Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 42121 del 31/12/2021

Cassazione civile sez. II, 31/12/2021, (ud. 01/07/2021, dep. 31/12/2021), n.42121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4882/2018 proposto da:

D.S.A.M., rappresentata e difesa dagli avv.ti NICOLETTA

DALL’OCCHIO, e NICOLA GRANI;

– ricorrente –

contro

M.M.G., rappresentata e difesa dall’avv. STEFANO

PERUSI;

M.G., M.P., rappresentati e difesi

dall’avv. Nicola Ottaviani;

– controticorrenti –

MA.GI., G.S., G.G.,

G.P., GR.OS., GR.AL.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2713/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 23/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/07/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il giorno (OMISSIS) è deceduta M.R., la quale aveva disposto dei propri beni con testamento pubblico dell’8 maggio 1991, istituendo erede universale la sorella Ma.Ge.. Con tale testamento la defunta, “in caso di premorienza e commorienza” della sorella istituita, istituiva eredi per un terzo ciascuno il cognato G.M. o i suoi discendenti e i fratelli M.L. e g..

Il giorno (OMISSIS) è deceduta Ma.Ge., la quale ha disposto delle proprie sostanze con testamento pubblico del 3 settembre 1981, del seguente tenore: “Revoco ogni mio precedente testamento. Istituisco erede universale mia sorella R., raccomandandone di disporre a sua volta della sua successione lasciando l’usufrutto ai miei fratelli L. e g. e la nuda proprietà delle case a D.S.A. in Z.C. o suoi discendenti; del terreno con casa, portico e stalla ai figli maschi del primogenito maschio di mio zio M.A.. In caso di premorienza o commorienza di mia sorella, varranno direttamente le disposizioni di cui sopra”.

D.S.A.M. ha accettato con beneficio di inventario sia l’eredità di Ma.Ge., sia l’eredità di M.R. alla medesima devoluta.

Le due eredità sono state accettate con il beneficio di inventario anche da M.M.G., nella qualità di figlia di m.g., fratello premorto delle defunte M.R. e Ge..

E’ stato poi pubblicato, su istanza di G.S., un testamento olografo di M.R. (verbale del notaio M.d.A. del 4 dicembre 2009) contenente la nomina di eredi universali in parti uguali dei nipoti del marito della defunta. Tale testamento, dichiarato falso con sentenza del Tribunale di Verona, non fa più parte della materia controversa

La presente controversia è stata proposta da D.S.A.M. nei confronti di M.M.G. e dei fratelli G., con successiva estensione del contraddittorio nei confronti di M.P., G. e Gi., anch’essi figli del fratello premorto delle due defunte m.g..

In tale controversia si contrapponevano, da un lato, la pretesa di D.S.A.M., di essere erede di Ma.Ge. e, in tale qualità, abilitata ad accettare l’eredità a questa devoluta della sorella M.R.; dall’altro, la pretesa di M.M.G. e dei fratelli di lei chiamati in causa, di circoscrivere i diritti della D.S. nei limiti dell’oggetto del lascito contemplato nel testamento, da essi qualificato come legato, con esclusione di qualsiasi diritto, ex art. 479 c.c., sull’eredità di M.R..

Per quanto interessa in questa sede, il conflitto è stato definito dal Tribunale in favore della D.S., con il riconoscimento che la disposizione testamentaria in suo favore costituiva istituzione di erede ex re, che abilitava perciò l’istituita ad accettare l’eredità di M.R., devoluta alla testatrice Ma.Ge., deceduta successivamente senza avere accettato, né rinunziato alla medesima. In forza del principio della forza espansiva dell’istituzione ex re certa il Tribunale escludeva l’apertura della successione legittima sull’eredità relitta di Ma.Ge., “da intendersi integralmente attribuita all’erede testamentaria D.S.A.M.”.

La Corte d’appello di Venezia, adita con distinte impugnazioni da M.M.G. e da M.G. e P., riuniti gli appelli, ha riformato la sentenza nei seguenti termini: a) ha accertato che la disposizione testamentaria di Ma.Ge. in favore della D.S. costituisce non istituzione di erede ma legato, avente per oggetto i soli immobili a destinazione abitativa compresi nell’eredità della medesima Ma.Ge.; b) ha conseguentemente accertato che la D.S., in quanto legataria, non aveva il diritto di accettare, ai sensi dell’art. 479 c.c., l’eredità devoluta alla dante causa, trattandosi di prerogativa che compete solo agli eredi; c) ha quindi accertato che gli unici eredi di Ma.Ge. e di M.R. erano M.M.G., G., P. e Gi., figli del fratello premorto delle defunte m.g., i quali avevano così acquistato, a tale titolo, il complesso dei beni compresi nelle due successioni, ad eccezione dei beni lasciati in legato alla D.S..

