Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4213 del 21/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4213 Anno 2014
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 11833/08 proposto da:

– S.r.l. Z.C.M. — già s.n.c. Z.C.M. di Marcucci G. & C.- (p.IVA: 01782960262)
in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Giuliani Marcucci; rappresentata e
difesa, per procura a margine del ricorso, dall’avv. Pierantonio Fadel ed elettivamente
domiciliata presso l’avv. Carlo Grilli con studio in via Venezia n.15
– Ricorrente-

contro
– S.n.c. E.P. di Piccin & C. ( p.IVA: 01207980267)
in persona del legale rappresentante pro tempore sig.a Nelly Masiero; rappresentata e
difesa, in forza di procura in calce al controricorso, dall’avv. prof Mauro Pizzigati e
dall’avv. Luigi Manzi; con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via
L. Confalonieri 5
– Controricorrente —

Avverso la sentenza n. 1249/07 della Corte di Appello di Venezia,
pubblicata il 3/10/07, non notificata

crlitt

Data pubblicazione: 21/02/2014

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 15/1/2014 dal
Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. Gianluca Caldara per delega dell’avv. Luigi Manzi per la società
controricorrente, che ha insistito per il rigetto del ricorso ;

Rosario Giovanni Russo, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità della
produzione documentale non notificata a controparte e per il rigetto del ricorso, con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 — Sorta controversia tra la snc E.P. e la s.n.c. ZCM in merito all’esatta esecuzione di
un contratto avente ad oggetto la fornitura, da parte della prima, di un impianto,
composto da due macchinari, per la filettatura di dadi e la loro saldatura su collari
metallici, da impiantare nello stabilimento della seconda, le suddette parti addivennero
ad una transazione in data 7 luglio 1993, con la quale la E.P. si impegnò a fornire ed
installare la seconda delle due macchine operatrici nella sede della ZCM entro il 15
ottobre 1993 , pattuendosi, in caso di mancata messa in produzione entro detto
termine, una penale di un milione di lire per ogni giorno di ritardo; verificatasi tale
evenienza, la ZCM chiese ed ottenne dal Tribunale di Treviso l’emissione di quattro
decreti ingiuntivi -rispettivamente per lire 31.000.000; lire 17.000.000; lire 20.000.000;
lire 33.000.000- relativi alla penale pattuita; la E.P. propose opposizione nei confronti di
tutte le ingiunzioni ad eccezione della prima che provvide a pagare, pur con animo di
ripetizione; i tre procedimenti vennero riuniti anche assieme ad un ulteriore
procedimento introdotto dalla E.P. al fine di ottenere la condanna della ZCM alla
predisposizione di tutte le condizioni per l’operatività del macchinario.

2 — A sostegno delle opposizioni la E.P. sostenne che l’adempimento da parte propria,
dell’obbligo di installare il macchinario, era condizionato all’impegno di controparte di
acquisire dall’ENEL , entro la prefissata data del 15 ottobre 1993, la potenza elettrica

2

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale , dr.

necessaria a garantire il funzionamento nonché di munirsi di un impianto di aria
compressa e di uno di erogazione dell’acqua di raffreddamento per i trasformatori
necessaria al fine di consentire la messa in produzione del macchinario.

3 — Costituitasi la società ZCM, vennero effettuate due consulenze tecniche , dirette a

di Treviso revocò i tre decreti opposti, ritenendo che il mancato tempestivo
adempimento da parte della E.P. fosse da attribuirsi esclusivamente alla indisponibilità
di sufficiente corrente elettrica ed al sottodimensionamento delle linee elettriche
esistenti nell’impianto della ZCM.

4 — Tale decisione venne impugnata, in via principale dalla ZCM e con gravame
incidentale, dalla E.P. — al fine di ottenere la condanna per responsabilità processuale
aggravata della società e dei soci-; la Corte di Appello di Venezia , pronunziando
sentenza n. 1249/2007 respinse entrambe le impugnazioni giudicando, quanto alla
principale, che la causa del mancato funzionamento dell’apparato fosse dipesa dalla
mancata messa a disposizione di una potenza elettrica da erogare istantaneamente al
momento della saldatura, per colpevole inerzia della committente ZCM, rendendo
superata ogni valutazione circa i pur dedotti vizi dell’impianto; quanto all’appello
incidentale la Corte del merito non giudicò pretestuosa la prospettazione difensiva della
E.P., traendo conferma di ciò dal fatto che la prima CTU aveva originariamente
ritenuto non giustificato il ritardo nella messa in opera dell’impianto, stante la
sufficienza della potenza media disponibile presso l’impianto della ZCM e i vizi
originari dell’apparecchiatura.

5 — Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la ZCM , ponendo a base sei
motivi; la E.P. ha risposto con controricorso; è stata depositata documentazione relativa
alla dichiarazione di fallimento della s.r.l. 0.M.M., “già ZCM Group s.r.l.”.

