Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4218 del 21/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4218 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ORDINANZA

-intervento in giudizio- estensione-

sul ricorso iscritto al n.r.g. 13639/12 proposto da:

Filippo PREVITERA ( c.f.: PRV FPP 34B27 A366R)
rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Condorelli, giusta procura speciale a margine
del ricorso; elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Marco Menichelli in
Roma, via Dei Savorelli n. 95

– Ricorrente contro

– Antonino Giuseppe STRANO; Rosina STRANO; Giuseppa STRANO; Salvatore
STRANO
-Parti intimateavverso la sentenza n. 489/2011 della Corte di Appello di Catania, pubblicata il 7
aprile 2011 e non notificata.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2014 dal
Consigliere Relatore Dott. Bruno Bianchini;

RILEVATO

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1

Data pubblicazione: 21/02/2014

che è stata depositata relazione ex art. 380 bis cpc del seguente tenore:
“1 — Filippo Previtera, con citazione notificata nel maggio del 1999, evocò innanzi al
Tribunale di Catania, sezione distaccata di Paternò, Salvatore Strano, occupante, in virtù
di comodato, un fondo con fabbricato rurale in Ragalna, contrada Scalilla, di proprietà

convenuto fosse condannato a rilasciare l’immobile, avendo eseguito lavori agricoli non
preventivamente assentiti.

2 — Con la medesima comparsa si costituirono Salvatore Strano nonché , quale
interventori volontari, Antonino Giuseppe, Rosina e Giuseppa Strano, eccependo la
carenza di legittimazione dell’attore , proprietario, in forza del ricordato atto di acquisto,
della metà indivisa del predio; le parti intervenienti svolsero domanda riconvenzionale
affinchè fosse accertato e dichiarato l’intervenuto acquisto per usucapione della restante
metà del fondo, chiedendo all’uopo di poter chiamare in causa l’altra comproprietaria ,
tale Santa Tomasello, co-acquirente dell’immobile assieme al Previtera.

3 — Autorizzata tale chiamata in giudizio, la stessa non venne ritualmente eseguita,
ritenendo l’adito giudicante che la notifica della relativa citazione, effettuata a’ sensi
dell’art. 143 cpc, non fosse stata preceduta dalla dimostrazione della esistenza in vita della
Tomasello — nata nel 1887- né dell’attualità della residenza della medesima.

4 — Con sentenza del luglio 2005 il Tribunale , ritenuta provata l’occupazione sine titulo
degli immobili, condannò tutti i convenuti al rilascio; dichiarò altresì, per la mancata
integrazione del contraddittorio nei confronti della Tomasello, inammissibile la domanda
riconvenzionale di usucapione.

5 — Fu proposto appello a nome di tutti gli Strano, cui resistette il Previtera; la Corte di
Appello di Catania, pronunziando sentenza n. 489/2011, riformò in parte la precedente
pronunzia, limitando soggettivamente la condanna al rilascio all’originario convenuto
Salvatore Strano ed a Giuseppa Strano: per quest’ultima in forza della considerazione del
passaggio in giudicato della precedente pronunzia, dovuta al fatto che l’atto di appello era
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dell’esponente -giusta atto di acquisto del febbraio 1968- , chiedendo che detto

stato proposto con procura formalmente rilasciata dopo il decesso della indicata parte,
avvenuta nel corso del giudizio di primo grado; per il resto il giudice del gravame pose a
base della parziale riforma l’osservazione che la domanda era stata proposta solo nei
confronti di Salvatore Strano e non già nei confronti degli intervenuti.

motivi di annullamento, illustrati da successiva memoria, notificando l’atto al procuratore
costituito di tutte le parti già appellanti, le quali non hanno svolto difese.