Per la cassazione della sentenza D.S.A.M. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi.

M.M.G. ha resistito con controricorso.

Hanno resistito con unico controricorso M.G. e M.P., Ma.Gi. rimane intimato.

Sono rimasti intimati i convenuti G..

La causa, in un primo tempo fissata per la trattazione in udienza camerale, è stata rimessa alla pubblica udienza.

In prossimità dell’udienza camerale le parti costituite hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Si osserva che la ricorrente ha depositato la sentenza impugnata, notificata a mezzo pec, munita dell’attestazione di conformità del difensore notificante. La produzione è stata accompagnata dall’attestazione di conformità del messaggio di posta elettronica, della sentenza contenuta nella busta elettronica e della relazione di notificazione della stessa sentenza. Tale produzione soddisfa i requisiti di procedibilità del ricorso (Cass. n. 30765/2017; S.U., n. 8312/2019). E’ ancora infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dai controricorrenti sulla base del rilievo che non sono state impugnate la statuizione con cui si nega il diritto della D.S. ex art. 479 c.c., in ordine all’eredità devoluta a Ma.Ge. e quella con cui si afferma l’apertura della successione legittima sui beni non compresi nella scheda. Infatti, le supposte statuizione non impugnate sono necessariamente coinvolte nella impugnazione del riconoscimento della disposizione come legato. Tale riconoscimento, in base alla ricostruzione giuridica fatta propria dalla Corte d’appello, esaurisce la ratio decidendi.

1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 588 e 1362 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la Corte d’appello ha ravvisato nella previsione di cui all’art. 588 c.c., comma 2, una presunzione iuris tantum a favore della natura di legato di una disposizione testamentaria avente ad oggetto “beni determinati o un complesso di beni”. Si sostiene che, in materia di ricostruzione della volontà testamentaria, non è ammissibile alcuna presunzione iuris tantum, dovendo l’interprete seguire solo ed esclusivamente le norme di cui all’art. 1362 c.c.. L’errore di prospettiva, in cui è incorsa la Corte d’appello nel ravvisare la esistenza di una presunzione di legato, ha finito per inficiare l’intero processo esegetico.

Il motivo è infondato nei sensi di seguito indicati. L’attribuzione della qualità di erede deriva dall’assegnazione (da parte della legge o del testamento) della universalità o di una quota dei beni del testatore. La istituzione in quota non implica necessariamente l’uso di una frazione aritmetica, ma, come precisa dell’art. 558 c.c., comma 2, può anche avvenire attraverso l’indicazione di beni determinati, quando risulti che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio.

Di fronte all’attribuzione di ben determinati occorre vedere quale sia stata la intenzione del testatore, se di attribuire quei beni e soltanto quelli come beni determinati e singoli, ed allora si avrà successione a titolo particolare o legato, ovvero se, pur indicando nominativamente quei beni, il testatore ha inteso lasciarli quale quota del suo patrimonio, ed allora si avrà successione a titolo universale e istituzione di erede (Cass. n. 6125/2020; n. 24163/2013). Trattasi comunque di una quaestio voluntatis, che va esaminata dal giudice di merito in base ai canoni ermeneutici fondamentali (Cass. n. 5773/1980). E’ certamente ammesso il ricorso a qualunque mezzo utile ai fini della ricostruzione della volontà del testatore (Cass. n. 4582/1980); si deve tuttavia convenire con chi suggerisce un’applicazione ermeneutica rigorosa della disposizione (cfr. Cass. n. 5625/1985; n. 3304/1981; n. 3452/1973). Il carattere universale della disposizione potrà essere riconosciuto solo qualora, dopo attento esame di tutto il complesso delle disposizioni testamentarie, resti accertata l’intenzione del testatore di considerare i beni assegnati come una quota della universalità del suo patrimonio (Cass. n. 5414/1978). La sentenza impugnata, al di là dell’uso di espressioni tecnicamente non ineccepibili, è in linea con tali principi. La Corte d’appello non ha negato che dell’art. 588 c.c., comma 2, ponga essenzialmente una questione interpretativa. Nella sentenza non è minimamente negato il principio che, in presenza di una volontà non chiaramente espressa dal testatore, non sia ammesso il ricorso ai comuni canoni ermeneutici. A un attento esame la Corte Veneta non ha neanche risolto un residuo dubbio interpretativo della disposizione in favore del legato; essa ha interpretato la scheda ravvisando in essa una pluralità di elementi idonei a confermare la natura di legato, in linea di principio risultante dal contenuto oggettivo della disposizione.

Il che ovviamente lascia impregiudicata la verifica non già dell’esito interpretativo in sé, che è demandato esclusivamente al giudice di merito (Cass. n. 13835/2007), ma dell’approccio che la Corte ha avuto nel risolvere la questione di ermeneutica negoziale che la fattispecie poneva alla sua attenzione (infra).

2. Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 1362 c.c. e art. 588 c.c., comma 2.

La Corte di merito ha interpretato il testamento solo sulla base degli elementi desumibili dalla scheda, senza neanche considerarli nella loro globalità, e in ogni caso tralasciando l’esame di elementi estrinseci, che avrebbero potuto condurre a un diverso esito interpretativo.

Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La ricorrente passa in rassegna il complesso delle affermazioni che sorreggono la decisione, che esamina e critica analiticamente, ritenendo manifestamente contraddittoria e perplessa la motivazione nel suo complesso.

3. E’ prioritario l’esame del terzo motivo che è fondato anche se per ragioni non coincidenti con quelle indicate dalla ricorrente. Ciò, del resto, non introduce alcuna anomalia, perché “da Corte di cassazione può accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, sempre che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti, fermo restando che l’esercizio del potere di qualificazione non può comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’introduzione nel giudizio d’una eccezione in senso stretto (Cass. n. 3437/2014; n. 18775/2017).

4. La giurisprudenza della Suprema Corte ha chiarito in passato che l’institutio ex re certa vale a determinare la quota dell’istituito, non già ad attribuirgli la qualità di unico erede. Le ceterae res sono attribuiti agli eredi legittimi, con inclusione, se vi sia concorso di delazioni, anche degli istituiti ex re certa (Cass. n. 737/1963).

La possibilità del concorso fra l’istituito ex re e l’erede legittimo è stata in tempi recenti riconosciuta da questa Suprema Corte (Cass. n. 17868/2019: n. 9487/2021): in mancanza di una manifestazione contraria all’apertura della successione legittima, i beni consapevolmente esclusi sono attribuiti al chiamato ex lege (arg. ex art. 734 c.c.). La quota dell’istituito ex re è determinata, perciò, in base al rapporto fra le cose attribuite e il valore globale dei beni che il testatore sapeva di possedere in quel dato momento, tenuto conto anche di quelli non contemplati nel testamento. Nella quota differenziale, formata dalle altre cose dell’asse, succede l’erede legittimo; nella stessa proporzione, in forza della virtù espansiva che costituito connotato essenziale della vocazione a titolo universale, si ripartiranno fra erede testamentario e legittimo i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti dopo la confezione della scheda. Nella giurisprudenza della corte di cassazione, è stato talvolta affermato un principio, apparentemente diverso da quello recepito dalla giurisprudenza più recente. Tale principio, applicato dal giudice di primo grado ai fine di escludere l’apertura della successione legittima sull’eredità relitta di Ma.Ge., è formulato in questo modo: “in tema di delazione dell’eredità, non vi è luogo alla successione legittima agli effetti dell’art. 457 c.c., comma 2, in presenza di disposizione testamentaria a titolo universale, sia pur in forma di istituzione ex re certa, tenuto conto della forza espansiva della stessa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti” (Cass., S.U., n. 17122/2018; conf. n. 12158/2015).

Il principio sembra negare la possibilità del concorso fra l’erede legittimo e l’istituito ex re, che sarebbe l’unico erede in virtù della forza espansiva implicita nel riconoscimento della qualifica ereditaria.

In verità nella fattispecie decisa da Cass. 12158/2015 la vicenda rimane oscura in fatto e non è consentito comprendere se realmente il principio della vis espansiva della institutio abbia un avuto un ruolo sulla soluzione. Infatti, la Suprema Corte, nel riconoscere corretta la decisione della corte d’appello di escludere l’apertura della successione legittima con riferimento a un conto corrente non contemplato dal testatore, menziona l’esistenza nel testamento di una disposizione del seguente tenore: “istituisco miei erede universali in parti uguali i miei nipoti (…)”. Una tale disposizione sembra alludere a una istituzione di erede ai sensi dell’art. 588 c.c., comma 1, piuttosto che a una institutio ex re.

Nel caso deciso dalle Sezioni Unite la lite traeva origine da un testamento olografo con il quale il defunto lasciava alla moglie l’usufrutto generale e ai cugini la nuda proprietà di tutti i suoi beni. Il testatore onerava l’una e gli altri di costruire un sepolcro su di un lotto di cui egli era concessionario. Realizzato il sepolcro e consolidatasi alla morte del coniuge la proprietà piena in favore degli eredi, sorgeva controversia tra questi ultimi, da un lato, e la persona alla quale il coniuge aveva a sua volta legato il sepolcro, dall’altro. Le Sezioni Unite hanno riconosciuto che il sepolcro andava attribuito agli eredi testamentari, non aprendosi sul bene sopravvenuto la successione legittima. Ma anche in questo caso non c’e’ nessun reale contrasto con la tesi che ammette il concorso dell’istituito ex re con l’erede legittimo. Invero, se il testatore attribuisce ad una persona beni determinati o un complesso di beni, tacendo del resto, ma disponendo (o credendo di disporre) della totalità dei cespiti ereditari, si avrà una istituzione ex asse, con conseguente apertura della sola successione testamentaria. L’istituito ex re, quale unico erede, apprenderà anche il bene ignorato o sopravvenuto.