MOTIVI DELLA DECISIONE

determinare le cause della mancata messa in produzione, in esito alle quali il Tribunale

E’ inammissibile la produzione dell’estratto di sentenza dichiarativa del fallimento della
società O.M.M. sia perché non notificato alla controparte sia perché, dalla sola lettura
della denominazione sociale, non vi è certezza della derivazione tra la attuale ricorrente
e la ZCM Group.; al postutto, se pure la produzione fosse stata rituale e fosse stata

del processo di cassazione , determinandone la interruzione — automatica, a mente
dell’ultimo comma dell’art. 43 1. fall., come introdotto dal d. lgs 5/2006- in quanto il
procedimento in cassazione è improntato all’impulso di ufficio.

I — Con il primo motivo viene denunziata la omessa e/o insufficiente motivazione sulla
riscontrata contraddittorietà tra le due consulenze tecniche, di cui la prima — stilata
dall’ing Massarotto- aveva ritenuto sufficiente la potenza elettrica a disposizione dello
stabilimento della ZCM per far funzionare l’apparecchiatura fornita dalla E.P. ma aveva
concluso che la mancata esecuzione della lavorazione di saldatura sarebbe dipesa da
dispersioni dovute all’errata geometria di progettazione del macchinario — e la seconda —
elaborata dall’ing Zambon — aveva concluso nel senso della insufficienza della potenza a
disposizione; ritiene in particolare la società ricorrente che la scelta per le conclusioni
della seconda consulenza non sarebbe stata oggetto di approfondita spiegazione,
soprattutto tenendo conto del fatto che: a – l’ing Zambon non avrebbe eseguito alcuna
prova tecnica — essendo già stato modificato il macchinario dalla stessa committente-; b
– dalla prima consulenza sarebbe emerso che la potenza messa a disposizione
dall’ENEL nello stabilimento della ZCM non avrebbe sofferto di alcuna limitazione
contrattuale; c – la stessa potenza ritenuta sufficiente nell’accordo transattivo, in realtà
non lo sarebbe stata, non essendo riuscite le saldature, in sede di prova; d — la macchina
non sarebbe stata idonea alla lavorazione di pezzi di diametro superiore a 2″ mentre
l’accordo prevedeva che le lavorazioni avrebbero potuto interessare anche “collari” da
4″; e — non sarebbe stata neppure consegnata la documentazione attinente alle parti
accessorie

/feaa,«1,424 11–

ricollegabile alla ricorrente, la stessa sarebbe stata ininfluente ad incidere sulle vicende

I.a — Nello stesso mezzo parte ricorrente denunzia la nullità della consulenza dell’ing
Zambon sotto molteplici profili — non avrebbe effettuato prove ; avrebbe d’ufficio
acquisito documentazione attinente ad un finanziamento ottenuto dalla ZCM sul
presupposto (e dichiarato) perfetto funzionamento dell’apparecchiatura-

motivazione si appunta sull’implicito diniego di sentire a chiarimenti il CTU Massarotto
alla luce delle contraddittorie conclusioni alle quali era pervenuto il secondo ausiliare o,
in alternativa, di disporre il rinnovo della consulenza tecnica ( con particolar riferimento
alla situazione della potenza elettrica presente presso la sede della ZCM)
III — I due mezzi sono inammissibili perché il pur sollecitato confronto tra le
conclusioni tra le due consulenze non potrebbe essere compiuto perché non è stato
esplicitato: perché la prima consulenza venne ritenuta insufficiente e quindi perché ne
venne disposto il rinnovo; quali sarebbero stati i motivi di contrasto espressi dai tecnici
di parte; se il secondo ausiliare prese visione delle critiche al primo elaborato; a ciò va
aggiunto che la decisione della Corte del merito allorchè ritenne più affidabile la
seconda consulenza in luogo della prima era strettamente connessa alle critiche di cui
quest’ultima aveva formato oggetto e risentiva dunque della motivazione della
ordinanza che ne aveva disposto il rinnovo: non riportando né le prime né la seconda
viene meno un medium comparationis necessario per delibare la sufficienza della
motivazione che qui si critica.

