Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4214 del 21/02/2014
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4214 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: BURSESE GAETANO ANTONIO
SENTENZA
sul ricorso 17144-2007 proposto da:
BRANDIMARTE FABIO BRNFBA66D07H501D, BRANDIMARTE NADIA
BRNNDA62D49H501W, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA TACITO 7, presso lo studio dell’avvocato CORONATI
RODOLFO, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ALBERTO GAMBINO;
– ricorrenti –
2014
contro
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PICCOLOMINI
GABRIELLA,
BRANDIMARTE
CAMILLO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CLAUDIO
MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato CONSOLO
Data pubblicazione: 21/02/2014
GIUSEPPE, che li rappresenta e difende;
•
– controricorrentí nonchè contro
SOCIETA’
BAIA
D’ARGENTO
PA
IN
LIQUIDAZIONE
06934430585;
avverso la sentenza n. 4613/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/01/2014 dal Consigliere Dott. GAETANO
ANTONIO BURSESE;
udito l’Avvocato GAMBINO Alberto, difensore dei
ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Mario PASSARO, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato CONSOLO Giuseppe difensore
dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
– intimati –
Brandimarte- Brandimarte Piccolomini
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Roma, pronunciandosi con sentenza n. 4613/06,
sull’appello proposto da Camillo Brandimarte e Gabriella Piccolomini avverso la
gravame, rigettava le domande avanzate dalla spa Baia D’Argento, da Fabio
Brandimarte e da Nadia Brandimarte, volte all’accertamento dell’ asserita
illegittimità dell’apertura di due finestre nella cantina dell’immobile sito in Roma,
via di Grottarossa n. 337, di proprietà dei convenuti Camillo Brandimarte e
Gabriella Piccolomini; alla condanna della chiusura delle stesse finestre oltre al
al risarcimento dei danni.
La Corte capitolina accoglieva la tesi degli appellanti, secondo cui le finestre in
questione esistevano nell’ immobile al momento del suo acquisto ( anno 1985)
ed erano state da essi successivamente murate ma solo temporaneamente
per motivi di sicurezza, per essere poi legittimante riaperte alcuni anni dopo (nel
1994); riteneva quindi costituita una servitù di veduta per destinazione del
padre di famiglia, essendo emerso che le indicate finestre erano state già
realizzate in origine dalla società costruttrice, prima della divisione e della
vendita delle unità immobiliari in questione.
Avverso la suddetta decisione ricorrono Fabio e Nadia Brandimarte sulla base
di 3 mezzi/ illustrati da memorie ex art. 378 c.p.c.; resistono Camillo Brandimarte
e Gabriella Piccolomini con controricorso; è statq, disposta ed eseguita
Corte Suprema di Cass
e — Il sez. eiv est. dr. G. A. Bursese-
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decisione del Tribunale di Roma n. 22679/2002, in accoglimento del proposto
l’integrazione del contraddittorio nei confronti della spa Baia d’Argento, che non
ha svolto difese.
MOTIVI DELLE DECISIONE
1 – Con il primo
motivo i ricorrenti
denunziano
la violazione e falsa
promossa va qualificata quale negatoria servitutis in quanto l’oggetto della
controversia riguarda l’esistenza o meno di una servitù di veduta a carico del
fondo di loro proprietà; deducono che nella fattispecie anche se si volesse
ritenere che le finestre fossero state aperte precedentemente al frazionamento
dell’immobile ( fatto che comunque si contesta), lo stessa originaria parte
convenuta aveva ammesso di averle successivamente chiuse, per cui, in
conseguenza di tale fatto, era venuto a mancare il requisito dell’apparenza
delle opere destinate all’esercizio della servitù. Ne conseguirebbe l’inopponibilità
agli aventi causa del proprietario del fondo servente della servitù stessa in
quanto priva del requisito dell’apparenza nel momento del loro acquisto della
proprietà ; ciò in quanto i successivi acquirenti dell’immobile non avrebbero
potuto conoscere l’esistenza della servitù, priva di opere apparenti e visibili per il
suo esercizio.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: ” Dica la Corte se, nel
caso di servitù per destinazione del padre di famiglia, la rimozione, da aperte del
proprietario del fondo dominante, delle opere visibili destinate all’esercizio delta
Corte Suprema di Cassazion
lii sez. eiv. – est dr. G. A. Buisese-
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applicazione degli artt. 1061 e 1062 c.c. . Premettono che l’azione da essi
stessa, renda la servitù non opponibile ai successivi acquirenti in buona fede del
fondo servente”
La doglianza non è fondata.
Occorre rilevare che in subiecta materia non è rinvenibile una norma la quale
costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, ai fini
dell’opponibilità della servitù stessa agli acquirenti del fondo servente. In tal
senso ~1 si è espressa questa S.C.: ” Con riguardo alla servitù costituita per
destinazione del padre di famiglia, non si richiede, ai fini della opponibilità del
diritto ai successivi acquirenti del fondo servente, la permanenza del requisito
della visibilità delle opere destinate all’esercizio della servitù, necessario per il
sorgere del diritto”( Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7698 del 19/07/1999; Cass.n.
