratio delle cause di ineleggibilità, le quali mirano, notoriamente, a prevenire effetti distorsivi quanto alla parità di condizioni tra i vari candidati, in ragione del fatto che il soggetto non eleggibile – avvalendosi della particolare carica che ricopre – può influenzare a suo favore il corpo elettorale. A siffatta interpretazione della disposizione in esame, che privilegia l’integrazione tra elementi probatori formali e sostanziali, conducono sia lo stesso tenore della disposizione medesima, sia, e soprattutto, le concorrenti considerazioni che: i) il diritto di elettorato passivo, riconosciuto e garantito a tutti i cittadini in condizioni di eguaglianza dall’art. 51 Cost., comma 1, è diritto politico fondamentale connotato dai caratteri dell’inviolabilità (cfr., ex plurimis, le sentenze della Corte costituzionale nn. 235 del 1988 e 141 del 1996); ii) le restrizioni del contenuto di un diritto inviolabile sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale, e ciò in base alla regola della necessarietà e della ragionevole proporzionalità di tale limitazione (Corte costituzionale, sentenza n. 141 del 1996 cit., n. 3, del Considerato in diritto); iii) è principio costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale quello secondo il quale la eleggibilità costituisce la regola, mentre la ineleggibilità rappresenta una eccezione, sicchè le norme che disciplinano quest’ultima sono di stretta interpretazione (cfr., ex multis, Corte costituzionale, sentenza n. 283 del 2010, n. 7, del Considerato in diritto), nel senso che esse devono contenersi entro i limiti di quanto è necessario a soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 141 del 1996 cit., ibidem), entro i limiti, cioè, di una stretta strumentalità rispetto all’obiettivo perseguito.

4.7. Fermo quanto precede, il R. ha sostenuto di essersi dimesso dalla carica di presidente di IS.FOR.D.D. il 24 luglio: in tempo utile, quindi, perchè entro la data (30 luglio) di scadenza del termine nel quale far cessare le situazioni di ineleggibilità fissata dalla menzionata Delib. Giunta regionale di governo 24 agosto 2017, n. 335 (e ciò pure se si volessero considerare le date, posticipate o anticipate, del 31 o del 29 luglio), in relazione alle elezioni dell’Assemblea regionale siciliana che si sarebbero tenute il 5 novembre 2017. Di tanto, però, e soprattutto dell’effettiva cessazione di quella funzione, la corte distrettuale non ha ritenuto raggiunta la prova attesa la inadeguatezza della corrispondente documentazione alla cui stregua, invece, il giudice di prime cure era giunto alla conclusione opposta.

