Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4222 del 09/02/2022
Cassazione civile sez. II, 09/02/2022, (ud. 24/01/2022, dep. 09/02/2022), n.4222
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6294/2017 R.G. proposto da:
P.L., rappresentato e difeso dall’avv. Loretta Fioretti, con
domicilio eletto in Roma, Via San Girolamo Emiliani n. 19.
– ricorrente –
contro
N.D.;
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2997/2016,
pubblicata il 15.7.2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno
24.1.2022 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.
Fatto
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. P.L., titolare dell’impresa individuale P.L. Carpenteria in ferro e legno – ha ottenuto il decreto ingiuntivo n. 178/2002 nei confronti di N.D., per il pagamento dell’importo di Euro 11.415,76, quale corrispettivo dell’esecuzione di lavori edili.
L’ingiunto ha proposto opposizione, assumendo di non aver mai stipulato alcun contratto di appalto, neppure in forma verbale, e ha chiesto di revocare l’ingiunzione.
Il tribunale ha respinto l’opposizione con pronuncia integralmente riformata dalla Corte d’appello di Milano, che ha ritenuto indimostrato il perfezionamento del contratto.
La decisione di appello è stata cassata da questa Corte con sentenza n. 16691/2014, la quale, in integrale accoglimento del ricorso, ha rilevato che il giudice di merito aveva escluso il valore probatorio intrinseco di alcuni elementi indiziari obiettivamente emersi (ossia il fatto che i lavori erano stati eseguiti da operai che erano risultati essere effettivamente dipendenti di P.L.; la presenza di quest’ultimo nel cantiere; la circostanza che il ricorrente aveva in una occasione discusso dei prezzi con il N.), svalutandoli in base a mere congetture o illazioni o a circostanze del tutto irrilevanti (le dimensioni e l’oggetto della impresa risultante dalla visura camerale), senza procedere ad un esame complessivo in modo da verificare il valore indiziario di ciascuno elemento in connessione con gli altri.
Secondo la pronuncia di legittimità, le dimensioni e la natura dell’attività dell’impresa, risultanti dalla visura camerale, non potevano escludere l’esistenza del contratto, ovvero la possibilità da parte dell’impresa di P.L. di effettuare, attraverso propri dipendenti, lavori edili che non richiedevano particolare competenza o specializzazione. Occorreva dunque indagare sull’effettivo svolgimento dell’attività da parte dell’impresa nell’immobile del N. su incarico di quest’ultimo, non essendo prescritto alcun requisito di forma per il perfezionamento del contratto di appalto, verificando se i singoli elementi acquisiti, quand’ anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento.
Riassunta tempestivamente la causa, all’esito il giudice del rinvio ha nuovamente respinto la domanda, reputando che gli elementi acquisiti in istruttoria fossero “di minima consistenza e caratterizzati da un’indubbia nebulosità, che trovava la propria ragione d’essere principalmente nei rapporti talvolta informali che contraddistinguono alcuni ambienti di lavoro in cui operano artigiani e piccole impresé. In definitiva, le circostanze acquisite, valutate sia singolarmente che in modo globale, non consentivano di articolare un quadro che consentisse, presuntivamente, di ritenere che N. avesse commissionato a P.L. i lavori oggetto di causa.
La cassazione della sentenza è chiesta da P.L. con ricorso in sette motivi.
N.D. non ha svolto difese.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., comma 1, artt. 1655,1667 e 222 c.c. e l’omessa e insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, lamentando che nel corso del giudizio era stata acquisita ampia prova del perfezionamento dell’appalto, essendo emerso che il N. aveva affidato all’impresa di P.L. i lavori edili ed era consapevole che P.A., che aveva effettuato talune lavorazioni, era alle dipendenze del fratello L.. Particolare valenza andava riconosciuta al preventivo prodotto in giudizio che, sebbene redatto da P.A., si riferiva ai lavori oggetto di causa ed indicava tutti gli elementi essenziali dell’appalto (lavori, corrispettivo, nominativo del committente), non potendo neppure escludersi, come sostenuto dal giudice distrettuale, che l’appaltatore non avesse dipendenti e che, per tale ragione, non fosse in condizione di realizzare le opere.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 345 c.p.c. e l’omessa e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, sostenendo che la visura camerale, da cui risultava che l’impresa di P.L. era priva di dipendenti, era stata prodotta tardivamente e non poteva essere utilizzata per la decisione.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 2727 c.c. e art. 2729 c.c., comma 1, art. 244 c.p.c. e l’omessa e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la Corte d’appello omesso di tener conto delle testimonianze che avevano dettagliatamente riferito della natura dei lavori commissionati, e per aver illogicamente sostenuto che l’impresa non fosse in condizione di eseguire i lavori appaltati, poiché competente solo per opere di carpenteria, essendo invece emerso dalle testimonianze che il ricorrente si era avvalso di almeno quattro dipendenti ed aveva provveduto anche alla realizzazione degli impianti idraulico ed elettrico.