5. Risulta con assoluta evidenza dalla sentenza impugnata che la Corte d’appello è stata guidata, al fine della eventuale qualificazione della disposizione come istituzione ex re certa, dal dover ricercare a tutti i costi nel testamento l’indice di una volontà del testatore di attribuire la totalità dei beni di cui in quel momento poteva disporre: “se Ma.Ge. avesse voluto in caso di premorienza della sorella Ro., disporre dell’intero suo patrimonio a favore della sig.ra D.S., avrebbe, con tutta probabilità, fatto riferimento anche agli altri immobili diversi da quelli a destinazione abitativa (terreni, capannoni, negozi) ed ai beni mobili di sua proprietà, peraltro di un valore assai consistente, pari ad oltre un milione e mezzo di Euro” (pag. 24 della sentenza impugnata). In questo modo, la Corte d’appello non tiene conto che il connotato essenziale della istituzione ex re certa non è nella implicita volontà del testatore di attribuire all’istituito la totalità dei beni di cui egli avrebbe potuto disporre al momento della confezione del testamento, ma nell’assegnazione del bene determinato o del complesso di beni come quota del suo patrimonio. Ciò che è essenziale ai fini del riconoscimento del carattere universale della disposizione, piuttosto, è la possibilità di una partecipazione anche dell’erede istituito ex re anche all’acquisto di altri beni e quindi la sua attitudine a raccoglierli in proporzione della sua quota, da determinarsi in concreto attraverso il rapporto proporzionale tra il valore delle res certae attribuite e il valore dell’intero asse (Cass. n. 5773/1980; n. 2050/1976; n. 1368/1971). Se non vi è quella attitudine, ma l’acquisto è limitato esclusivamente a beni determinati, il chiamato, anche se designato erede, non può che essere considerato legatario.

La Corte d’appello, evidentemente fuorviata dall’idea che la vis espansiva della istituzione ex re preclude a priori il concorso fra l’istituito e l’erede legittimo, ha posto l’accento, in senso ostativo all’applicabilità dell’art. 588 c.c., comma 2, sull’elemento negativo, costituito dall’assenza, nella disposizione in favore della D.S., “degli elementi dell’universalità e della quota ideale del suo patrimonio, ovvero dei due elementi che caratterizzano tipicamente e per legge l’erede, a differenza del legato” (pag. 24 della sentenza). Si dimentica però che l’istituzione ex re è tale proprio perché la qualità di erede non discende dall’uso di una frazione aritmetica; diversamente sarebbe una istituzione di erede ai sensi dell’art. 588 c.c., comma 1 (Cass. n. 5075/1988; n. 4131/1976).

La Corte d’appello ha ritenuto di poter avvalorare ulteriormente il proprio assunto con la considerazione “che il patrimonio della sig.ra Ge. era di ben maggiore consistenza rispetto al valore della nuda proprietà delle case lasciate alla D.S., che rappresentavano al momento della redazione del testamento un valore pari a meno del 20% del valore dell’asse ereditario completo (…) e che il testamento lasciava fuori tutti gli altri beni e quindi beni mobili, titoli, contanti, beni immobili, quali campi, magazzini, terreni edificabili, etc.”.

E’ chiaro che, attraverso tale considerazione, la Corte distrettuale voleva ancora una volta dire che la qualificazione della disposizione come istituzione ex re avrebbe portato al risultato, evidentemente non considerato ragionevole, di consentire all’istituito di raccogliere la quota differenziale dell’80% dell’eredità. Una volta chiarito che l’institutio ex re certa vale a determinare la quota dell’istituito, non già ad attribuirgli la qualità di unico erede in guisa da escludere a priori l’apertura della successione legittima sui beni non attribuiti, la considerazione non solo non è decisiva ai fini della soluzione della quaestio voluntatis, ma rileva ancora una volta l’equivoco di fondo che inficia la ricostruzione operata dalla Corte d’appello. Per completezza di esame si osserva che, in linea di principio, può esservi istituzione ex re certa anche se questa non costituisce una quota rilevante del patrimonio del testatore (Cass. n. 1029/1971).

6. In conclusione, si impone, in relazione al terzo motivo, la cassazione della sentenza, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, che provvederà a nuovo esame e liquiderà le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il terzo motivo; rigetta il primo; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2021

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