RILEVA IN DIRITTO
I —

A giudizio del relatore va dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nei

confronti di Giuseppa Strano, stante il non contestato passaggio in giudicato del capo di
decisione relativo alla irritualità della partecipazione al giudizio di secondo grado della
predetta, unito alla constatazione che il ricorso è stato notificato a procuratore oramai
privo di mandato a rappresentare detta parte.

Il — Con il primo motivo viene denunziata la presenza di una insanabile contraddizione
nel percorso argomentativo della sentenza di appello laddove, da un lato, al fine di
respingere il primo motivo di impugnazione degli Strano — relativo alla carenza di
legittimazione del Previtera a chiedere il rilascio del fondo anche per la quota di proprietà
della Tomasello- si era richiamato l’indirizzo interpretativo di legittimità che invece
consente al comproprietario di agire ( in revindica, secondo la Corte del merito ma, in
realtà, con azione personale di rilascio, atteso che nella fattispecie non vi era stata
contestazione del diritto dominicale del Previtera) a difesa del diritto di proprietà anche
per la quota non di spettanza, concludendo però per la fondatezza del quarto motivo di
appello, con il quale si era sottolineato che la domanda del Previtera era stata proposta
solo nei confronti dell’originario convenuto.

II.a — Con lo stesso mezzo viene altresì fatta valere l’esistenza di un error in procedendo che
avrebbe determinato la nullità della sentenza, costituito dalla violazione della
corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato nonché una erronea valutazione dei

ma.teltue-

6 — Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Previtera, facendo valere tre

confini applicativi delle norme sulla specificità dei motivi di appello — art. 342 cpc — e
sulla formazione del giudicato sulle parti della sentenza non oggetto di impugnazione

art. 346 cpc – : deduce in proposito il ricorrente che, una volta accertato, come operato
dalla Corte territoriale, che la sentenza di primo grado era validamente motivata — in

sulla base di due autonome rationes decidendi ( rappresentata, la prima, dal principio di

legittimazione surrogatoria del comproprietario a tutela dell’interesse alla restituzione
dell’immobile in comproprietà e la seconda, dalla possibilità che tale legittimazione
potesse valere contro tutti i possessori dell’immobile, pur se intervenuti successivamente
in giudizio) , l’eventuale fondatezza di un motivo ( il quarto) non avrebbe consentito la
riforma della sentenza.

Il.a.1 — Il motivo, nella sua articolazione, è destituito di fondamento perché si fonda su
un’erronea percezione del percorso argomentativo della Corte territoriale: invero oggetto
del primo motivo di gravame era la legittimazione attiva del Previtera ad agire a tutela del
diritto anche della comproprietaria e questa era stata riconosciuta in entrambi i gradi del
giudizio con statuizione non sottoposta ad efficace censura : la indicazione che, in
astratto, l’originario attore era legittimato a richiedere il rilascio nei confronti di tutti i
convenuti, andava quindi messa in relazione al tipo di censura esaminata e quindi non si
poneva in contrasto logico con la diversa prospettiva della idoneità che l’originaria
domanda si potesse estendere anche alle parti intervenute in giudizio.

II.a.2 — Erroneo è poi il richiamo , contenuto nel mezzo in esame, ai principi enucleati
dalla interpretazione di questa Corte in materia di duplicità delle rationes decidendi a
sostegno di un capo di decisione — tali, che se esse si fondino su presupposti
argomentativi autonomi, non sarebbe sufficiente il vittorioso sindacato di una sola di esse
per la cassazione della decisione che si basi su entrambe- : da un lato, perché esso si
applica se le argomentazioni riguardino uno stesso caput controversum, mentre nella
fattispecie all’esame della Corte distrettuale il primo ed il quarto motivo riguardavano

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ordine alla condanna al rilascio nei confronti dell’originario convenuto e degli intervenuti-

diversi capi di decisione , tra loro indipendenti; dall’altro, perché entrambi i profili ( della
legittimazione attiva del Previtera e della idoneità degli intervenuti ad essere soggetti della
pronunzia di rilascio pur in assenza di domanda) formarono oggetto di separate censure.
III — Con il secondo motivo — formulato in via subordinata a quello che precede- parte

relazione alla posizione degli interventori volontari, avendo ritenuto la Corte catanese che
non fosse stata proposta in primo grado alcuna domanda di rilascio nei loro confronti e,
sotto diversa prospettiva, avendo il giudice dell’appello omesso di considerare che,
essendosi in presenza di un intervento da qualificarsi come litisconsortile, la domanda
originaria, comunque, si sarebbe dovuta ritenere estesa anche alle parti intervenute.

