Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4220 del 17/02/2017


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Cassazione civile, sez. un., 17/02/2017, (ud. 07/02/2017, dep.17/02/2017),  n. 4220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di sez. –

Dott. BIELLI Stefano – Presidente di sez. –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2052-2012 proposto da:

P.A., (OMISSIS), D.A.G. (OMISSIS), M.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANDREA DORIA 48,

presso lo studio dell’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il

13/01/2011;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato Roberto PALASCIANO per l’Avvocatura Generale dello

Stato;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

1. Con sentenza n. 125/2006 il Tribunale di Viterbo respinse le opposizioni proposte dal Ministro della Giustizia avverso i decreti ingiuntivi emessi dallo stesso Tribunale, in favore dei lavoratori indicati in epigrafe, a titolo di rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle differenze stipendiali connesse al reinquadramento, disposto ai sensi della L. n. 312 del 1980, art. 4 per il periodo 8 novembre 1988 – 1 novembre 1993, corrisposti in ritardo e precisamente in due tornate, rispettivamente la prima in ottobre 1990 e la seconda in novembre 1993.

2. Avverso la suddetta sentenza propose appello il Ministero della Giustizia censurando, in primo luogo, la statuizione con la quale il Tribunale aveva ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario.

3. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza attualmente impugnata (depositata il 13 gennaio 2011) accogliendo la suddetta censura e in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.

A tale conclusione la Corte territoriale è pervenuta rilevando che: a) i fatti costitutivi della pretesa, cioè l’inadempimento e il tardivo adempimento, si collocavano nel periodo antecedente al 1 luglio 1998 e non poteva parlarsi di permanenza degli effetti dopo che era stata corrisposta la sorte capitale; b) la sentenza della Corte costituzionale n. 136 del 2001, con la quale era stata dichiarata l’incostituzionalità della disposizione contenuta nella L. n. 312 del 1980, che vietava il riconoscimento di rivalutazione ed interessi per effetto del reinquadramento, operava ex tunc, sicchè il diritto alla rivalutazione e agli interessi sussisteva ed era azionabile dalla data di maturazione dei crediti stipendiali, antecedente al 1993.

4. Il ricorso dei tre lavoratori indicati in epigrafe domanda la cassazione della sentenza d’appello per due motivi, con i quali si contesta la affermazione di difetto di giurisdizione dell’AGO.

Il Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, resiste con controricorso, rilevando, in via preliminare, che i ricorrenti non si sono attivati in tempo utile con ricorso al Giudice amministrativo e che, pertanto, sono decaduti dall’azione giudiziaria D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69 essendo indubbio che, in base a tale norma, la controversia “ratione temporis” era di spettanza dell’AGA senza che possa portare ad una diversa conclusione la sentenza della Corte costituzionale n. 136 del 2001, che si è limitata a rimuovere la disposizione che impediva la liquidazione degli accessori ma solo a decorrere dalla fine del 1998.

5. Con ordinanza 13 settembre 2016 n. 17962 la Sezione Lavoro di questa Corte, rilevato che entrambi i motivi di ricorso concernono una questione di giurisdizione, sulla quale, ex art. 374 c.p.c., la Corte si pronuncia a Sezioni Unite ha rimesso la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

6. Il Primo Presidente ha disposto in conformità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 – Sintesi delle censure.

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

1.1. Con il primo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001 in generale e, in particolare, dell’art. 69, comma 7 suddetto decreto; dell’art. 429 c.p.c., comma 3, con riguardo alla erronea individuazione, da parte della Corte d’appello, del discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa.

I ricorrenti ricordano che il Tribunale di Viterbo ha affermato la sussistenza della giurisdizione dell’AGO in ragione di due diverse “rationes decidendi”, ciascuna delle quali idonea a fondare tale conclusione: a) il diritto dei ricorrenti si basa sull’omissione del pagamento degli accessori, omissione che ha avuto inizio alla data dei singoli pagamenti, ma che si protratta successivamente (vedi: Cass. S.U., n. 4430 del 2004 nonchè Cass., S.U., n. 10531 del 2011); b) la permanenza nel tempo del comportamento omissivo dell’Amministrazione protrattosi molto dopo il 30 giugno 1998, dimostrata dall’avvenuto riconoscimento, da parte del Ministero della Giustizia, del diritto azionato dai lavoratori, con circolari emanate nel periodo compreso tra il 1991 e il 2003.

Ne deriverebbe l’erroneità dell’affermazione della Corte d’Appello sulla mancanza di un comportamento omissivo permanente, basata sull’assunto secondo cui l’inadempimento di un debito pecuniario ha natura puntuale e non permanente e quindi si realizza nel termine in cui l’obbligazione pecuniaria doveva essere adempiuta, sicchè, nella specie, il comportamento inadempiente della P.A. si sarebbe esaurito alle date delle singole scadenze delle differenze stipendiali (l’ultima differenza stipendiale a novembre 1993), avendo avuto inizio alla data in cui dovevano essere corrisposte le differenze stipendiali e cioè dal novembre 1988.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata la violazione e/o falsa applicazione di legge del D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, comma 7, sul duplice rilievo secondo cui la Corte territoriale: a) non solo ha escluso che la sentenza della Corte costituzionale n. 136 del 2001, dichiarativa della illegittimità costituzionale della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 4, secondo cui le somme, dovute ai pubblici impiegati inquadrati nel Comparto ministeri, non davano luogo ad interessi nè a rivalutazione monetaria; b) ma non avrebbe neppure dato il giusto rilievo alla circostanza che la stessa Amministrazione ha riconosciuto la debenza di quanto richiesto con circolari anche del 2003, con la conseguente sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.