6678 del 30.03.2005). A questo riguardo va osservato che la destinazione del
padre di famiglia costituisce un modo d’acquisto della servitù a titolo originario e
non derivativo per cui non può parlarsi d’ opponibilità della costituzione a terzi.
Nella fattispecie poi va sottolineato in modo particolare che l’acquisto
dell’immobile da parte degli aventi causa dell’originaria attrice, era avvenuto in
pendenza del presente giudizio avente ad oggetto proprio
l’actio negatoria
servitutis e che essi erano succeduti ex art. 111 c.p.c. nell’azione esercitata
dall’originario “padre di famiglia” identificabile nel costruttore degli immobili
stessi ( la spa Baia d’Argento).
Corte Suprema di Cassazione– li
eiv. –
A. Buisese-
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richieda la permanenza della visibilità delle opere successivamente alla
2 — Con il 2° motivo gli esponenti denunciano il vizio di motivazione in ordine
all’affermazione della esistenza delle finestre all’atto della vendita nel 1990,
nonostante la deposizione del geom. Camicia – che aveva redatto la planimetria
allegata all’atto di vendita – il quale aveva ribadito l’esistenza nel 1986 soltanto
altri testi – per legami di dipendenza o collaborazione con la società attrice o i
suoi titolari – in favore delle dichiarazioni di due testi indotti dai convenuti, che
aveva invece confermato la presenza delle finestre.
La doglianza non ha pregio.
Intanto non è conforme al requisito di autosufficienza del ricorso il mero,
generico
riportate le
richiamo alle deposizioni dei testi di cui sopra, dovendo essere
loro testuali
dichiarazioni per una opportuna “valutazione”
nell’ambito e nei limiti del vizio motivazionale allegato ; il motivo
risulta poi
infondato nel resto.
In effetti la sentenza ha affermato, per disattendere la tesi del geom. Camicia
sulla presenza nella parte della cantina soltanto di due nicchie, che, nella
planimetria da lui stesso redatta nel 1986, le asserite nicchie erano state da lui
rappresentate, sia pure con imprecisioni grafiche, con segni uguali a quelle delle
finestre situate sugli altri piani ed analogamente risultava dalla planimetria
redatta dal geom. Sanfratello in occasione della vendita nell’anno 1990 agli
appellanti; inoltre le prodotte foto del 1994 evidenziavano tamponature ed
architravi riferibili all’originaria presenza di aperture nel muro in questione.
Cone Suprema M Cassazione Il sez. civ.
A. Bursesc-
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di nicchie , ma non di finestre; inoltre erano state disattese le deposizioni di
Invero
mentre è pacifico il rilevo della Corte secondo cui normalmente nelle
planimetrie Le f-inestre vengono rappresentate
con un trattino orizzontale,
occorre però sottolineare che, in ogni caso, trattasi di valutazioni di merito, non
sindacabili in questa sede di legittimità stante la motivazione della sentenza che
In effetti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il vizio di motivazione
conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare l’intera vicenda
processuale sottoposta al suo vaglio, bensì solo la facoltà di controllo, sotto il
profilo della coerenza giuridica e della correttezza logico-formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice di merito, ” al quale spetta, in via esclusiva, il
compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare
le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente ido nee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente
prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi
tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di
motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della
medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento
del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente)
esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di
ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni
complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del
Corte Suprema di Cassazione Il
civ. – est. dr. G. A. Bursese-
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appare congrua ed immune da vizi logici e giuridici.
I
procedimento logico – giuridico posto a base della decisione” ( Cass. n. 17477
del 09/08/2007; Cass. N. 11789 del 7.6.2005).
3- Con il 3° motivo si denunzia l’ omessa o carente motivazione in ordine
all’anteriorità delle aperture rispetto al frazionamento e vendita degli
Si sostiene che sarebbe impossibile capire come la
Corte d’Appello abbia potuto con sicurezza affermare che sia stato il precedente
proprietario a praticare la aperture delle finestre prima della divisione dei cespiti
immobiliari/ non successivamente gli stessi coniugi Brandimarte-Piccolomini.
La doglianza è infondata. Su punto la sentenza ha correttamente motivato
affermando che ” ove le aperture fossero state abusivamente realizzate dai
possessori dopo il loro ingresso, la proprietaria non li avrebbe fatto risultare né
nella mappa di frazionamento del 1986 né in quella allegata al rogito del 1990.
Anche in questo caso però trattasi di tipiche valutazioni di merito, non
denunciabili in sede di legittimità, come sopra precisato.
Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato.
Le delle spese del giudizio di legittimità, segue la soccombenza e sono poste
a carico dei ricorrenti in favore dei controricorrenti.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i
ricorrenti
al pagamento delle spese
processuale, che liquida in € 2.200,00, di cui € 200,00 per esborsi.
In Roma li
22 gennaio 2014
immobili già nel 1985.