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., comma 1, art. 115 c.p.c. e l’omessa e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la Corte di merito ritenuto che il ricorrente non fosse stato mai presente in cantiere o che vi si recasse solo per parlare con il fratello, pur avendo i testi riferito che P.L. vi si recava due o tre volte al mese, impartiva istruzioni, predisponeva i mezzi per l’esecuzione dei lavori, aveva concordato i prezzi con il N. e discusso delle problematiche insorte nel corso dei lavori, circostanze che provavano la sussistenza del rapporto di appalto.
Il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 2729 c.c., comma 1, art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 279 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Si deduce che la domanda sia stata respinta senza minimamente dar conto delle ragioni per le quali non poteva riconoscersi alcuna valenza presuntiva alle circostanze acquisite al processo, essendosi il giudice del rinvio sottratto al compito di valutare gli elementi indiziari sia singolarmente, che l’uno in rapporto agli altri.
Il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 244 c.p.c., art. 2697 c.c., comma 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per aver la sentenza omesso di esplicitare il criterio logico posto a base della selezione degli indizi e di dar conto della decisione quanto alla valutazione degli elementi acquisiti.
Il settimo motivo denuncia la violazione dell’art. 2727 c.c., art. 2729 c.c., comma 1, artt. 111 e 116 c.p.c. e l’omessa e insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, contestando al giudice distrettuale di aver immotivatamente negato valenza presuntiva alle circostanze acquisite al processo, valutate globalmente, sulla base di mere illazioni o considerazioni personali, violando l’obbligo di motivazione.
2.1. Vanno esaminati congiuntamente il quinto, il sesto ed il settimo motivo di ricorso, che sono fondati per le ragioni che seguono.
La pronuncia di legittimità, con cui era stata cassata con rinvio la decisione di appello, aveva contestato al giudice del gravame di aver escluso il perfezionamento del contratto di appalto, senza effettuare una corretta valutazione degli elementi oggetto di definitiva acquisizione al processo, che indebitamente erano stati sottoposti ad una valutazione atomistica anziché globale.
Occorreva anzitutto indagare l’effettivo svolgimento dell’attività da parte dell’impresa nell’immobile su incarico del convenuto, ma senza sminuire – in base a mere congetture o illazioni – il valore probatorio intrinseco di alcuni elementi indiziari obiettivamente emersi ed ormai definitivamente acquisiti al processo (l’esecuzione dei lavori da parte di operai risultati alle dipendenze di P.L.; la presenza di quest’ultimo nel cantiere; la circostanza che il ricorrente aveva in una occasione discusso dei prezzi con il N.).
Nel respingere la domanda di pagamento, il giudice del rinvio ha anzitutto posto in dubbio la stessa veridicità di talune delle circostanze che – secondo questa Corte – erano stato oggetto di definitiva acquisizione probatoria (lo svolgimento dei lavori da parte di dipendenti del ricorrente, incluso il fratello P.A., la corrispondenza tra i lavori eseguiti e quelli asseritamente commissionati a P.L., il fatto che il ricorrente avesse discusso i prezzi con il resistente), e soprattutto ha escluso che esse, sia singolarmente che interpretate le une in relazione alle altre, avessero valore indiziario, reputandole insufficienti a dimostrare che effettivamente il resistente avesse affidato a P.L. l’appalto dei lavori.
Tale giudizio di irrilevanza appare puramente enunciato e del tutto privo di argomentazioni che diano conto delle conclusioni accolte.
Risulta inesplicato per quale ragione e a che titolo i lavori fossero stati eseguiti da dipendenti dell’impresa P., pur in mancanza di un incarico da parte del committente e perché le parti avessero discusso i prezzi, apparendo ingiustificabile, infine, la stessa presenza, per quanto non continuativa, del ricorrente sui cantieri e la redazione di preventivi, specie considerando che – come già aveva posto in rilievo la precedente pronuncia di legittimità nessun rilievo potevano assumere la dimensione dell’impresa, il numero di dipendenti o il fatto che la visura camerale attestasse che P.L. svolgeva – di norma – solo lavori di carpenteria.
Sussiste la violazione denunciata, atteso che, per effetto della portata sistemica della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, n. 1 lett. b) convertito con L. 7 agosto 2012, n. 134, il controllo sulla motivazione, ridotto al “minimo costituzionale”, consente tuttora di censurare il vizio che si traduca in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, che può consistere – come nel caso in esame – nella motivazione meramente o che non consenta di ripercorrere l’iter logico della decisione (Cass. s.u. 7.4.2014, n. 8053).
Sono quindi accolti i motivi, quinto, sesto e settimo, con assorbimento delle altre censure.
La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il quinto, il sesto ed il settimo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile, il 24 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2022