4.7.1. In particolare, la corte palermitana (cfr., amplius, pag. 17 e ss. della sentenza impugnata): i) ha innanzitutto evidenziato che “i documenti in base ai quali il Tribunale ha ritenuto che il R. avesse tempestivamente rassegnato le dimissioni dalla carica di Presidente dell’I.FOR.D.D. sono: 1) Dimissioni formalizzate il 24 luglio 2017 e riportate al protocollo ANMIC con prot. 28/2017; 2) Nota prot. N. 29/2017 a firma del Presidente provinciale dell’ANMIC in cui si dà atto delle dimissioni del R. con decorrenza dal 25.7.2017 e si provvede alla nomina del nuovo Presidente nella persona di P.S.; 3) Copia conforme dell’estratto del protocollo della corrispondenza ANMIC 30.11.2012-10.4.2018; 4) Copia conforme dell’estratto del verbale delle adunanze del Comitato Provinciale Palermo ANMIC e, in particolare, dell’adunanza del 26.7.2017 in seno alla quale il Presidente informava il comitato delle dimissioni del 24.7.2017 del R. quale Presidente Provinciale dell’IS.FOR.D.D. e della nomina quale nuovo Presidente della P.”; ii) ha precisato, poi, “che il documento sub 4), a prescindere da ogni valutazione sulla sua valenza probatoria, non può essere tenuto in considerazione perchè prodotto dalla D. che, per quanto detto sopra, non era legittimata ad intervenire”. Valutazione, quest’ultima, che deve confermarsi in questa sede in ragione di quanto si è detto rigettandosi il primo motivo di ricorso del R. volto a censurare proprio la ritenuta inammissibilità dell’intervento della D.; iii) circa l’idoneità degli altri documenti ai fini della prova della inesistenza della causa di ineleggibilità, ha sottolineato che “la L.R. 20 marzo 1951, n. 29, art. 10, comma 2, richiede la cessazione effettiva dalle funzioni per “dimissioni o altra causa”, ovvero una loro specifica formalizzazione” e che “secondo la volontà legislativa, è necessario che il candidato non solo non eserciti in punto di fatto la funzione ma che si sia altresì formalmente spogliato dall’incarico, così da perdere agli occhi dell’elettorato la posizione di privilegio che possa metterlo in una situazione di indebito vantaggio nella competizione elettorale”. Ciò perchè la ratio della norma in esame, come già detto, “va individuata nell’esigenza di tutelare la libera determinazione dell’elettore e di garantire la “par condicio” dei candidati, evitando che il particolare ruolo ricoperto dal soggetto possa metterlo in una situazione determinativa di indebito vantaggio nella competizione elettorale”; iv) ha ritenuto, inoltre, necessario, per la medesima ragione “che le “dimissioni” siano opponibili ai terzi, ovvero che siano conoscibili perchè, altrimenti, il candidato, seppur dimissionario, continuerebbe a essere considerato, durante la campagna elettorale, per la carica (già) rivestita e per il conseguente prestigio, e sarebbe vanificata, quindi, la ratio della legge. Per questa ragione, quindi, non sarebbe nemmeno sufficiente un atto di data certa, a norma dell’art. 2704 c.c., che contenesse la presentazione delle dimissioni, nella specie comunque inesistente”; v) ha concluso quindi, opinando che, “nel caso in esame non può ritenersi sufficiente che nei termini di legge le dimissioni fossero state rassegnate ed accettate, ma occorreva anche che venissero iscritte nel registro delle imprese, così da divenire opponibili ai terzi (ex art. 2193 c.c.). Nè, del resto, il R. ha provato (e per la verità nemmeno dedotto) che l’elettorato fosse comunque a conoscenza della dedotta cessazione dalla carica. (…) Va quindi ritenuto che il R. sia cessato dalle funzioni che ne determinavano l’ineleggibilità solo a seguito della variazione presso il registro camerale, avvenuta il 23.10.2017, come non contestato e, quindi, oltre il termine previsto dalla L.R. n. 29 del 1951, art. 10 bis (rectius, 10, comma 2. Ndr)”.

4.7.2. In buona sostanza, dunque, quella corte ha ritenuto non provati il momento e l’effettività delle rassegnate dimissioni per carenza di adeguata prova, munita di data certa ex art. 2704 c.c., almeno fino alla loro notizia desumibile dall’avvenuta variazione (del nominativo del Presidente dell’IS.FOR.D.D.) presso il registro camerale, in data 23.10.2017.

4.8. Osserva, allora, il Collegio che, effettivamente, nessuno dei documenti, di natura privata e/o comunque meramente interni all’ANMIC o all’IS.FOR.D.D., concretamente utilizzati dalla corte distrettuale sono forniti di data certa, ex art. 2704 c.c. onde renderli opponibili ai terzi, e, su questo specifico punto, il ricorso del R. non contiene alcuna adeguata censura (dolendosi, egli, essenzialmente, dell’asserita mancata valutazione di altri elementi istruttori e della non necessità della iscrizione delle dimissioni nel registro delle imprese), tale non potendo certamente essere la mera contrapposizione del proprio convincimento sulla certezza di data di quei documenti esclusa, invece, dalla corte territoriale.