III.a — Ulteriore profilo di inammissibilità si rinviene nella mancata specificazione , in
entrambi i mezzi, del c.d. “momento di sintesi” — omologo del quesito di diritto
predicato dall’allora vigente art 366 bis cpc- in cui i vizi della motivazione avrebbero
dovuto trovar compendio.
IV — Con il terzo motivo ( al quale si aggiunge quanto anticipato nel § I.b ) viene
denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 90 e 91 disp att c.p.c. per non
aver rilevato, il giudice del primo grado, nonostante espressa eccezione, come neppure

Il — Con il connesso secondo motivo la denunzia di omessa ed insufficiente

quello di appello, la nullità della consulenza dell’ing Zambon per non aver dato costui
notizia alle parti della data del prosieguo delle operazioni peritali, successiva alla prima,
tenutasi presso l’azienda della ricorrente, non risultando da alcuna allegazione quanto
affermato dallo stesso ausiliare , secondo il quale la comunicazione in questione sarebbe

IV.a — Il mezzo è inammissibile perché il preteso error in procedendo, se avesse inciso in
modo determinante sulla corretta formazione del convincimento giudiziale, impedendo
alla ZCM di validamente esplicare le proprie difese tecniche, avrebbe dovuto formare
oggetto di motivo di appello ma ciò non risulta neppure allegato, atteso che con il terzo
motivo di gravame la società ZCM dedusse un diverso motivo di nullità, attinente
all’espletamento della CTU dell’ing Zambon dopo che lo stesso aveva rinunziato
all’incarico ( su cui infra) ed al fatto che lo stesso ausiliare avrebbe fornito i chiarimenti
richiesti previa convocazione che non sarebbe stata comunicata alle parti ( vedi foll 1112 della sentenza della Corte di Appello, che analiticamente riporta i motivi
dell’impugnazione); si aggiunga che la natura funzionale degli errores in procedendo — tale
da determinarne la irrilevanza se essi non incidano sul diritto di difesa delle parti —
avrebbe imposto di specificare quali attività la pretesa mancata convocazione avrebbe
impedito di esplicare e quale incidenza esse avrebbero avuto nella formazione della
relazione del CTU ing Zambon
V — Con il quarto motivo parte ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione
dell’art. 193 cpc laddove il CTU ing. Zambon, dopo aver accettato l’incarico, lo aveva
dismesso, per poi nuovamente svolgerlo senza prestare nuovo giuramento; sostiene sul
punto la società ZCM che la rinunzia all’incarico avrebbe reso necessario nuovo
giuramento per poter poi depositare l’elaborato.

V.a — Il mezzo è inammissibile perché la censura avrebbe dovuto essere posta a corredo
di un motivo di appello e non svolta per la prima volta in sede di legittimità.

stata inviata via fax ai consulenti tecnici di parte.

VI — Con il quinto motivo parte ricorrente denunzia la violazione dell’art. 91 cpc
laddove la Corte di Appello ebbe a confermare la pronunzia del Tribunale anche nella
parte in cui nulla aveva previsto in merito alla condanna alle spese del giudizio — n.
3309/1994 — introdotto dalla E.P. autonomamente alle altre tre opposizioni ai decreti

ritenuto rinunziata la relativa domanda di controparte, diretta alla condanna di essa
esponente ad adempiere agli obblighi nascenti dall’atto di transazione del 7 luglio 1993
e, in particolare, a predisporre le condizioni necessarie per permettere la messa in
funzione dell’impianto , senza però provvedere alla ripartizione dell’onere delle relative
spese di lite.
VI.a — Anche in questo caso il mezzo è inammissibile perché l’ error in procedendo che qui
si esamina si sarebbe determinato a seguito di un’omessa pronunzia del Tribunale e
quindi avrebbe dovuto formare oggetto di motivo di appello mentre dalla lettura delle
censure analiticamente riportate nel corpo della decisione della Corte territoriale
emerge che l’unica che riguardava il proc reg. gen 3309/2004 ( motivo n.5) aveva
interessato l’omessa pronunzia sull’eccezione di nullità dell’atto di citazione della E.P.
per insufficiente esposizione della causa petendi .
VII – Con il sesto motivo si assumono la violazione e la falsa applicazione dell’art. 345
cpc laddove l’allora appellata società E.P. depositò a corredo della comparsa
conclusionale un elaborato del proprio perito : il motivo è inammissibile perché la Corte
di Appello non tenne in alcun conto di detto elaborato né è sostenibile — come sembra
suggerire parte ricorrente- che i documenti illegittimamente inseriti nel fascicolo di parte
ne debbono essere anche fisicamente espunti chè altrimenti sarebbero comunque idonei
a influenzare la decisione e che, per tale ragione, comunque si debba esaminare la
censura: in contrario va ribadito che la rilevanza dell’ error in procedendo può emergere
solo laddove il richiamo a quelle nuove emergenze sia stato, sia pur per implicito,
utilizzato per giungere alla censurata decisione, perché solo allora si traduce in un vizio

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ingiuntivi della ZCM e poi ad essi riunito : rileva la ricorrente che il Tribunale aveva

del percorso argomentativo del giudice del merito e, come tale, può esser oggetto di
delibazione da parte della Corte.
VIII — Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico della ricorrente
secondo la liquidazione esposta nel dispositivo

La Corte
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro
7.200,00 di cui 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma il 15/1/44, nella camera di consiglio della 2^ Sez. della Cassazione.

P.Q.M.

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