Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4216 del 21/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4216 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 18488/11 proposto da:
S.a.s. SIMBOR 84 di Sara Jeannette Vais & C. ( c.f.: 07583170159)

in persona della legale rappresentante pro tempore Sara Jeannette Vais; rappresentata e
difesa dall’avv. Lionel Ceresi e dall’avv. Maria Cristina Napoleoni ed elettivamente
domiciliata presso lo studio della predetta, in Roma, via Germanico n. 197
– Ricorrente –

contro
– Condominio sito in Milano, via Vivaio 10/a ( c.f.: 80321590152)
in persona del suo amministratore pro tempore ; difeso e rappresentato dall’avv. Paola
Squassoni ed elettivamente domiciliato in Roma, via N. Ricciotti n.9, presso lo studio
dell’avv. prof. Vincenzo Colacino , giusta procura in calce al controricorso
-Controricorrente-

avverso la sentenza n. 1171/2011 della Corte di Appello di Milano ; pubblicata il 21
aprile 2011 e notificata il 6 maggio 2011.

Data pubblicazione: 21/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2014 dal
Consigliere Relatore Dott. Bruno Bianchini;

RILEVATO
che è stata depositata relazione ex art. 380 bis cpc del seguente tenore:

di via Vivaio n.10/a in Milano, impugnò la delibera assunta il 7 settembre 2005 con la
quale era stato concesso in locazione, per lire 750.000( rectius: euro 750,00) mensili, ai
condomini arch. Patricia Viviani e dott. Alessandro Viviani locali condominiali adibiti ad
uso di portineria ; chiese che fosse accertato l’effettivo valore locativo di detti immobili.
A sostegno della impugnazione la società dedusse l’eccesso di potere da cui la volontà
assembleare sarebbe risultata viziata, essendosi preferita l’offerta dei citati Viviani alla
propria, che aveva fatto immediato seguito all’invito ad offrire dello stesso ente di
gestione , per un canone pari al doppio di quello poi accettato, offrendo altresì la propria
disponibilità, al pari dei Viviani, di accollarsi le spese di ristrutturazione nella misura di
euro 25.000,00.
Il Condominio, costituendosi, negò la sussistenza del lamentato eccesso di potere,
rivendicando la propria discrezionale facoltà di scegliere l’offerente più adatto e
comunque sostenendo che non vi sarebbe stato, da parte di esso deducente, un uso
distorto della stessa.
L’adito Tribunale respinse la domanda, ritenendo che l’offerta di un canone inferiore
non necessariamente avrebbe potuto far ritenere esistente uno sviamento di potere
discrezionale in senso manifestamente irrazionale e pregiudizievole per l’interesse
comune; la società Simbor 84 impugnò tale decisione e la Corte di Appello di Milano
rigettò il gravame.
Osservò il giudice dell’impugnazione che era rimasto accertato in causa che nel corso
dell’assemblea del 28 gennaio 2004 i condomini avevano deliberato di concedere in
locazione i locali ex portineria stabilendo l’ entità del canone — euro 1.500,00 mensili — e

“La s.a.s. Simbor 84 di Sara Jeannette Vais & C. proprietaria di locali siti nel Condominio

la destinazione — ad uso ufficio- ; parimenti accertata doveva dirsi la circostanza che,
nella successiva assemblea del 13 giugno 2005, i Viviani si erano proposti come
conduttori offrendo un canone di 750,00 euro, oltre le spese; pur avendo l’assemblea

accettato la proposta, la relativa delibera era stata censurata dalla sas Simbor 84

nuova assemblea, nel corso della quale la predetta società aveva offerto euro 1.500,00 ed
i Viviani avevano ribadito la propria disponibilità a pagare un canone di euro 750,00
mentre entrambe le parti si erano dichiarate disposte a sostenere le spese di
ristrutturazione del locale, pari ad euro 25.000,00.
Ciò posto la Corte del merito ribadì che, secondo la consolidata interpretazione di
legittimità, era inibito ogni controllo giudiziale sull’opportunità o sulla convenienza delle
scelte dell’assemblea — a condizione che esse fossero state legittimamente adottate- e che
nel caso di specie la diversa scelta di preferire l’offerta di un canone inferiore, aveva
trovato ragionevole bilanciamento nella considerazione di altri parametri di valutazione,
ricavabili dalla lettura del verbale di assemblea, da cui era emerso che i Viviani avevano
espressamente dichiarato di voler adibire i locali presi in affitto a studio professionale,
mentre nessuna indicazione circa l’uso sarebbe stata manifestata dall’appellante.
Ritenne infine la Corte milanese che fosse infondata la censura relativa all’omessa

statuizione sulla domanda, avanzata in prime cure dall’appellante, di accertamento del
valore locatizio, rimanendo il relativo esame assorbito dalle considerazioni in precedenza
esposte sulla non decisività — in relazione al corretto esercizio dell’autonomia negoziale
del Condominio- dell’entità del canone di locazione.
Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso la società soccombente, sulla base
di tre motivi di annullamento; il Condominio ha resistito con controricorso; depositata
relazione ex art. 380 bis cpc , con ordinanza interlocutoria del 3 maggio 2013 è stato
concesso termine al Condominio contro ricorrente per depositare delibera di
autorizzazione alla resistenza nel giudizio di legittimità; in esecuzione della stessa, nel

deducendosi l’esistenza di vizi procedimentali; in data 7 settembre 2005 era stata tenuta

termine concesso è stata depositata copia del verbale dell’assemblea straordinaria del
Condominio del 17 aprile 2013 di ratifica dell’operato dell’amministratore.
Osserva in diritto
I — Con il primo motivo viene denunziata la violazione o la falsa applicazione degli artt.