2- Esame delle censure.

2. In ordine logico va esaminato per primo il secondo motivo di ricorso, che è fondato.

2.1. Come è stato ripetutamente affermato da queste Sezioni Unite e va qui ribadito, “in tema di pubblico impiego contrattualizzato, la sopravvivenza della giurisdizione del giudice amministrativo, regolata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, costituisce, nelle intenzioni del legislatore, ipotesi assolutamente eccezionale, sicchè, per evitare il frazionamento della tutela giurisdizionale, quando il lavoratore deduce un inadempimento unitario dell’amministrazione, la protrazione della fattispecie oltre il discrimine temporale del 30 giugno 1998 radica la giurisdizione presso il giudice ordinario anche per il periodo anteriore a tale data, non essendo ammissibile che sul medesimo rapporto abbiano a pronunciarsi due giudici diversi, con possibilità di differenti risposte ad una stessa istanza di giustizia” (v. Cass. SU 1 marzo 2012, n. 3183; Cass. SU 29 maggio 2012, n. 8520; Cass. SU 7 gennaio 2013, n. 142, nonchè: Cass. SU 23 novembre 2012, n. 20726; Cass. SU 19 maggio 2014, n. 10915; Cass. SU 17 novembre 2015, n. 23459; Cass. SU 15 marzo 2016, n. 5074).

2.2. E’ stato anche chiarito che l’art. 69, comma 7, cit., fissa il discrimine temporale per il passaggio dalla giurisdizione amministrativa a quella ordinaria alla data del 30 giugno 1998, con riferimento al “momento storico” dell’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta controversia, con la conseguenza che, ove la lesione del diritto del lavoratore sia prodotta da un atto, provvedimentale o negoziale, deve farsi riferimento all’epoca della sua emanazione, assumendo rilievo, qualora l’amministrazione si sia pronunciata con una pluralità di atti, lo specifico provvedimento che ha inciso sulla posizione del dipendente, la cui eventuale portata retroattiva non influisce sulla determinazione della giurisdizione.

Ciò significa che occorre far riferimento al momento in cui in concreto la pretesa dedotta in giudizio sia azionabile (vedi Cass. S.U. 19 aprile 2007, n. 9319; Cass. S.U. 29 aprile 2011, n. 9509; Cass. S.U. 19 maggio 2014, n. 19015; Cass. SU 9 giugno 2016, n. 11853; Cass. SU 20 dicembre 2016, n. 26276).

2.3. In questa ottica – in una controversia analoga alla presente – è stato precisato che:

a) anche il diritto al pagamento degli accessori, azionato dai ricorrenti, deve considerarsi, quanto al regime transitorio della giurisdizione, azionabile in concreto solo dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 136 del 2001 che, dichiarando l’illegittimità costituzionale della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, commi 4 e 5, ha rimosso il divieto di corresponsione degli accessori imposto dalla L. n. 448 del 1998;

b) la disposizione censurata prevedeva infatti: “Le somme corrisposte al personale del Comparto Ministeri per effetto dell’inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali ai sensi della L. 11 luglio 1980, n. 312, art. 4, comma 8, e le somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza dell’applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991 non danno luogo ad interessi nè a rivalutazione monetaria”;

c) pertanto, prima della decisione della Consulta il diritto agli accessori era espressamente negato dalla disposizione di legge successivamente dichiarata incostituzionale, sicchè – proprio in ragione della richiamata giurisprudenza che fa riferimento al “momento storico dell’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta controversia” deve considerarsi il giorno successivo alla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della citata pronuncia di incostituzionalità (art. 136 Cost.) come discrimine temporale per individuare il giudice fornito di giurisdizione; momento questo che. nella specie, è ampiamente successivo al 30 giugno 1998 (Cass. S.U. 19 maggio 2014, n. 19015, richiamata da Cass. SU 4 luglio 2016, n. 13573 e da Cass. SU 9 giugno 2016, n. 11853).

In applicazione dei suddetti principi, che il Collegio condivide, va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, sicchè il secondo motivo di ricorso va accolto, con conseguente assorbimento del primo motivo.

3- Conclusioni.

3. In applicazione dei suddetti principi – che il Collegio condivide – va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, sicchè il secondo motivo di ricorso va accolto, con conseguente assorbimento del primo motivo.

Di conseguenza, la impugnata sentenza deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, va dichiarata definitivamente la giurisdizione del giudice ordinario, con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

PQM

La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2017

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