Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4209 del 21/02/2011

Cassazione civile sez. III, 21/02/2011, (ud. 21/12/2010, dep. 21/02/2011), n.4209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7148/2006 proposto da:

B.N., (OMISSIS), M.E.,

(OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DI RIPETTA

258, presso lo studio dell’avvocato TERRA MASSIMO, rappresentate e

difese dall’avvocato CASTRUSINI Fulvio, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

P M TERRITORIALMENTE COMPETENTE ex artt. 70 e 221 c.p.c. e artt. 11 e

331 c.p.p., IN RELAZIONE, PRISMA IMM SRL;

– intimati –

sul ricorso 8348/2006 proposto da:

PRISMA IMMOBILIARE SRL ora BASSO s.r.l. COSTRUZIONI EDILILI Società

Unipersonale, in persona del legale rappresentante Geom. B.

R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CATANZARO 9, presso lo

studio dell’avvocato PAPADIA ALBERTO MARIA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PIETROBON GIORGIO, giusta procura a

margine del controricorso con ricorso incidentale subordinato;

– ricorrente –

e contro

M.E., B.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2146/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

Sezione Seconda Civile, emessa il 28/09/2004, depositata il

20/12/2004; R.G.N. 1524/2003.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

21/12/2010 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato Alberto Maria PAPADIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale assorbito incidentale subordinato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 20.3.2001 al Tribunale di Treviso, B.N. e M.E. proponeva opposizione ad esecuzione per rilascio esponendo: che aveva ricevuto notifica di preavviso di rilascio in data 19.1.2001 relativamente agli immobili siti in (OMISSIS), ad istanza della Prisma Immobiliare; che la presenza tra gli immobili della casa di abitazione giustificava il diritto della difesa personale del fallito; che in occasione di un primo accesso in data 5.2.2001 essa ricorrente aveva rilasciato spontaneamente la parte non abitativa dell’edificio; che essa ricorrente, fallita in proprio, aveva lasciato un rilevante patrimonio a soddisfacimento dei creditori intervenuti e si era attivata per chiudere il fallimento; che, pure avendo diritto al residuo di circa un miliardo, essa ricorrente si era trovata in condizioni di estrema povertà assieme alla madre gravemente ammalata; che lo stesso giudice del fallimento aveva preannunciato la imminente chiusura della procedura concorsuale.

Ciò premesso, affermava: che l’immobile del quale controparte chiedeva il rilascio era l’unica sua dimora, ove conviveva con la madre ultranovantenne gravemente malata e come tale bisognosa di cure; che autorevole giurisprudenza, interpretando il dettato legislativo che riconosceva il diritto di abitazione quale diritto di natura personale del fallito, offriva al fallito, detentore sine titulo di un immobile unica sua abitazione, una esimente al rilascio ex art. 373 c.p.c. di una sentenza la cui esecuzione sarebbe lesiva del diritto dell’habitator.

Pertanto, la B. chiedeva al giudice dell’esecuzione “ex art. 615 c.p.c., in via residuale ex art. 700 c.p.c., in opposizione all’esecuzione per rilascio”, previo riconoscimento del diritto di abitazione dell’immobile occupato dalla fallita, di sospendere o differire il rilascio per il tempo necessario a trovare una dimora alle proprie esigenze abitative.

Il GE, riservata la decisione, rilevava che la deduzioni difensive non risultavano idonee a inficiare il diritto di Prisma di procedere ad esecuzione forzata e rigettava l’istanza di sospensione; rilevava la insussistenza di presupposti per la astensione e, preso atto della istanza di ricusazione, sospendeva il giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 52 c.p.c., rimettendo gli atti al Presidente del Tribunale per la assegnazione al collegio della decisione sulla ricusazione.

In seguito, con sentenza n. 126/2003, il Tribunale di Treviso respingeva la opposizione, condannando B.N. e M. E. alla rifusione delle spese di lite; riteneva in particolare che nessuna delle opponenti poteva vantare, dopo il trasferimento di proprietà attuato con il detto decreto, alcun titolo a permanere nell’immobile.

La M. e la B. proponevano appello e la Corte di Appello di Venezia, costituitasi la Prisma Immobiliare, con la decisione in esame n. 2146/2004, respingeva il gravame.