merito — nelle sue tre manifestazioni di omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione- rilevando l’anomalia della delibera impugnata in cui, come visto, non solo si
era data la preferenza alla offerta minore ma non si erano motivate le ragioni della scelta e
non erano state fornite all’esponente, che pure ne aveva fatto richiesta, le informazioni —
relative all’ammontare delle spese per la ristrutturazione- per valutare la convenienza
dell’offerta degli altri condomini; a ciò si sarebbe aggiunta la constatazione che l’offerta di
essa ricorrente era esattamente corrispondente all’invito ad offrire del Condominio.
I.a — Sostiene innanzi tutto la ricorrente che la Corte di Appello sarebbe incorsa in
un’erronea valutazione della domanda di annullamento che non sarebbe stata diretta a
sindacare il merito della delibera assembleare — facendo così emergere la irrilevanza
dell’analisi della stessa sotto l’aspetto del vizio di eccesso di potere- bensì a censurare la
violazione dell’art. 1109 , comma I n. 1 cod. civ., in quanto la illegittimità della delibera
sarebbe derivata dal pregiudizio per la cosa comune derivante dall’accettazione di un
canone di locazione fuori della logica commerciale ( in considerazione del pregio della
via, al centro della città) e quindi il denunciato contrasto con una norma di legge — l’art.
1109 cod. civ.- avrebbe eliso ogni rilievo da attribuire alla libertà negoziale ed avrebbe
fatto emergere la volontà di perseguire fini estranei alla comunità condominiale,
fraudolentemente diretti a pregiudicare gli interessi della stessa ricorrente.

Il — Con il secondo motivo viene denunziata nuovamente la violazione o falsa
applicazione degli artt. 1137; 1175; 1375; 1102 e 1105 cod. civ., nonché il vizio di
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, rilevandosi che, nella fattispecie, si
sarebbe assistito ad un caso paradigmatico di deviazione del potere ( di gestire la cosa

1137 e 1109 cod. civ. nonché la sussistenza di vizio nel ragionamento del giudice del

comune) proprio dell’ente collettivo, atteso che all’esito dell’assemblea del 18 gennaio
2004 era stata deliberata la temporanea sospensione del servizio di portineria — che aveva
comportato la liberazione dei locali ove in precedenza esso si svolgeva- in vista della
contropartita rappresentata dall’utile che , affittando gli stessi, si sarebbe potuto trarre;

era stata sostituita da altra che ne mutasse le condizioni di offerta; si ribadisce altresì che
il cattivo uso della discrezionalità assembleare avrebbe determinato un pregiudizio per
essa ricorrente.

II.a — Sarebbero poi stati violati i principi attinenti alla buona fede contrattuale e
precontrattuale, negandosi, senza apparente e valido motivo, il diritto della ricorrente di
accedere alla preventiva proposta.
III — Con terzo motivo si ribadisce la violazione dell’art. 1137 cod. civ. nonché il vizio di
motivazione — denunziata come omessa, insufficiente o contraddittoria- contestandosi la
rilevanza della valutazione della Corte del merito in relazione alla sussistenza di ragioni
(relative, come visto, alla dichiarata destinazione ad uffici dei locali) che avrebbero
controbilanciato la minor entità del canone offerto dai Viviani ed accettato dal
Condominio, attesa la loro inconsistenza ( atteso che la destinazione suddetta costituiva
una condizione per la concessione in affitto) ed il fatto che esse non erano espressione
della volontà assembleare, essendo contenute in una dichiarazione di voto espressa da un
condomino a sostegno dell’attribuzione dei locali ai predetti Viviani; del tutto irrilevante
sarebbe infine stata la pendenza di un contenzioso tra la ricorrente ed il Condominio,
quale ragione determinante la scelta operata.
IV — I mezzi sopraesposti rendono opportuna una trattazione congiunta, in
considerazione della loro stretta correlazione logica.

