Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4209 del 22/02/2010

Cassazione civile sez. III, 22/02/2010, (ud. 11/01/2010, dep. 22/02/2010), n.4209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27105/2005 proposto da:

R.A. (OMISSIS), in proprio e quale amministratore

unico della Carpengrù S.n.c. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CARLO MIRABELLO 6, presso lo studio dell’avvocato MANFREDI

FRATTARELLI VIRGINIO, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRONE

Ubaldo con delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G.C. (OMISSIS);

– intimati –

sul ricorso 32288/2005 proposto da:

D.G.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S.

ALBERTO MAGNO 9, presso lo studio dell’avvocato PAOLETTI FABRIZIO,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati AGUGLIA ETTORE,

SEVERINI GAETANO con delega in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrente –

e contro

R.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 587/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

Sezione Terza Civile, emessa il 01/04/2005; depositata il 09/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/01/2010 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato UBALDO MARRONE;

udito l’Avvocato GAETANO SEVERINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.A. conveniva, davanti al tribunale di Palermo, il notaio D.G.C. chiedendone la condanna al risarcimento provocato dalla illegittima levata del protesto, nei suoi confronti, per il mancato pagamento di una cambiale.

Esponeva, a tal fine, che il protesto era incompleto ai sensi del R.D. n. 1669 del 1933, art. 71 e che la data di scadenza della cambiale era stata visibilmente alterata dal creditore che ne aveva sostituito l’originaria data del 30 maggio 1991 con quella del 30 maggio 1992; inoltre, che una tale condotta – per la sua attività di imprenditore e di amministratore unico di società (Carpen Gru snc, di F & A. Rivolo) – gli aveva procurato notevoli danni sul piano commerciale.

Il notaio D.G. si costituiva contestando il fondamento della domanda.

Nel giudizio interveniva volontariamente la Carpen Gru snc..

Il tribunale, con sentenza del 14.9.2002, rigettava la domanda.

Ad eguale conclusione perveniva la Corte d’Appello che, con sentenza del 9.5.2005, rigettava l’appello proposto dal R..

Quest’ultimo ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Resiste con controricorso la D.G. che ha anche proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i ricorsi – principale ed incidentale – vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Ricorso principale.

Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 88 della Legge Cambiaria (R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669) e dell’art. 2728 c.c., Illogicità e contraddittorietà della motivazione adottata circa il momento presunto di sottoscrizione del titolo da parte del debitore.

Il motivo non è fondato.

La lamentata insussistenza della “visibile alterazione” della data di scadenza del titolo – con la quale, peraltro, in sostanza il ricorrente ripropone un accertamento di fatto che spetta al giudice di merito e che non è censurabile in questa sede a fronte di una motivazione , come nella specie, priva di vizi logici o giuridici – è stata oggetto di puntuale esame ed ampia motivazione da parte della Corte di merito che, nell’attribuirla correttamente a correzione di un mero errore materiale, ha sottolineato il “paradosso” della questione con la censura posta dall’odierno ricorrente.

Ha tal fine rilevato che il R. “si duole che il protesto sia stato levato non già anticipatamente rispetto alla scadenza (a suo dire) prevista nella cambiale (30 maggio 1991), bensì posticipatamente” rilevando, peraltro, che la somma portata dalla cambiale non fu pagata nè alla scadenza – secondo il ricorrente – prevista, nè a quella – sempre secondo il ricorrente – arbitrariamente posticipata al 30 maggio 1992.

Ha, inoltre, correttamente aggiunto – ed il rilievo non è di poco conto – che “se il titolo fosse rimasto con la originaria data di scadenza (30 maggio 1991) questa sarebbe stata addirittura anteriore alla stessa emissione della cambiale (4 ottobre 1991); da ciò ricavando presuntivamente che la variazione della data di scadenza del titolo era appunto frutto di un mero errore che andava corretto, e che la variazione non poteva che essere antecedente alla sottoscrizione della cambiale.

Deve anche sottolinearsi, a tal fine, che l’obbligazione cambiaria, validamente assunta con firma autografa, non viene meno per effetto della falsificazione del documento, negli elementi che interferiscono sul contenuto sostanziale della obbligazione medesima (come per esempio la data di scadenza), ma rimane operante nei limiti del testo originario (Cass. 25.6.1977 n. 2717).

La modificazione del titolo, ai sensi dell’art. 88 della Legge Cambiaria, quindi, è possibile, purchè avvenga prima del suo rilascio o della sua messa in circolazione e sia effettuata senza l’intenzione di pregiudicare gli altrui diritti.

Anche sotto questo profilo,pertanto, la censura non è significativa, posto che l’allungamento della data di scadenza non poteva che andare a vantaggio del debitore.

Le violazioni imputate alla Corte di merito, pertanto, non sussistono; nè la correttezza della motivazione può essere messa in discussione.

Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 91 c.p.c..

Il motivo è inammissibile prima che infondato.

Il sindacato della Corte di cassazione sulla liquidazione delle spese giudiziali che spetta al giudice di merito involge soltanto la violazione del principio della soccombenza, nel senso che non possono essere addossate alla parte totalmente vittoriosa (ed oggi anche la mancata motivazione della compensazione con il riferimento esclusivo ai giusti motivi).

Il giudice del merito ha correttamente posto a carico del soccombente le spese del giudizio di merito; soccombenza, peraltro, confermata anche in questa sede.

Ricorso incidentale.

Con unico motivo di ricorso incidentale la ricorrente incidentale denuncia la violazione degli artt. 112 e 91 c.p.c., e la disapplicazione del D.M. 8 aprile 2004, n. 121, art. 14.

Il motivo è fondato.

Il rimborso c.d. forfetario delle spese generali costituisce una componente delle spese giudiziali, la cui misura è determinata per legge, che spetta automaticamente al professionista, anche in assenza di allegazione specifica e di domanda, dovendosi, quest’ultima, ritenere implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali (v. anche Cass. 14.5.2007 n. 10997; Cass. 31.3.2007 n. 8059; Cass. 10.1.2006 n, 146; Cass. 20.10.2005 n. 20321;

inoltre Cass. 19.8.2009 n. 18424).

Il soccombente è tenuto, pertanto, alla loro rifusione alla parte vittoriosa (v. anche Cass. 7.7.2000 n. 9119).

La Corte di merito ha omesso di pronunciarsi sul punto, con ciò incorrendo nel vizio denunciato.

Le spese generali vanno riconosciute nella misura del 12,50% degli importi liquidati a titolo di onorari e diritti procuratori, essendo applicabile, nella specie, ratione temporis (essendo la sentenza della Corte di merito stata emessa in data 1.4.2005 e pubblicata il 9.5.2005) il D.M. 8 aprile 2004, n. 127.

Non essendo, peraltro, necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte di legittimità può decidere nel merito condannando il R., in relazione al giudizio di appello, al pagamento delle spese generali nella misura del 12,50% degli importi liquidati dalla Corte di merito a titolo di onorari (Euro 1.200,00) e di diritti (Euro 600,00).

Conclusivamente, il ricorso principale va rigettato; quello incidentale va accolto e, decidendo nel merito, il R. va condannato al pagamento delle spese generali relative al giudizio di secondo grado.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente principale.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale; accoglie l’incidentale e, decidendo nel merito, condanna il R. al pagamento delle spese generali, relative al giudizio di secondo grado, nella misura del 12,50% degli importi liquidati a titolo di titolo di onorari (Euro 1.200,00) e di diritti (Euro 600,00).

Condanna, inoltre, il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 700,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2010

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