Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4225 del 21/02/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 21/02/2018, (ud. 14/11/2017, dep.21/02/2018),  n. 4225

Fatto

RILEVATO

Che M.M., ultimo legale rappr.te della società ormai estinta F.M.N. s.a.s di M.M. & C., proponeva opposizione alla cartella esattoriale con cui l’INPS aveva chiesto alla società il pagamento di Euro 36.182,84 per contributi omessi, sostenendo che il verbale di accertamento presupposto era stato notificato in violazione dell’art. 145 c.p.c., e cioè al domicilio del M., luogo diverso dalla sede sociale e che la notifica si era perfezionata per compiuta giacenza;

che, rigettata l’opposizione e proposto appello da M.M., la Corte d’appello di Roma con sentenza del 27.07.11 accoglieva l’impugnazione e dichiarava inefficace la cartella, ritenendo che l’omessa notificazione dell’atto presupposto (il verbale di accertamento) costituisse vizio procedurale tale da rendere nulli gli atti consequenziali notificati (l’iscrizione a ruolo e l’emissione della cartella);

che ricorre l’INPS con unico motivo, rilevando come la L. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, nella specie applicabile, non preveda che la notifica al debitore dell’avviso di accertamento costituisca atto presupposto necessario che invalida la procedura di riscossione;

che resiste con controricorso M.M. deducendo l’inammissibilità del ricorso per avvenuta acquiescenza dato che l’INPS aveva pagato le spese legali; inoltre, M.M. propone ricorso incidentale condizionato con il quale, formulando sei punti indicati per lettere ripropone, ad eccezione del primo che è speculare all’unico motivo del ricorso principale, tutte le censure già sottoposte al giudice di appello e da questo dichiarate assorbite; che l’Inps resiste con controricorso al ricorso incidentale;

Diritto

CONSIDERATO

Che è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per acquiescenza (art. 329 cod. proc. civ.), sollevata da M.M. sul rilievo che l’INPS avrebbe posto in essere una condotta incompatibile con la volontà di impugnare la sentenza attraverso il pagamento incondizionato ed in via esclusiva delle spese del doppio grado di giudizio, nonostante fosse stato condannato al pagamento in solido con gli altri appellati ed in assenza di esecutività del relativo capo di condanna e di notifica del titolo esecutivo e del precetto, in applicazione del principio espresso da questa Corte di cassazione (v. Cass. S.U. 1-12-2000 n. 1242, Cass. 11-6-2009 n. 13630, Cass. 25-6-2014 n. 14368), secondo cui “il pagamento, anche senza riserva, delle spese processuali liquidate in una sentenza d’appello o, comunque, esecutiva, non può comportare acquiescenza a detta sentenza, neppure quando la relativa effettuazione sia antecedente alla minaccia di esecuzione o all’intimazione del precetto”;

che il principio si giustifica in quanto si tratta di fatto equivoco che può essere determinato dal fine di evitare l’esecuzione forzata, anche se non sia stata minacciata l’esecuzione o intimato il precetto;

che l’unico motivo del ricorso principale, oltre che ammissibile in ragione della sufficiente rappresentazione dei fatti processuali rilevanti ai fini dell’impugnazione (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), essendo ben illustrato lo svolgimento del processo anche nel corpo dell’esposizione del motivo, è fondato, alla luce del principio espresso da questa Corte di legittimità (Cass. n. 3269/2009) secondo cui nel procedimento di riscossione a mezzo ruolo dei contributi previdenziali, come regolato dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, artt. 24 e ss., in difetto di espresse previsioni normative che condizionino la validità della riscossione ad atti prodromici, a differenza di quanto avviene in materia di applicazione di sanzioni amministrative, in forza di quanto previsto, segnatamente, dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14, la notifica al debitore di un avviso di accertamento non costituisce atto presupposto necessario del procedimento, la cui omissione invalidi il successivo atto di riscossione, ben potendo l’iscrizione a ruolo avvenire pur in assenza di un atto di accertamento da parte dell’istituto;

che tale affermazione deriva dalla circostanza che il ruolo e la cartella di pagamento sono sia atto di accertamento del credito sia, contestualmente, titolo esecutivo e precetto, rispondenti ad uno schema operativo definito in dottrina con l’espressione “atto d’accertamento in executivis”, presente anche in altri contesti dell’ordinamento (vd. ad es. la L. n. 449 del 1997, art. 24, comma 32, in materia di recupero coattivo di agevolazioni accordate dal Ministero dello sviluppo economico ex L. 19 dicembre 1992, n. 488);

che tale dinamica, come affermato da Cass. 27784/2017, non può essere ritenuta di per sè lesiva dei diritti di difesa del soggetto passivo, posta la tutela di cui egli può usufruire, se del caso, anche in termini di opposizione recuperatoria;

Che, accolto il ricorso principale, l’esame del primo motivo del ricorso incidentale condizionato, rivela che lo stesso ripropone la stessa questione della incidenza della violazione dell’art. 145 c.p.c. sulla validità della procedura di iscrizione a ruolo già oggetto del ricorso principale;

che la riproposizione di tale motivo, seppure condizionatamente all’accoglimento del ricorso principale, si risolve in una sostanziale resistenza al ricorso proposto dall’Inps e nella richiesta di riaffermazione della validità della tesi accolta dalla Corte d’appello che è stata invece reputata errata, per cui, le stesse ragioni sopra esposte che hanno condotto all’accoglimento del medesimo ricorso principale, determinano il rigetto del motivo;

che tutti gli altri motivi, essendo riferiti ai motivi d’appello non esaminati in quanto ritenuti assorbiti dalla Corte d’appello, non possono formare oggetto del presente giudizio di legittimità alla luce del principio espresso da questa Corte di cassazione secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato allorchè proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito, ma sono relative a questioni sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato, ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione;

che, pertanto, esse possono solo essere riproposte nel giudizio di rinvio posto che nel caso di specie vi è stato accoglimento del ricorso principale (Cass. n. 22501/2006; n. 16016 del 7.7.2010; n.22095/2017);

che, dunque, il ricorso principale va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che tratterà l’opposizione, esaminerà anche le questioni in precedenza ritenute assorbite e regolerà le spese del presente giudizio di legittimità;

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, dichiara inammissibili i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2018

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