IV.a Va innanzi tutto rilevato, per tutti e tre i motivi, il carente sviluppo argomentativo a
sostegno del vizio di motivazione e la sua non corrispondenza ai principi di chiarezza e
specificità che debbono presiedere il ricorso in cassazione , laddove parte ricorrente non
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tale delibera , che prevedeva un canone di euro 1.500,00 , era di per sé vincolante e non

specifica: ove la motivazione sarebbe stata omessa; ove non sarebbe stata conseguente
alle proprie premesse ; ove infine sarebbe stata così insufficiente da non dar ragione del
percorso logico seguito; ulteriore causa di invalidità di tale profilo risiede nella
invocazione indifferenziata di tutti e tre gli aspetti del vizio contemplato dall’art. 360, I

IV.b

Nuoce altresì alla specificità — sub specie della c.d. autosufficienza – del ricorso il

non aver riportato il contenuto dell’ordine del giorno e la verbalizzazione di quanto
accaduto in assemblea, atteso che tali due elementi avrebbero costituito il necessario
raffronto tra quanto deliberato e le ragioni della espressione di volontà assembleare.
IV.c — In disparte di ciò appare al relatore infondato — oltre che conducente ad un
profilo che non risulta aver formato oggetto di specifica doglianza in appello l’addurre la

violazione dei principi in materia di conclusione dei contratti e di esecuzione in buona
fede, determinata dall’avere, il Condominio, non rispettato il proprio invito ad offrire,
pur essendo stato il medesimo accettato dalla società ricorrente: invero la decisione
dell’assemblea di invitare i condomini ad esprimersi sulla possibilità di prendere in
locazione i locali (sempre che tale fosse stato il contenuto dell’ordine del giorno) viene
esaminata in termini di necessità di accettazione ( in ragione del vincolo nascente dalla
proposta accettata) e non già di opportunità e, quindi , di corretto uso del potere
discrezionale, ottica dunque che appare divergere da quella svolta nel precedente grado di
giudizio.
IV.c.1 – Non possono allora trovare accoglirnento le censure che alla violazione dei
principi relativi facevano riferimento o che tali regole negoziali presupponevano
(deducendosi, come visto, una deroga alla buona fede nella esecuzione del contratto ed
alla responsabilità precontramiale).

IV.d

La mancata riproposizione dei motivi di appello non permette poi di valutare se

ed in quali termini, in quella sede, fosse stata fatta valere la violazione dell’art. 1109,
frAAALds

comma, n.5 cpc

primo comma, n.1 cod. civ. e se, pertanto, fosse per ciò censurabile la sentenza della
Corte distrettuale.

IV.e — Deve poi dirsi ininfluente il rilievo dell’assenza di una motivazione resa in
assemblea sulla preferenza accordata ai Viviani, perché esso sarebbe stato relativo alle

modalità di manifestazione di una scelta discrezionale già operata

IV.f — Va infine escluso che la preferenza accordata ad una proposta contrattuale di
minore importo concretizzi per ciò solo quella forma di prevaricazione della
maggioranza sulla minoranza che, se costituisca la sola ragione per l’adozione della
delibera, può concretare un indice dell’esistenza della incerta figura dell’eccesso di potere
assembleare, atteso che per pervenire a tale denegata conclusione si dovrebbe, quanto
meno, verificare che tale motivazione dell’agire dell’ente collettivo fosse finalizzata ad
incidere sulla posizione del condomino nell’ambito del condominio e quindi sul suo status
e non già su un singolo rapporto tra il singolo e l’ente di gestione.

IV.f.1 — In merito a tale profilo va rilevato che, mentre la figura dell’eccesso di potere nel
diritto amministrativo fornisce uno strumento impugnatorio diretto a superare la
posizione di tendenziale sperequazione tra parte pubblica e quella privata, nel diritto
privato essa invece ha la funzione di superare i limiti di un controllo di mera legittimità di
espressioni di volontà riferibili ad enti collettivi (società o condomini) che potrebbero
lasciare prive di tutela situazioni di non consentito predominio della maggioranza nei
confronti del singolo: in questi casi però il controllo va coniugato con la sussistenza di un
interesse dell’ente collettivo che contemporaneamente ne verrebbe leso: nel caso che ne
occupa non potrebbe predicarsi l’esistenza di un pregiudizio “della cosa comune” — vale
a dire dei locali un tempo adibiti a portineria- in quanto il mutamento della utilizzazione
aveva formato oggetto di apposita delibera, sindacandosi piuttosto la minore redditività
che si era tratta dalla res communis attraverso la libera scelta di una offerta , in cui la
persona dell’offerente, nella discrezionale valutazione dell’assemblea, giocava un ruolo
preminente nella opzione finale.

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zd

V – Il ricorso è pertanto idoneo ad essere trattato in camera di consiglio a’ sensi degli
artt. 375 n.5, 376 e 380 bis cpc, per essere dichiarato manifestamente infondato.”

RITENUTO
memorie ex art. 380 cpc né da diverse articolazioni difensive in sede di adunanza.
Che dunque il ricorso va rigettato e parte ricorrente condannata al pagamento delle spese
secondo la liquidazione indicata in dispositivo

P.Q.M.
La Corte di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro
2.200,00 di cui 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma il 7 febbraio 2014, nella camera di consiglio della VI sezione della
Corte di Cassazione.

Che sono condivisibili le argomentazioni contenute nella relazione, non contrastate da

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