Ricorrono per cassazione, in via principale, la B. e la M. con sette motivi, e, in via incidentale subordinata, la Prisma (ora Basso s.r.l. Costruzioni Edili), con ulteriore memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorso principale:

con il primo motivo si deduce “nullità sentenze per carenza di potere giurisdizionale”; si afferma che sussiste “la nullità radicale ed insanabile dell’intero giudizio, nonchè delle sentenze di primo e secondo grado, in quando con la sentenza impugnata la Corte d’Appello Veneta ha violato le norme di cui all’art. 51, comma 1, nn. 1, 3, 4 e comma 2, artt. 52, 53, 298 c.p.c., in relazione alla eccezione di carenza di potere giurisdizionale del G.E., il quale aveva l’obbligo di astenersi e di sospendere il procedimento, trasferimento gli atti al Presidente del Tribunale, sussistendo gravi motivi di incompatibilità e conflitto di interressi, come sopra specificamente richiamato”;

con il secondo motivo si deduce “assoluta assenza di motivazione circa il legittimo operato della convenuta e dei terzi aventi causa”;

con il terzo motivo si deduce “violazione artt. 180, 183, 184, 295, 354 e 355 c.p.c.”, in relazione alla mancata sospensione del giudizio di primo e secondo grado;

con il quarto si deduce “violazione art. 221 c.p.c., e segg.” in relazione alla ritenuta irrilevanza della querela di falso avverso il decreto di trasferimento dell’immobile;

con il quinto motivo si deduce “violazione artt. 496 e 617 c.p.c.”, in relazione al nomen iuris della proposta opposizione;

con il sesto motivo si deduce “violazione artt. 980 e 1024 c.c. e L. Fall., art. 46, nullità procedimento esecutivo”, in relazione alla non ritenuta violazione del diritto abitativo;

con il settimo motivo si deduce “ammissibilità della querela incidentale di falso”.

Ricorso incidentale subordinato:

si deduce, che inammissibile è il ricorso, in quanto non consente l’individuazione delle questione proposte.

Inoltre, in via preliminare, si deduce il passaggio in giudicato dell’impugnata sentenza (in quanto la sentenza impugnata è stata notificata agli Avv.ti Roberto Cabri, Marzio Romano e Fulvio Castrusini quali procuratori della Sig.ra M.E. presso la Corte d’Appello di Venezia, Palazzo Cavalli, S. Marco 3978 ancora in data 4.4.2005; altra copia è stata notificata quali procuratori della Sig.ra B.N. sempre in data 4.4.2005 presso la Corte d’Appello di Venezia, Palazzo Cavalli, S. Marco 2978, tant’è che in data 23.6.2005 il Cancelliere ebbe ad attestare il passaggio in giudicato della sentenza).

Si dispone la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Infondato è il ricorso principale, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale.

Non meritevole di accoglimento è il primo motivo del ricorso principale: pretestuosa è la dedotta nullità della sentenza per carenza di potere giurisdizionale sul punto della decisione sull’istanza di ricusazione effettuata dal Tribunale e ritenuta corretta dalla Corte di merito, e ciò nell’ambito del potere valutativo discrezionale dei giudici di 2^ grado. Inammissibili sono poi le ulteriori affermazioni in ordine alla evidente mancanza di delega per la proposizione della querela di falso o riguardo ad ulteriori ricusazioni non ritenute rilevanti in sede di giudizio di 1 grado in quanto prospettate con argomentazioni nuove e prive del requisito di autosufficienza.

Inammissibile è poi il secondo motivo: a parte la considerazione che la Corte di merito ha logicamente e sufficientemente motivato, “rispondendo” puntualmente ai motivi di impugnazione, è incomprensibile la censura in esame laddove genericamente si prospetta l’omessa valutazione della “rilevanza penale dei fatti denunciati tutt’ora oggetto di indagini” senza minimamente indicare le eventuali e ipotizzabili ragioni di incidenza degli stessi nel giudizio in esame ai fini anche della nullità del titolo esecutivo in questione.

Inammissibili, poi, sono il terzo e il quarto motivo in quanto, a parte i profili valutativi spettanti al giudice di merito nell’ambito dell’esercizio del suo potere discrezionale, le ricorrenti non indicano le ragioni in base alle quali i prospettati aspetti processuali risultino rilevanti ai fini della decisione del giudizio in esame.

Infondato è il quinto motivo, potendo il giudice in ogni fase del i processo attribuire all’azione proposta la relativa qualificazione, con connessa attribuizione del nomen juris; infatti, come già statuito con indirizzo consolidato di questa Corte (tra le altre, Cass. 15925/2007), il giudice ha il potere – dovere di qualificare giuridicamente l’azione e di attribuire al rapporto dedotto in giudizio un nomen juris diverso da quello indicato dalle parti, purchè non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio tra le parti; tale “sostituzione” non è avvenuta nel caso di specie.

Infine, il sesto e il settimo motivo sono inammissibili in quanto generici e privi del requisito dell’autosufficienza.

Ne consegue che assorbito è il ricorso incidentale in quanto condizionato.

In relazione alla natura della controversia sussistono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il principale e dichiara assorbito l’incidentale. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2011

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