III.a

In disparte l’erroneo richiamo all’art. 112 cpc — in quanto la asserzione, che si

assume contraria al vero, della mancata proposizione della domanda anche nei confronti
degli intervenuti, attiene all’interpretazione del contenuto della stessa, piuttosto che alla
pretermissione del suo esame- parte ricorrente ha riportato verbatim il contenuto delle
conclusioni di primo grado in cui la domanda di rilascio veniva estesa nei confronti di
tutti i convenuti: ha dunque errato la Corte a ritenere fondato il quarto motivo di appello
sulla base del rilievo che l’originaria domanda era stata proposta nei confronti del solo
Salvatore Strano per l’evidente ragione che essa, al momento in cui era stata proposta,
non poteva far conto delle posizioni che sarebbero poi assunte da parte di altri soggetti
che non erano stati evocati in giudizio e che, con la loro costituzione, avrebbero fatto
valere le proprie pretese petitorie su altra metà indivisa del medesimo fondo.

III.a.1

Rimane assorbito il rilievo dell’ulteriore profilo fatto valere con il mezzo in

esame in materia di estensione automatica della domanda al chiamato o all’intervenuto
litisconsortile , non senza omettere di valutarne la infondatezza, giacché , sebbene
contenuta nella medesima comparsa — sempre secondo la prospettazione contenuta nel
ricorso, chè non è stato riportato il contenuto dell’atto difensivo di cui si parla- la
domanda degli intervenuti era diretta nei confronti di tutte le parti e dunque non

5

_

ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 e 105 cpc in

intendeva sostituire la propria alla responsabilità ed alla legittimazione dell’originario
convenuto , fondata sul venir meno di un precedente titolo negoziale (concessione in
precario).
IV — Il diverso esito del giudizio, suggerito nella presente relazione, incide sulla

ricorrente, sarebbero state immotivatamente compensate.
V — Se le suesposte osservazioni verranno condivise, la causa può essere trattata in
camera di consiglio per essere dichiarato il primo motivo manifestamente infondato, ed il
secondo ed il terzo manifestamente fondati.”

RITENUTO
Che sono condivisibili le argomentazioni contenute nella relazione;
che la memoria ex art. 308 cpc — per il resto adesiva alle conclusioni sopra esposte-,
nella parte in cui ribadisce la fondatezza anche del primo motivo e della parte non accolta
del secondo motivo di ricorso, non apporta argomenti di riflessione che consentano di
deflettere dalle conclusioni sopra illustrate;
Che dunque il ricorso va accolto nei termini sopra esposti ( con l’assorbimento e non
raccoglimento, del terzo motivo, per la riscontrata dipendenza dal nuovo esame
commesso al giudice del rinvio in punto di regolazione delle spese) e, cassata la sentenza,
va demandato alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione, un novellato
esame alla luce del principio di diritto sopra formulato nonchè la regolazione delle spese
anche del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione
Rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie secondo, nel termini esposti in motivazione;
dichiara assorbito il terzo; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di
Appello di Catania, in diversa composizione,anche per la regolazione delle spese del
giudizio di legittimità

6-

fondatezza del terzo motivo, relativo alla regolazione delle spese, che , secondo il

Così deciso in Roma il 7 febbraio 2014, nella camera di consiglio della VI sezione della

Corte di Cassazione.

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