4.8.1. Il C. ed il B., peraltro, hanno messo esplicitamente in dubbio la rispondenza al vero di quella data, e tale dubbio non può essere convincentemente superato, anche perchè esso è corroborato da altri elementi, acquisiti al processo, che sembrano mal conciliarsi, sul piano logico, con l’assunto dell’effettività delle dimissioni del R. alla data (24.7.2017) dal medesimo indicata. Il riferimento è, in particolare: i) alla documentazione prodotta, fin dal primo grado, dal B., concernente due istanze di accreditamento, recanti le date del 12 agosto 2017 e del 18 dicembre 2017, con cui l’IS.FOR.D.D., e, per esso, il suo presidente, R.A., mirava ad ottenere alcuni specifici finanziamenti: circostanze, questa, che evidentemente stride quanto meno con l’assunto dell’effettività delle dimissioni del R. da quella carica il 24 luglio 2017; ii) dalla nota del 26 aprile 2018, prot. n. 27084, depositata dal R. con documento n. 30 della propria produzione. Da essa e dall’allegata nota resa dalla TIM, l’unico soggetto legittimato ad operare sul portale della Formazione Professionale Siciliana, denominato “SAC”, era R.A., che, ancora alla data del 12.08.2017, provvedeva a caricare alcuni documenti in nome e per conto dell’IS.FOR.D.D., sottoscrivendoli digitalmente. Nè sembra possibile accedere ad una diversa interpretazione di quest’ultima documentazione sulla scorta della certificazione sostitutiva prodotta dal R. al documento n. 42, mediante la quale egli intenderebbe provare come l’utilizzo dei dispositivi di firma e l’accesso a credenziali registrate a proprio nome sarebbe stato eseguito in maniera indebita da parte dell’ing. A.. Sul punto, infatti, è sufficiente ricordare che, come condivisibilmente osservato dal B. (cfr. pag. 34-35 del suo controricorso), le dichiarazioni ivi svolte non possono in alcun modo assumere valore ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 46 nella parte in cui l’ A. ha asserito di aver utilizzato la firma digitale del R., atteso che le dichiarazioni assumono valore, ai sensi della norma da ultimo citata, esclusivamente in relazione ai requisiti personali posseduti e/o in ordine alle informazioni che altrimenti dovrebbero essere rilasciate dall’Ufficio dello Stato Civile.

4.8.2. Stando così le cose, l’intervenuta effettiva cessazione dalla carica di presidente dell’IS.FOR.D.D. fin dal 24 luglio 2017 non può dirsi adeguatamente provata e la causa d’ineleggibilità riguardante l’odierno ricorrente principale, dunque, non risulta idoneamente rimossa.

4.8.3. Nè, contrario, quest’ultimo potrebbe invocare l’ulteriore documentazione a suo dire non esaminata dalla corte distrettuale. Invero, dalla sua sola elencazione (pure volendosi completamente prescindere, cioè, da qualsivoglia ulteriore determinazione circa il suo essere, o non, munita di data certa ex art. 2704 c.c., e quanto all’ammissibilità, o meno, giusta l’art. 345 c.p.c., comma 3, di quella prodotta, per la prima volta solo in appello, oggetto del motivo di ricorso incidentale del C.) si evince agevolmente che, attraverso la stessa, si intendeva dimostrare, al più, la data (24 luglio 2017) delle dimissione del R.: come si è detto, però, ciò che deve considerarsi decisivo è la carenza di prova della effettività di quelle dimissioni, seppure rassegnate alla suddetta data.

4.9. Le considerazioni che precedono rendono palesemente superfluo l’esame dell’ulteriore profilo della necessità, o meno, della formalizzazione delle dimissioni predette nel registro delle imprese, nonchè del ricorso incidentale del C..

5. Il ricorso principale del R., dunque, va respinto, con contestuale assorbimento di quello incidentale del C., restando le spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza, e liquidate come in dispositivo, in relazione ai rapporti processuali tra il ricorrente principale, il C. ed il B.. Possono interamente compensarsi, invece, quelle concernenti il rapporto tra il R. e la D. tenuto conto della concreta condotta processuale qui mantenuta da quest’ultima. Nessuna pronuncia, infine, è ipotizzabile quanto al rapporto tra il ricorrente principale e l’Assemblea Regionale Siciliana, essendo quest’ultima rimasta solo intimata.

5.1. Deve darsi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del R., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il suo ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

5.2. Va, disposta, infine, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale di R.A., dichiarando assorbito quello incidentale del C..

Condanna R.A. al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute da C.M. e da B.M., liquidate, per ciascuno di essi, in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Compensa le spese del giudizio di legittimità tra il R. e D.S..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del R., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso di ciascuno di essi, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 22 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2021

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