Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4221 del 03/03/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 4221 Anno 2016
Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 22626-2010 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
4722

contro

MACHELLA CHIARA C.F. MCHCHR72M53E783C, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che la rappresenta e

Data pubblicazione: 03/03/2016

difende, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n.

controricorrente

8236/2008 della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/09/2009 R.G.N.
4146/2006;

udienza del 03/12/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega
noz
verbale FIORILLO LUIGI;
udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 23.9.2009, la Corte di Appello di Roma dichiarava, in parziale riforma
della sentenza di primo grado, che tra Poste italiane spa e Machella Chiara era intercorso
un rapporto a tempo indeterminato dal 18.11.1998 stipulato per esigenze eccezionali
conseguenti a processi di ristrutturazione ex art. 8 del c.c.n.l. del 1994 ( mentre veniva
rigettata la domanda concernente un precedente contratto); ordinava l’immediata
Aucht0a

taNag in servizio e condannava le Poste al risarcimento del danno fir%

commisurato a tutte le retribuzioni globali di fatto dalla data riconosciuta in primo grado
non oggetto di specifica censura. La Corte osservava che il termine doveva considerarsi
nullo essendo stato il contratto stipulato dopo il 30.4.1998, in assenza di disposizione
derogatoria stabilita dalla contrattazione collettiva ex art. 23 I. 56/87 mentre il precedente
contratto ( in concomitanza del periodo di ferie) doveva ritenersi legittimo.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la società Poste Italiane, con due motivi; resiste
l’intimato con controricorso corredato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente Poste spa deduce la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 8 legge n. 56/87 e dell’art. 8 CCNL 1994, in relazione agli artt. 1372,
nonché agli artt. 8 CCNL 1994, come integrato dall’accordo 25.9.1997 e dell’accordo
2.7.1999 assumendo l’ efficacia non negoziale, ma ricognitiva, degli accordi successivi e
l’inesistenza di un diritto quesito dei lavoratori. Inoltre gli accordi attuativi richiamati si
riferiscono ad una sola delle ragioni poste a base dell’accordo del 25.9.1997 e IM quindi,
le altre non possono ritenersi temporalmente limitate, richiamando la necessità di valutare
anche il comportamento posteriore delle parti ed, in particolare, quanto stabilito con
l’accordo del 18.1.2001
Con il secondo motivo si allega l’omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto
decisivo e controverso per il giudizio: le parti non avevano ritenuto come data ultima per
stipulare contratti a termine quella del 30.4.1998.
I due motivi che possono trattarsi congiuntamente, per la evidente connessione delle
‘ questioni che ne costituiscono l’oggetto, devono essere respinti.
1

riassunzione della

Osserva il Collegio che la Corte di merito ha attribuito rilievo decisivo alla considerazione
che il contratto in esame è stato stipulato, per esigenze eccezionali … – ai sensi dell’art. 8
del ccnI del 1994, come integrato dall’accordo aziendale 25 settembre 1997 – in data
successiva al 30 aprile 1998.
Tale considerazione – in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa
Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al ccnI del 2001 ed al d.lgs. n. 368
termine apposto al contratto de quo.
Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato che l’attribuzione
alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56 del 1987, del potere di definire
nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230 del 1962,
discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali
sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace
salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale
di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e
prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra
contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei
lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al
datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n.
21063, v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n.
14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e
dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di
ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul
medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa
delineato.” (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).
In tale quadro, ove, però, come nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto
dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua
inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre
Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).
. In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente affermato e come va anche
qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo

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del 2001) – è sufficiente a sostenere l’impugnata decisione, in relazione alla nullità del

sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 .del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e
con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno
convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla
trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile
1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute
dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la
forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230” (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n.
20608; Cass. 28-11-2008 n. 28450; Cass. 4-8-2008 n- 21062; Cass. 27-3-2008 n. 7979,
Cass. 18378/2006 cit.).
In base a tale orientamento consolidato ed al valore dei relativi precedenti, pur riguardanti la
interpretazione di norme collettive (cfr.. Cass. 29-7-2005 n. 15969, Cass. 21-3-2007 n.
6703), va, quindi, confermata la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto de
quo.

Né a diverse conclusioni può giungersi dall’esame dell’accordo del 18.1.2001, ovvero

della disposizione di cui all’art. 25 del c.c.n.l. del 2001, pure invocati dalle Poste a sostegno
del proprio assunto.
Si ha riguardo ad un accordo — stipulato ad oltre due anni di distanza dall’ultima prorogache non potrebbe coprire mai il “vuoto” normativo creatosi nel periodo precedente, rendendo
legittimi comportamenti posti in essere in contrasto con norme imperative di legge. Ed in
ogni caso il nuovo accordo non potrebbe mai travolgere diritti già acquisiti nel patrimonio di
terzi nel periodo intermedio ( cfr. in termini Cass. n. 15331 del 7.8.2004).
Risulta, dunque, irrilevante il richiamo all’art. 25 del c.c.n.l. del 2001, sia perché esso si
riferisce chiaramente alle sole assunzioni da effettuare dopo l’entrata in vigore del nuovo
contratto, sia perché la possibilità di procedere ad assunzioni a termine” per esigenze di
carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione” è subordinata all’esito di
confronto con la controparte sindacale a livello nazionale ovvero a livello regionale, il che, a
ben vedere, conferma l’inesistenza di qualsiasi pregresso accordo generale per tale tipo di
assunzioni.
Va quindi rigettato il ricorso. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come al
dispositivo, seguono la soccombenza e vanno distratte come al dispositivo.
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a,

ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in

P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso.. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per esborsi oltre euro 3.500,00 per
compensi oltre accessori come per legge da distrarsi in favore del procuratore di parte
9ee %te.
(ricarrrenteyAvv.to Roberto Rizzo, antistatario.

Così deciso in ROMA, il 3.12. 2015

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